Tra le grandi uscite televisive di quest'anno, a livello di attesa, ci sono prodotti come The Young Pope, griffato Paolo Sorrentino, The Crown, con la regia di Stephen Daldry, e naturelmente gli appena inaugurati Love e Vinyl, che portano (anche) la firma rispettivamente di Judd Apatow e Martin Scorsese. Tutte serie o miniserie accomunate dal ruolo cruciale di importanti nomi legati al cinema, a lungo ritenuto superiore, sul piano artistico, al piccolo schermo. Per i registi, ma anche e soprattutto gli attori, era un dato di fatto, qualora si fosse esordito in TV, passare poi al grande schermo e mai più tornare indietro.
Da una trentina d'anni a questa parte tale luogo comune è stato gradualmente sfatato, con autori del calibro di Robert Altman, Walter Hill, Michael Mann e molti altri che si sono prestati, spesso e volentieri, a incarichi televisivi, in parte anche perché, grazie all'avvento di realtà come HBO e Netflix, le storie seriali concedono spesso una maggiore libertà creativa rispetto alle restrizioni di Hollywood. Per fare un riepilogo parziale di questa nuova tendenza, abbiamo selezionato dieci nomi emblematici in ambito americano (in altri paesi la differenziazione fra le due forme espressive è sempre stata più relativa, come ci ricordano le carriere di Ingmar Bergman e Edgar Reitz). Partendo proprio da colui che per primo sdoganò la cosiddetta televisione d'autore...
1. Alfred Hitchcock
Siamo nel 1955, quando la TV è ancora una novità per molti americani e, a livello artistico, di qualità spesso poco incoraggiante. Ed ecco che, il 2 ottobre, debutta su CBS Alfred Hitchcock presenta, programma antologico il cui marchio riconoscibile è proprio la presenza del grande cineasta britannico trapiantato negli USA. Pur avendo diretto pochi episodi della serie (17 su 360), Hitchcock è inscindibile dal programma, grazie alla sigla che ne ritrae la celebre sagoma e i siparietti d'apertura e chiusura, in cui il maestro della suspense commenta in modo ironico gli eventi di ciascuna puntata, presentandosi ogni volta con quell'inimitabile "Good evening". Inoltre, il tono generale del programma, ricco di tensione, umorismo macabro e ottime interpretazioni, è riconoscibilmente hitchcockiano, al punto che un tentativo di revival nel 1985, che spesso si limitava ad aggiornare racconti vecchi ricreandoli a colori, non può che sembrare una pallida imitazione.
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2. Steven Spielberg
"Si può essere creativi in televisione", dice Spielberg nei contenuti speciali del DVD di Duel, l'opera prima che, pur essendo uscita in sala in Europa, era in realtà un TV movie della ABC. Il regista de Lo squalo si riferisce qui alle sue primissime esperienze dietro la macchina da presa, in particolare il primo episodio ufficiale di Colombo, dove il giovane cineasta sfidò le convenzioni dell'epoca che prevedevano soprattutto primi piani. Dopo il successo al cinema, Spielberg è tornato più volte in territorio televisivo, principalmente nelle vesti di produttore, per miniserie acclamate come Band of Brothers o Taken, ma anche programmi più di nicchia come Amazing Stories - Storie Incredibili, di cui ha diretto il pilot. Senza contare, ovviamente, la nascita delle produzioni animate per il piccolo schermo della Warner Bros.: chi è cresciuto con un gioiellino quale Tiny Toon Adventures (o lo spin-off Animaniacs) deve quei bei momenti proprio a Spielberg.
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3. Martin Scorsese
Come molti registi amici di Spielberg, l'autore di Mean Streets e Toro scatenato si è concesso ad Amazing Stories, ma la vera gloria catodica è arrivata in anni più recenti, in parte con i suoi vari documentari musicali, spesso trasmessi in America da HBO, ma soprattutto grazie a due serie create da Terence Winter, Boardwalk Empire - L'impero del crimine e Vinyl. In entrambi i casi, Scorsese ci ha incantati con il suo sguardo ipercinetico dirigendo i pilot, rimanendo poi coinvolto attivamente come produttore esecutivo (e nel caso di Vinyl ha già affermato di voler girare altri episodi, impegni cinematografici permettendo). E da quel sodalizio con Winter è nato anche il suo film più vibrante e furioso degli ultimi anni, The Wolf of Wall Street...
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4. David Lynch
Impossibile non menzionare colui che, dopo Hitchcock, ha consolidato il concetto di TV d'autore sugli schermi americani, imponendo la sua visione folle e conturbante in un contesto improbabile quale quello del palinsesto della ABC (oggi di proprietà della Disney). Eppure la prima stagione de I segreti di Twin Peaks fu un successo sul canale generalista, un dettaglio che oggi risulta alquanto curioso considerando quanto la serie, ricca di simbolismi, sottotesti perversi e tanta malinconia, fosse in anticipo sui tempi. Un miracolo che non poteva durare, tant'è che la ABC cancellò la serie al termine della seconda stagione, realizzata per lo più senza la partecipazione attiva di Lynch, che comunque tornò per girare il magnifico, beffardo finale. E adesso questo gioiello ancora incompreso sta per tornare, questa volta su Showtime ma sempre con Lynch al timone, perché nessuno potrà mai eguagliarlo in questo viaggio in un mondo dove i gufi non sono quello che sembrano...
