I cassamortari, la recensione: ridere della morte diventa un'impresa quando i vivi sono così tristi

La recensione de I cassamortari, commedia corale diretta da Claudio Amendola con Massimo Ghini, Lucia Ocone, Alessandro Sperduti, Gian Marco Tognazzi e Piero Pelù, dal 24 marzo su Prime Video.

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I cassamortari: Lucia Ocone in una scena del film

Fin dalle sue precedenti regie, La mossa del pinguino e Il permesso - 48 ore fuori, Claudio Amendola ha dimostrato una spiccata predilezione per le storie corali. Predilezione che si conferma con la sua nuova commedia, come svela la nostra recensione de I cassamortari. Un Six Feet Under in salsa romana, nato sul divano di casa da un'idea dello stesso Amendola e della moglie Francesca Neri. Perché non raccontare la storia di una famiglia di addetti alle pompe funebri a caccia di denaro che si trovano di fronte all'occasione della vita, o meglio, della morte? Amendola riunisce, così, un team di frequentatori della commedia italiana, da Massimo Ghini a Gian Marco Tognazzi, da Lucia Ocone a Edoardo Leo, con in più il tocco esotico del rocker Piero Pelù nei panni... di un rocker per ridere della morte, esorcizzandola, senza risparmiare critiche e frecciate ai vivi.

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I cassamortari: Lucia Ocone, Massimo Ghini, Gian Marco Tognazzi e Alessandro Sperduti in una scena del film

Massimo Ghini, Gian Marco Tognazzi, Lucia Ocone e Alessandro Sperduti interpretano i quattro fratelli Pasti, titolari dell'impresa di pompe funebri messa su dal padre (Edoardo Leo) bugiardo e fedifrago, ma con un gran fiuto per gli affari. Ognuno dei quattro fratelli prova a barcamenarsi tra difficoltà quotidiane e fragilità, retaggio di una famiglia disfunzionale, crogiolandosi nei propri vizi. Giovanni, il maggiore, prova a mandare avanti la baracca mirando ad accumulare denaro, Maria colleziona incontri sessuali con vedovi come figurine Panini, Marco, che di mestiere fa il thanatoesteta, rifiuta di parlare coi vivi e si confida solo coi cadaveri e Matteo, il più giovane, si rifugia sui social media cercando di tener testa ai rivali Taffo (ebbene sì, nel film ci sono anche loro). Quando il cantante Gabriele Arcangelo (Piero Pelù) muore strafatto durante una campagna pubblicitaria contro la droga, la sua manager (Sonia Bergamasco) contatta i Pasti per occuparsi del funerale. Naturalmente senza badare a spese. Ma l'arrivo della figlia del cantate, Celeste, complicherà le cose.

Una commedia di caratteri

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I cassamortari: Sonia Bergamasco, Gian Marco Tognazzi, Massimo Ghini e Alessandro Sperduti in una scena

Più che essere giocata sugli eventi, I cassamortari è una commedia di caratteri che affonda il suo humor nella rappresentazione di personaggi fuori dai canoni. Claudio Amendola segna il passo del film fin dall'incipit, un lungo flashback che introduce l'imprenditore mortuario interpretato da Edoardo Leo. Da qui è tutta una serie di incontri/scontri tra i personaggi, confronti accesi, sfottò. Amendola, che prima di essere regista è attore di lunga esperienza, si circonda di colleghi pronti a mettersi in gioco puntando sulla marcata caratterizzazione dei loro personaggi. Gian Marco Tognazzi costruisce il suo truccatore di morti attraverso la marcata gestualità, visto che la sua scelta di non parlare coi vivi lo porta a mimare le sue necessità, e la sua spiccata sensibilità si traduce visivamente in pose quasi femmine. Gesti e atteggiamenti che sembrano mutuati dal lavoro del padre Ugo Tognazzi in quel cult indimenticabile che è Il vizietto. Quanto a Lucia Ocone, si lascia alle spalle i vezzi televisivi adottando un look elegante e sofisticato e un'introspezione che la accomuna più alla collega Sonia Bergamasco che ai ruoli che l'hanno resa celebre in passato.

