Il Mago di Oz torna in sala in 3D: perché rivedere il classico con Judi Garland

Non solo la terza dimensione nella versione restaurata de Il mago di Oz, in sala l'11 dicembre.

Judy Garland (di spalle) con Ray Bolger in una scena de Il mago di Oz
Judy Garland (di spalle) con Ray Bolger in una scena de Il mago di Oz

La programmazione delle nostre sale cinematografiche è ormai ricca di cosiddetti eventi, da spettacoli teatrali a concerti, passando per alcune produzioni di nicchia la cui uscita ha molto più senso limitata a pochi giorni per raggiungere gli appassionati e pochi altri. In alcuni casi, l'evento è veramente tale, perché il film che viene (ri)proposto ha una tale importanza da meritare questo appellativo senza nessun rischio di smentita. È il caso de Il mago di Oz, che torna in sala l'11 Dicembre in una versione restaurata da Warner Bros. e presentata in Italia dalla Cineteca di Bologna.

La riedizione, che abbiamo avuto modo di apprezzare alle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento, presente sia nella versione classica a due dimensioni che in 3D, ci dà la possibilità di tornare ad Oz insieme a Dorothy e tornare a vivere una storia che ha ormai 77 anni ma continua ad affascinare il pubblico, tornando in qualche modo bambini ma allo stesso tempo apprezzando l'incredibile lavoro artistico fatto nel 1939 per portare sullo schermo questa fantastica avventura.

Rivivere un classico

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"Nessun posto è come casa" dice Dorothy in una battuta che è entrata a far parte della storia del cinema. E film come questo, uno dei cosiddetti classici, sono un po' come casa per i cinefili e per tutti gli spettatori che sono abituati a vederli passare con regolarità sulle proprie televisioni, specie in periodi di feste come questi. Proprio per questo motivo capita di guardarlo distrattamente, facendo altro o chiacchierando con i parenti, lasciandoci un ricordo frammentario, incompleto o, se ripensiamo al passato, inquinato da scarsa qualità della programmazione tv o delle vecchie VHS. Insomma, la sala è la soluzione per tornare a guardare Il mago di Oz nel modo migliore.

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La potenza del grande cinema

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Aggiungiamo un dettaglio, nemmeno tanto piccolo; a quanto detto sopra: film come Il mago di Oz hanno la loro casa d'elezione sul grande schermo e non c'è 60 pollici casalingo che possa rendere giustizia al lavoro fatto da Fleming (e gli altri che l'hanno preceduto dietro la macchina da presa) per portare sul grande schermo il viaggio di Dorothy nel fantastico mondo di Oz: Lo si nota negli elaborati numeri musicali, nelle scenografie ed in effetti notevoli per l'epoca, ma soprattutto nella gestione degli spazi e la costruzione delle scene che su grande schermo trovano la loro massima espressione.

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Un'esplosione di colori

Judy Garland con Ray Bolger, Jack Haley e Bert Lahr ne Il mago di Oz (1939)
Judy Garland con Ray Bolger, Jack Haley e Bert Lahr ne Il mago di Oz (1939)

Un aspetto in particolare guadagna del restauro curato da Warner: i colori. Proprio in contrasto con l'effetto seppia della realtà del Kansas, l'arrivo di Dorothy ad Oz è un tripudio di colori vivissimi che la versione restaurata mette in risalto in tutto il loro splendore. Scenografie, costumi, luci e tutti i particolari contribuiscono a rendere Oz il mondo da favola in cui la protagonista si ritrova e che noi dobbiamo ammirare. Per questo tutto può essere caricato ed eccessivo, perché noi spettatori non dobbiamo considerarlo reale, non dobbiamo credere che esista, dobbiamo soltanto poterlo sognare.

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La profondità di un sogno

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Se un dubbio ci è rimasto riguardo questa versione restaurata de Il mago di Oz, questo riguarda il 3D. Chi scrive non è contro la terza dimensione a prescindere, trova piuttosto che in alcuni casi aggiunga qualcosa alla visione, quando usata a scopo narrativo e con criterio, e la stereoscopia ne Il mago di Oz ha quest'ultimo merito, aggiungendo profondità e corpo al mondo fantastico di Oz, immergendoci nella scena, dando una sensazione di ampiezza che mai avevamo provato guardando il film di Fleming. Eppure va ad intaccare quanto detto al punto precedente, perché per sua natura rende più scura ed ovattata la scena, diluendo sensibilmente la potenza dei colori usati nel film. Non è un difetto gravissimo e se siete fan del 3D probabilmente aggiunge più di quanto toglie, ma se già non siete sostenitori della terza dimensione... in questo caso cercate un cinema che lo proietti in 2D!