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5. Quentin Tarantino
Qui ci troviamo di fronte ad un caso abbastanza eccezionale, dato che il regista di Pulp Fiction non ha mai veramente partecipato in modo attivo alla genesi di una qualsivoglia serie TV (anche se nel 2005 aveva dichiarato di averci fatto un pensiero), ma merita lo stesso di essere menzionato per il suo contributo di non poco conto a ben due prodotti che hanno fatto la storia del piccolo schermo americano. Il primo è E.R. - Medici in prima linea, di cui Tarantino ha diretto il penultimo episodio della prima stagione, nel 1995, facendosi notare soprattutto nella prima sequenza con un montaggio frenetico e dialoghi rapidissimi. Dieci anni dopo, è toccato a CSI: Scena del crimine, per l'esattezza il doppio finale della quinta stagione, un episodio che riesce ad essere al contempo tipicamente CSI e riconoscibilmente tarantiniano (in particolare nella sequenza onirica in bianco e nero, che omaggia Kill Bill: Volume 1).
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6. Michael Mann
Da Miami Vice a Crime Story, Mann ha un lungo curriculum televisivo in quanto produttore e, occasionalmente, regista (il mitico Heat - La sfida nacque come progetto televisivo, come ben sa chi ha visto Sei solo, agente Vincent). Il suo contributo più noto - e in parte controverso - dopo il passaggio al cinema è stato lo sfortunato Luck, realizzato in collaborazione con David Milch, autore di un capolavoro come Deadwood e, stando a dichiarazioni di chi ha lavorato a Luck, quasi mai d'accordo con Mann durante la produzione della serie. Un dettaglio succoso ma in fin dei conti irrilevante, poiché il risultato finale è il connubio perfetto tra le sensibilità dei due giganti, incompatibili e allo stesso tempo complementari. Un'opera incompleta ma ipnotica, da recuperare.
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7. Judd Apatow
Prima della consacrazione cinematografica come uno dei re della nuova commedia americana, Apatow era noto in ambiente televisivo per aver partecipato in veste di sceneggiatore/regista/produttore esecutivo a varie serie fallite, tra cui i due cult Freaks and Geeks e Undeclared, che lanciarono le carriere di James Franco, Seth Rogen e Jason Segel. In tempi più recenti, ha portato su HBO la sua propensione alla scoperta di nuovi talenti comici dando a Lena Dunham tutto l'aiuto necessario per lanciare Girls, mentre arriva in questi giorni su Netflix Love, interpretata dalla Gillian Jacobs di Community, che si annuncia come una variazione sul tema piuttosto interessante in fatto di storie d'amore sul piccolo schermo.
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8. David Fincher
Nel 1995, Fincher e Kevin Spacey lavorarono insieme grazie a Seven, thriller sporco e disperato che diede alla carriera di entrambi una bella spinta nella direzione giusta. Quasi vent'anni dopo, i due si sono ritrovati per House of Cards, il thriller politico che ha legittimato Netflix come contenitore di produzioni seriali originali di qualità. Nel corso degli anni la serie ha reclutato vari registi rinomati, come Joel Schumacher o James Foley, ma è a Fincher che dobbiamo i primi due episodi, e quindi l'atmosfera generale di questa Washington D.C. desaturata e a tratti antisettica, dove si muovono, spietati, i vari partecipanti di un gioco basato sulla manipolazione. E sebbene altri progetti televisivi di Fincher siano stati sospesi in pre-produzione, sicuramente sentiremo di nuovo parlare di lui in ambito catodico. Se non altro, forse - speriamo - per il finale definitivo di House of Cards...
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9. Steven Soderbergh
"Il cinema d'autore oggi si trova in TV", ha dichiarato Soderbergh nel 2013 prima di ritirarsi da un grande schermo sempre più frustrante, con le vicende di Dietro i candelabri (andato in onda direttamente su HBO negli Stati Uniti in quanto ritenuto "troppo gay" per il cinema) a fare la parte della proverbiale goccia che fece traboccare il vaso. Si è quindi rifugiato nel mondo della serialità partecipando a The Knick, una serie di prim'ordine della quale ha diretto tutti gli episodi delle prime due stagioni (un altro regista si occuperà delle prossime due). Così facendo ha firmato una delle rare produzioni catodiche - in questo caso in onda su Cinemax, una costola di HBO - dove il regista occupa una vera posizione di rilievo al di là del pilot, e il suo esempio ha già fatto scuola: la terza stagione di Twin Peaks sarà diretta per intero da David Lynch.
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10. I fratelli Wachowski
Dopo il successo della trilogia di Matrix, il cinema non ha portato molta fortuna a Lana Wachowski e Andy Wachowski, reduci, dal 2008 ad oggi, da tre flop in quanto registi: Speed Racer, Cloud Atlas e Jupiter - Il Destino dell'Universo. Hanno avuto maggiore fortuna con Netflix, che ha commissionato la serie Sense8, creata a sei mani insieme a J. Michael Straczynski. Liberi dai vincoli di contenuto e durata in vigore a Hollywood, i due fratelli possono finalmente dare sfogo a tutta la loro creatività, firmando un racconto di fantascienza ambizioso, imperfetto ed affascinante, di cui si vedrà prossimamente una seconda stagione.
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