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I cassamortari: Piero Pelù e Sonia Bergamasco in una scena del film

L'ambizione di Claudio Amendola di approfondire l'interiorità dei personaggi, lasciando intendere tra le righe come la famiglia in cui sono cresciuti sia la causa di tutti i loro mali, sacrifica la dimensione comica tout court. La sceneggiatura scritta a sei mani con Roberto Jannone e Kissy Dugan si rivela ben più articolata del previsto e gli spunti comici diventano occasioni per uno sguardo amaro sulla società attuale e sul periodo storico che stiamo vivendo. Sarà solo un'impressione, ma la drammaticità del presente sembra riflettersi nell'atmosfera del film frenando la risata. Più che tragicomici, i fratelli Pasti sono malinconici, insoddisfatti, irrealizzati, incapaci di trovare il loro posto nel mondo. Non per nulla vivono ancora tutti e quattro insieme alla madre e sono ancora single. Il loro malessere è talmente realistico da renderli troppo patetici per permetterci di ridere di loro.

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Troppa carne al fuoco e poche risate

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I cassamortari: Gian Marco Tognazzi in una scena del film

L'elemento estraneo de I cassamortari è l'apparizione di Piero Pelù nei panni di Gabriele Arcangelo, rockstar isterica e strafatta che si presta a impersonare il volto di una campagna contro la droga mentre in privato si abbandona ai vizi come ogni rocker che si rispetti. Di fronte all'obiettivo Piero Pelù, performer di razza, sembra piuttosto a suo agio, ma la morte giunge a portarcelo via troppo presto, lasciandoci solo pregustare le occasione comiche che avrebbe fornito qualche sua apparizione in più. A peggiorare la situazione, la dipartita di Arcangelo coincide con l'entrata in scena della figlia Celeste (Alice Benvenuti), acida e iraconda. Ecco che I cassamortari, da black comedy con venature surreali (gli incontri della Ocone coi vedovi e la rivalità con Taffo/Massimo Dapporto qualche sorriso ce lo avevano strappato) si trasforma in galleria degli orrori.

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I cassamortari: Lucia Ocone seduta alla scrivania

Le idee di Celeste e della manager per il funerale di Gabriele Arcangelo danno vita a una farsa grottesca che, più che far ridere, genera angoscia nello spettatore e gli eccessi rendono il tutto sempre meno realistico. Se l'intento di Claudio Amendola era far riflettere il pubblico sui mali della società odierna, sulla mancanza di rispetto per i morti (e i vivi), sulla perdita dei valori, sulla crisi economica globale, che è anche una crisi morale, alcune scelte sono azzeccate. Se l'idea era quella di far ridere, invece, manca il bersaglio. Troppa carne al fuoco, unita all'indecisione nei toni, stemperano l'effetto delle poche battute azzeccate (tra cui un gustoso finale). In più, alcuni spunti narrativi potenzialmente intriganti (come la passione di Maria per Gabriele Arcangelo) vengono lasciati cadere nel vuoto. Vista la notevole qualità del materiale umano a disposizione del film, l'esito poteva essere diverso.

Conclusioni

Claudio Amendola si circonda di un cast di altissimo livello, ma come sottolinea la nostra recensione de I cassamortari, la sua black comedy sulle pompe funebri assume toni troppo patetici per permettere di ridere dei personaggi. Tante buone idee lasciate cadere nel vuoto in uno script con troppa carne al fuoco che si traduce in una commedia dai toni incerti.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.7/5

Perché ci piace

  • Un cast pronto a mettersi in gioco abbandonando la propria confort zone per ruoli diversi, in particolare Gian Marco Tognazzi e Lucia Ocone.
  • L'idea dell'impresa di pompe funebri come sfondo dell'azione è promettente.
  • Il debutto da attore di Piero Pelù ci piace, speriamo che non resti un unicum.

Cosa non va

  • Il tono del film riflette la tristezza e le difficoltà dei tempi che stiamo vivendo, ridere diventa troppo difficile.
  • La sceneggiatura è troppo ricca e complessa, uno snellimento avrebbe giovato allo scopo comico.
  • Alcuni spunti intriganti non vengono esplorati a fondo.