Il matrimonio del mio migliore amico, Julia Roberts e la nostra prima friendzone

Il matrimonio del mio migliore amico: Julia Roberts, Cameron Diaz e una rom-com perfetta? Sì, ma anche e soprattutto l'amara linea di demarcazione della temuta friendzone.

Il matrimonio del mio migliore amico, Julia Roberts e la nostra prima friendzone

"Forever, and ever, you'll stay in my heart, and I will love you forever, and ever, we never will part". Ok, ma piano con le promesse, che il cuore spezzato fa male. Sì, le promesse. Puntualmente spergiurate e poi, puntualmente, anche infrante. Le stesse promesse che si susseguono nella sceneggiatura di Ronald Bass, nemmeno a dirlo in una delle migliori commedie romantiche di tutti i tempi. Una di quelle rom-com che oggi, forse, non ne fanno più. Abbiamo smesso di innamorarci? Abbiamo smesso di credere alla favole? Forse. Sotto sotto, però, il ritornello di quella canzone, composta da Burt Bacharach e Hal David, e re-interpretata da Diana Ross, continua ad accendere gli interruttori della memoria. Perché il cinema è una macchina del tempo potentissima. Basta un attimo, e torniamo indietro, in una dimensione che credevamo perduta.

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Il matrimonio del mio miglior amico: Julia Roberts e P.J. Hogan sul set

Del resto, certi titoli, oltre alla loro qualità artistica, sono strettamente legati ai nostri ricordi. E Il matrimonio del mio migliore amico di P.J. Hogan è un ricordo bellissimo. Bellissimo, ma in qualche modo anche catartico. Perché le fiabe, alla fine, sono sempre catartiche. E sono sempre malinconiche. Del resto, Il matrimonio del mio migliore amico, rivisto oggi, trovandolo nel catalogo Netflix, riesce a semplificare l'amore in uno schema che nemmeno la filosofia di Erich Fromm. Lei, lui, lei. Nessun triangolo, però. Solo la conseguenza delle nostre aspettative, che potrebbero sovrapporsi a quelle della protagonista, Jules, interpretata da una Julia Roberts al massimo della sua carriera.

Il matrimonio del mio migliore amico, se una rom-com spiega la friendzone

Dicevamo, le promesse. Jules e Michael (Dermot Mulroney), da ragazzi, se ne fanno una: se nessuno dei due si fosse sposato entro i ventotto anni, si sarebbero spostati tra loro. Poi però la vita prende direzioni inverse, e Michael, a sorpresa, rivela a Jules che si sta per sposare con Kimmy (Cameron Diaz). Da qui in poi, il film ce lo ricordiamo tutti: Jules proverà in tutti i modi a far saltare il matrimonio, essendo innamorata dell'amico. Le prova tutte, Jules, sfiorando la meschinità, ricorrendo a tutti gli espedienti possibili e impossibili (compresa la gelosia, sfruttando l'amico gay George, con il volto di uno strepitoso Rupert Everett). Le prova tutte, ma alla fine, demorde.

Matrimonio
Matrimonio

Perché essere amici, non vuol dire essere anche innamorati. L'amore è un'altra cosa. Perché sono gli amici a farsi le promesse, non gli amanti. Gli amanti, le promesse, semmai, le rompono ancora prima di farsele. Jules lo capisce, e lo capiamo anche noi. Tifavamo per Julia Roberts? Non proprio. Tifavamo magari per l'ideologia narrativa legata alla sua Jules. Ci immedesimavamo in lei, e nella sua codardia rispetto ai sentimenti: perché non rivelarsi subito, a Michael? Perché parlare d'amore non è facile. E diventa impossibile parlare d'amore ad un amico. Del resto, è palese: My Best Friend's Wedding è il nostro primo contatto con la temibile friendzone.

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La regola dell'amico non sbaglia mai (a parti invertite)

Il Matrimonio Del Mio Migliore Amico
Il matrimonio del mio migliore amico: Julia Roberts e Rupert Everett in una scena

Certo, determinati film, visti e poi rivisti con la giusta distanza (anagrafica) rendono il quadro generale ancora più chiaro, scoperchiando un vaso di pandora da cui trabocca una dose di cinismo e pragmatismo. Quello di P.J. Hogan (che da regista è poi tornato al cinema solo una volta, con I Love Shopping del 2008), infatti, è il più tremendo dei pali presi in pieno, l'esaltazione della rom-com come sinonimo di sogno infranto, il palesarsi di quella friendzone tra l'altro cantata da Max Pezzali nello stesso anno, ma a parti invertite. Il 1997. Grazie agli 883 e grazie a Il matrimonio del mio migliore amico amico, quello fu un anno inconsapevolmente cruciale per la nostra maturazione sentimentale. Eravamo davanti la verità, tradotta per mezzo di una commedia perfetta e di una canzone tormentone: l'amicizia tra un uomo e una donna non esiste (?).

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Il Matrimonio del Mio Migliore Amico: una foto della reunion

Utopia, vecchio retaggio, nulla a che vedere con la feroce realtà. Uno dei due, prima o poi, cede. E se non cede, nasconde (dolorosamente) le proprie emozioni. Come le nasconde Jules, come proviamo a nasconderle noi, quando la linea di demarcazione sembra sostanzialmente invalicabile. Capiamo Jules, ma poi ci mettiamo anche nei panni di Kimmy, tradotta in una splendida Cameron Diaz. Perché dovremmo subire le emozioni inespresse di qualcun altro? Perché dovremmo metterci da parte, o peggio ancora condividere lo stesso spazio di un amico/a innamorata/o del(la) nostro/a sposo/a? Ecco. Dietro il sentimentalismo epocale de Il matrimonio del mio migliore amico, suggellato da un finale lieve sfumato di amarissima consapevolezza, c'è allora ciò che più temiamo: amare a vuoto. Ma forse, andando nel profondo, quello di Jules per Michael non era vero amore. Piuttosto, era più simile all'idealizzazione dell'amore. Perché no, la vita, non è una commedia romantica. "Together, forever, that's how it must be to live without you would only mean heartbreak for me!".