Recensione A torto o a ragione (2001)

Un vero gioiello questo A torto o a ragione, a partire dal bellissimo titolo italiano (Taking Sides, quello inglese).

I duellanti

Un vero gioiello questo A torto o a ragione, a partire dal bellissimo titolo italiano (Taking Sides, quello inglese). Tratto da una pièce di Ronald Harwood, il film si basa su avvenimenti realmente accaduti. E' la storia di Wilhelm Furtwängler, il più grande direttore d'orchestra del suo tempo. Accusato di complicità con il regime nazista, fu subito preso di mira nel processo di denazificazione ad opera di americani e inglesi dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, con lo scopo di farne un imputato illustre, motivo dunque di maggior richiamo per l'opinione pubblica. Ma se è vero che Furtwangler ebbe contatti con i nazisti e con lo stesso Hitler, è anche vero che venne appurato il suo considerevole interessamento nel mettere in salvo molte vite ebree. A condurre le indagini è il maggiore americano Steve Arnold, severo e arrogante, che si ostina a credere nell'assoluta colpevolezza di Furtwangler. Nel suo lavoro è supportato dal luogotenente David Wills e dalla segretaria Emma Straube, deportata nei campi di concentramento in seguito al fallito attentato del padre ai danni del Fuhrer. Chi ha torto e chi ha ragione? Questa una delle tante domande che il film si pone, alla quale il regista Istvan Szabò dà una sua risposta nella scena finale sotto forma di filmato d'epoca, e nel corso del film non si sbilancia mai nel colpevolizzare l'americano Arnold, e né la sua è un'opera di convincimento tesa a inculcare nel pubblico la propria opinione, anzi, è l'esatto contrario, in quanto Szabo' dissemina una serie di dubbi nello spettatore da indurlo a non farci cadere nella tentazione di una banale partizione dei due personaggi principali in buoni e cattivi, e a non darci la sicurezza dunque dell'assoluta innocenza di Furtwangler, così come la cieca arroganza e i modi assai duri del maggiore Arnold possono essere visti come una conseguenza più che umana della rabbia, di un accanimento nei confronti di chi poteva evitare l'immane tragedia del popolo ebraico, ma non lo ha fatto. Il maggiore esalta invece la memoria del signor Straube, mettendo a confronto il suo comportamento eroico con quello dei filonazisti, ma la figlia Emma lo metterà a conoscenza del fatto che il padre si oppose ad Hitler solo quando questi era ormai considerato un uomo vinto. Ciò che sfugge ad Arnold nei suoi interrogatori, è una conoscenza adeguata della situazione in Germania durante la guerra, quella di un popolo completamente persuaso dall'abilità di Hitler, il quale era riuscito a conquistare la gente e a impartire in ognuno la scelta obbligata di diventare nazisti, almeno apparentemente. E questa è anche la situazione di Furtwangler, un uomo che si servì dell'ideologia nazista per proteggere sé stesso, ma che nella pratica salvò molti ebrei. Lo scontro tra Arnold e Furtwangler durante gli interrogatori è un duello verbale sempre molto teso e teatrale, ma è anche un duello culturale tra due uomini completamente diversi nelle idee, poiché diversa è la loro provenienza. Viene posto poi il problema del rapporto tra politica e arte, la quale in un regime totalitario non è mai libera, e di conseguenza non lo è neanche l'artista, costretto a mettere da parte la propria creatività, sebbene, come lo stesso Furtwangler afferma, tra arte e politica non vi debba essere alcun rapporto di subordinazione; di conseguenza la questione razziale non ha nulla a che vedere con l'arte. Arnold ritiene invece che il direttore d'orchestra abbia usato la musica per porsi in posizione di rilievo all'interno del regime. In un certo qual modo è anche un film sulla coscienza, sulle decisioni da prendere nelle situazioni più eccezionali, sacrificando probabilmente i propri ideali.
Superlative le interpretazioni: Harvey Keitel (Arnold) è maestoso, aggressivo, perfetto per il ruolo, davvero encomiabile; Stellan Skarsgard (Furtwangler) è un altro mostro di bravura, conferisce stanchezza, abbattimento e rabbia al suo personaggio. Il film si basa più sui dialoghi che sull'azione, senza mai annoiare però, in quanto i frequenti faccia a faccia sono sempre interessanti e degni di un grande giallo. Eleganti i costumi e la fotografia. A torto o a ragione è la testimonianza della grandezza del cinema europeo.