Recensione Tu chiamami Peter (2004)

Il genio assoluto della commedia, Peter Sellers, rivive al cinema in una produzione associata tra le emittenti televisive HBO e BBC. Sarebbe stato meglio però se non l'avesse fatto.

Il lato oscuro da dimenticare

Il genio assoluto della commedia Peter Sellers rivive al cinema in una produzione associata tra le emittenti televisive HBO e BBC. Sarebbe stato meglio però se non l'avesse fatto. The Life and Death of Peter Sellers traccia uno schietto ritratto dell'attore britannico mostrando tutto ciò che Roger Lewis ha scritto nell'omonima biografia. Non l'eccezionale interprete dell'incapace ispettore Clouseau, non il goffo Hrundi V. Bakshi di Hollywood Party e nemmeno il deviato Dottor Stranamore. Non il generoso comico, eclettico trasformista, ma l'uomo che ha consumato tutta la sua personalità ripartendola tra i vari personaggi, serbando per se stesso un'ambigua vacuità.

Il film ripercorre le tappe salienti della vita artistica di Sellers dagli esordi alla radio, passando per le ricostruzioni storiche dei set de La pantera rosa, Il Dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba e Oltre il giardino. Il ruolo principale è stato affidato all'australiano Geoffrey Rush il quale ha trascorso più ore in sala trucco che sul set. L'attore assume almeno quindici aspetti diversi tra i vari periodi della vita nell'attore britannico e i più noti personaggi da lui resi celebri. Rush prende in prestito, per brevi sequenze, anche le personalità degli altri protagonisti della storia (padre, madre, moglie...) rivolgendosi al pubblico in sala.

Stephen Hopkins, noto per aver diretto film di tutt'altro genere e d'esiguo successo (Predator 2, Lost in Space - Perduti nello spazio, Blown Away - follia esplosiva), è il regista scelto secondo chissà quale criterio. Tra gli attori co-protagonisti solo Charlize Theron (che interpreta l'attrice Britt Ekland, seconda moglie di Sellers) ha tempo a sufficienza per caratterizzare il proprio personaggio garantendo un discreto supporto alla performance di Geoffrey Rush. Gli altri, Emily Watson (nei panni della prima moglie Anne), John Lithgow (in quelli di Blake Edwards), Stanley Tucci (Stanley Kubrick) e Sonia Aquino (Sophia Loren) si limitano a sfrecciare come comete senza direzione né direttive.

La corruzione del patinato mondo del cinema e i genitori troppo indulgenti sono i presupposti su cui è costruito l'inspiegabile comportamento di Sellers, brutale con le donne ed insensibile verso i figli. Quarant'anni fa nessuno si sarebbe permesso di sbirciare nella vita privata di un artista, perché ancora esistevano quelle dottrine morali oggi demolite dalla generosità dei media nel soddisfare l'avidità del pettegolezzo. Forse Peter Sellers era veramente insicuro, violento, collerico, sempre sull'orlo della nevrosi. Forse la sua vita era davvero dozzinale ed insipida, ma gli autori peccano di presunzione credendo di rendere un servizio pubblico con un film che si ritorce contro loro stessi risultando dozzinale ed insipido a sua volta.

Resta da capire per quale ragione un mediocre film TV come questo è stato selezionato per concorrere alla palma d'oro al Festival di Cannes 2004. Anche il lavoro, seppur encomiabile, di Geoffrey Rush è inutile. Hopkins non era il regista con l'appropriata sensibilità artistica per raccontare una biografia tanto controversa su di un attore tanto amato. Molto meglio avrebbe fatto un maestro come Milos Forman, ma sinceramente di ricordare e scoprire sotto questa luce opaca quel talento senza eguali che fu Peter Sellers, nessuno ne sentiva la necessità.