Ci sono molte cose che colpiscono nel racconto di Hunger Games, la saga tratta dai romanzi di Suzanne Collins. Le abbiamo sempre apprezzate nei quattro film che avevano fin qui composto la saga, e le abbiamo ritrovate nel prequel di quel racconto, Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente, arrivato al cinema dal 15 novembre (qui la nostra recensione). Una delle cose che ci ha sempre affascinato è il fatto di aver portato in una saga young adult un mondo distopico, una visione di un futuro prossimo fortemente pessimistica e preoccupante. Storie che fino al momento della comparsa di Hunger Games erano appannaggio di una certa fantascienza, quella più adulta e intellettuale, da quel momento arrivavano in dei libri e dei film per ragazzi.
Al centro della storia immaginata da Suzanne Collins c'è la fantomatica Panem, lo stato che, in un futuro non troppo lontano, è diventata l'America. Un paese diviso in distretti, sotto la tirannia della ricca Capitol City, che si è proclamata egemone dopo aver vinto una dura guerra civile. Quello che ci interessa raccontare qui è che Hunger Games immagina che in futuro gli Stati Uniti d'America non siano più lo stato che sono adesso, ma che siano una terra divisa e illiberale. Uno scenario che abbiamo trovato in altre due saghe (una cinematografica, una seriale): Divergent, tratta da un'altra saga letteraria e palesemente in tentativo di replicare il successo di Hunger Games, e The Handmaid's Tale, serie tv Hulu portata in Italia da TimVision, e in seconda battuta da Prime Video, anche questa di matrice letteraria.
Hunger Games: Panem, l'America non è più la terra delle libertà
La saga di Hunger Games, iniziata a livello di film nel 2012, con il film Hunger Games, seguito da Hunger Games: La ragazza di fuoco, Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 1 e Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 2, è il punto di partenza per il discorso che stiamo facendo. Perché un racconto di questo tipo ci colpisce tanto? Al di là della violenza dei giochi, e del fatto che coinvolgano dei giovanissimi, c'è un fattore che è molto inquietante. Che l'America, gli Stati Uniti, la nazione più potente del mondo, una roccia granitica e inscalfibile, sia crollata, dilaniata al suo interno. Una nemesi curiosa per un Paese che ha sempre portato la guerra al suo esterno: subire una guerra intestina. Ma, soprattutto è una nemesi per il Paese che si è sempre definito la culla della democrazia e della liberalità: essere governato da una dittatura. È questa una delle cose più scioccanti di Hunger Games. Perché se assistiamo alla storia di una dittatura in una galassia lontana lontana come Star Wars la cosa ci può colpire fino a un certo punto. Vedere una dittatura in un futuro prossimo venturo, negli Stati Uniti, paese chiave dell'Occidente, dove a oggi è inimmaginabile, ce la fa sentire vicina, molto vicina. Ci fa pensare: potrebbe accadere anche qui.
The Handmaid's Tale: l'integralismo religioso, qui e ora
Ed è la stessa sensazione che pensiamo ogni volta che vediamo un episodio di The Handmaid's Tale. Parliamo di una serie tv, di un prodotto molto diverso da Hunger Games, destinato a un target decisamente adulto. Ma che ha molti punti in comune con la saga young adult. Anche qui, al centro della storia, ci sono gli Stati Uniti d'America che non sono più come li conosciamo oggi: anche qui si sono divisi. E una parte di quelli che erano gli USA - i territori a nordest - ora si chiama Gilead. E quello che fa più orrore, e che ci sembra impensabile oggi, è che siano in mano a una dittatura di stampo integralista religioso. Anche qui lo shock è di quelli forti: lo stato laico è una conquista della civiltà occidentale, e vedere uno stato religioso, integralista, dittatoriale proprio nel cuore di questo occidente laico è qualcosa che mette i brividi. E la religione, per di più, è la nostra, quella cristiana. Ancora una volta ci viene da dire: potrebbe accadere anche qui.
The Handmaid's Tale: se i diritti fondamentali di ogni donna sono azzerati
Ma quello che ci fa venire i brividi, ancora di più, è il discorso, più che mai attuale, sulla condizione della donna. Quella terribile dittatura di Gilead mette in dubbio secoli di conquiste femminili. Il diritto ad avere un proprio lavoro; il diritto ad avere un proprio nome; il diritto, di cui non si dovrebbe nemmeno stare a discutere, di disporre del proprio corpo. Del diritto di voto, o di esprimere una propria opinione, non se ne parla nemmeno. Figurarsi: a Gilead alle donne non è nemmeno permesso di leggere. Gilead è una società dove lo stupro, di fatto, è legalizzato ed è l'elemento fondante della società. Tutto nasce dal fatto che quell'America, a causa dell'inquinamento, è una terra dove la maggior parte delle donne non è più fertile, e non nascono più bambini. Le poche donne fertili, denominate ancelle, vengono così rapite dal regime e destinate a ogni famiglia come pura macchina da procreazione. È chiaramente una metafora fortissima che Margaret Atwood, già negli anni Ottanta, aveva intuito: una donna sempre più relegata al ruolo di oggetto. Le notizie sempre più raggelanti che arrivano dalla cronaca, anche da casa nostra, ci dimostrano che quel mondo dove il patriarcato è istituzionalizzato e statuito per legge, forse non è tanto lontano dal mondo odierno. In cui le istituzioni e le leggi, al contrario di Gilead, parlano di parità e di diritti, ma sono smentite da una cultura e un retaggio che, di fatto, finisce per smentirle continuamente. Per questo vede il racconto dell'ancella fa sempre più male.
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Divergent: Il conformismo e l'incasellamento
Di tutt'altro tono, e durezza, è la distopia della saga di Divergent. È un'altra saga letteraria (di Veronica Roth) che diventa saga cinematografica, stavolta palesemente sulle orme di Hunger Games. È pensata anche questa per un target young adult. E, in comune con le altre, ha ancora il racconto di un'America del futuro, ancora divisa. Anche qui sappiamo poco, solo che c'è stata una guerra e che c'è una città, Chicago, che, devastata e poi pian piano ricostruita, è arroccata dentro un muro, oltre il quale non sappiamo cosa ci sia. È una città che si è chiusa in se stessa e si è data nuove regole. I suoi abitanti sono divisi in fazioni e ognuna di queste è formata da persone con lo stesso talento, con la stessa inclinazione. Così c'è chi amministra la giustizia, chi si occupa della sicurezza e così via. Ognuno ha il suo colore. La cosa interessante di Divergent è che ci parla di una dittatura più subdola, che appartiene alla società di oggi: il conformismo, la divisione in categorie, l'incasellamento. Un mondo dove chi è diverso, divergente, perché è più cose in una, viene considerato pericoloso e da emarginare. Per cui Divergent, saga molto edulcorata rispetto alle altre, ci dice in realtà molto del nostro mondo.
Hunger Games: la videocrazia
E torniamo a dove eravamo partiti, Hunger Games. La saga ci dice poco sul perché è iniziata la guerra civile (anche il prequel Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente inizia a guerra già in corso) e sull'ideologia di chi quella guerra l'ha iniziata e l'ha vinta. Ma si concentra sui meccanismi del potere: il controllo dei media, la somministrazione dello spettacolo per dividere e comandare (divide et impera), la televisione come oppio dei popoli e annebbiamento delle coscienze. La Panem di Hunger Games è una videocrazia. Qualcosa che non è affatto lontano dalla realtà dei nostri giorni. Ricordate quale Paese europeo, pochi anni fa, era stato definito una videocrazia?