Kevin Costner ha concepito il monumentale viaggio alla scoperta delle origini dell'America in Horizon: An American Saga da solo ed è lui solo a presentarla a Cannes 2024. Dopo essere stato accompagnato da parte del suo nutrito cast sul red carpet in occasione della proiezione ufficiale, quando si tratta di parlare con la critica l'attore e regista si presenta da solo. Affascinante più che mai, il 69enne Costner sembra solo avere qualche problemino di udito ("Mi piace ascoltare il rock a tutto volume"), ma mentre illustra la sua fatica è un fiume in piena. "I miei film sono lunghi perché io parlo tanto e le mie risposte sono lunghe" scherza.
Horizon riporta Kevin Costner all'amato genere western, raccontando la vita di un gruppo di persone durante l'espansione verso l'Ovest prima e dopo la Guerra Civile. "C'è chi dice che il western è un genere semplice, ma non è così" spiega. "La vita di oggi a Parigi, Cannes o Los Angeles è semplice, non lo era certo quella dei coloni. Le persone che volevano una nuova esistenza rischiavano tutto per recarsi in questi luoghi mitici. Aree senza nome, senza edifici, senza proprietà, in America non c'era niente. Si parla di mito, ma la realtà è che questa terra è stata tolta a chi la abitava da secoli. La nostra cultura è costruita sul sangue della schiavi e sulla violenza contro i nativi".
Il viaggio di Kevin Costner alla scoperta dell'Ovest
Per realizzare Horizon: An American Saga, Kevin Costner si è preparato a lungo, ha fatto ricerca usando tante foto d'epoca in bianco e nero trovate nei libri. "Lavoro nell'industria da così tanto tempo, non so perché sia così difficile convincere la gente a credere in questo film" confessa sconsolato. "Non credo che il film di nessun altro sia migliore del mio. L'ho fatto per la gente. Cerco sempre di realizzare prodotti di qualità perché credo nel cinema. Credo che quando si spengono le luci qualcosa di magico inizi".
Che Horizon sia un progetto personale per Kevin Costner, lo ammette lui stesso sottolineando le somiglianze tra il suo personaggio e lui stesso: "Entrambi abbiamo problemi coi figli e problemi con gli altri. E io ho avuto problemi a fare questo film. Sono stato tanto via da casa, volevo che la mia famiglia fosse vicina a me e quindi gli davo tutto per averli vicini. Ed è ciò che mostro nel film usando il western, un genere che amo, per parlare di me. Mi piacciono le specificità di ogni linguaggio così amo l'architettura grandiosa delle scene e le sparatorie. Ci sono scene, come quella in cui i personaggi si lavano, che non affatto scontate, ma servono per fare capire le difficoltà della vita dell'epoca".
Cosa c'è di nuovo stavolta
Nella sua lunga esperienza, Kevin Costner ha visitato spesso e volentieri il genere western, da Balla coi lupi in poi. Viene quindi spontaneo chiedersi cosa ci sia di diverso stavolta e quale sia la molla che abbia spinto il divo a rischiare il tutto per tutto con un progetto così ambizioso e articolato. "Per cominciare, Balla coi lupi e Open Range erano film americani, mentre Horizon è finanziato con capitali esteri" spiega, per poi aggiungere: "Balla coi lupi l'ho girato in 106 giorni, questo in soli 52 giorni. Non volevo sprecare i soldi dei finanziatori. Nel film c'è una forte presenza femminile, ma anche di neri e cinesi. Volevo rappresentare la realtà, essere il più fedele possibile all'epoca. Per me è fondamentale".
Per quanto riguarda la durata fiume, Costner si scusa scherzosamente, ma specifica: "Cannes mi aiuta a realizzare i miei progetti. Se non vi piace scrivete cosa volete perché per me la differenza l'ha fatta essere presente al festival. Nel mio film staremo insieme tre ore, poi vi faccio tornare alle vostre attività quotidiane, ma il cinema deve essere un posto solo per noi, in cui accade qualcosa di magico. Per questo cerco di stare col mio pubblico il più a lungo possibile".