Heroes: La stagione 4 parte con il piede giusto

Arriva anche il momento di Heroes e la season premiere ci offre due episodi che si distinguono per livello qualitativo rispetto alle carenze della terza stagione e lasciano buone speranze per una ripresa in grande stile della saga.

E' molto probabile che chi era rimasto perplesso dall'andamento della terza stagione di Heroes non abbia aspettato con ansia la ripresa della saga, ma, alla luce di quanto visto durante la premiere, possiamo dire che tutto lo scetticismo che ci ha accompagnato durante l'estate può, se non essere fugato del tutto, almeno messo da parte perchè i due episodi andati in onda negli USA lo scorso 21 settembre rappresentano un passo in avanti rispetto alle incoerenze narrative e stilistiche culminate poi nel deludente finale di maggio.
"Orientation" e "Jump, Push, Fall", rispettivamente episodio primo e secondo che aprono il Volume 5 "Redemption", non brillano per particolare maestria, ma hanno l'indubbio merito di rispolverare quelle atmosfere degli esordi che erano andate via via perse durante il corso delle stagioni.
Complice di ciò anche un incipit suggestivo che ha il duplice compito di richiamare alla memoria i protagonisti già noti e di presentare i volti nuovi, tra cui spicca quello di Robert Knepper (familiare per chi abbia seguito anche Prison Break) che interpreta Samuel Sullivan, strano capo clan di un luna park itinerante abitato da persone con abilità speciali e che molto ricorda il circo dei freaks tanto caro alla letteratura grottesca di inizio secolo.
Sono proprio i pochi minuti iniziali, accompagnati dalla voce di Sullivan e non più da quella di Mohinder Suresh, a trasmettere la sensazione che forse qualcosa è cambiato e che la nuova stagione potrebbe attestarsi su un livello qualitativo decisamente più alto.

Lo scenario è come sempre frammentato e spazia da New York a Tokio perchè separati sono gli eroi, tutti alle prese con la propria vita da condurre e ancora una volta senza un progetto comune. Quello che consola, rispetto alle precedenti stagioni, è che almeno questa volta il pericolo immente che minaccia il mondo intero non è la solita esplosione catastrofica (mai dire mai, l'esplosione potrebbe sempre comparire nei prossimi episodi, ma per ora la premiere ne è esente), ma probabilmente qualcosa di più strisciante che proviene dal passato.
In questo affresco, dove succede poco o nulla ma che comunque ci è utile per mettere a fuoco quello che è accaduto e ci introduce la storia che sta per svolgersi, ritroviamo anche le tensioni di Peter Petrelli, da sempre impegnato nel suo ruolo di bravo ragazzo e salvatore anonimo di vite umane con il suo conflitto familiare infinito verso madre e fratello; nello stesso tempo ci viene mostrata come evidente la solitudine di Noah Bennet ormai separato dalla sua famiglia e costretto ad una vita da single insoddisfatto.
La stessa Claire, nonostante resti legata al padre, ha comunque una nuova vita da intraprendere al college nel tentativo di essere sufficientemente normale per il mondo che la circonda. Analogo problema affligge Matt Parkman che sta ricostruendo con fatica la sua famiglia senza usufruire del potere di manipolare le menti, soprattutto dopo il compito difficile a cui l'ha costretto Angela Petrelli nell'epilogo di "An Invisible Thread", ultimo episodio della passata stagione.
E' utile ricordare, a questo punto, che Nathan Petrelli non è veramente Nathan Petrelli e che Sylar non è completamente Sylar perchè proprio Matt, su richiesta di Angela, ha sostituito la coscienza, la personalità e i ricordi di Sylar con quelli di Nathan, ucciso durante lo scontro con il killer.
Questa scelta, che rappresenta forse uno dei passaggi più carenti dello scorso season finale, segnerà le battute d'inizio del nuovo capitolo perché pone sin da subito una serie di conflitti tra Angela, Noah, Matt e lo stesso Nathan/Sylar che comincia a sospettare di non essere propriamente se stesso.
Punta di diamante però resta Sylar in possesso del proprio aspetto almeno quando la sua coscienza, prigioniera della psiche di Matt, si manifesta al detective. I momenti in cui Gabriel Gray è sulla scena sono, come sempre, quelli che ci offrono una notevole prova di recitazione, ma non ci stupiamo di ciò vista anche la bella prestazione di Zachary Quinto nel recente Star Trek diretto da J.J. Abrams.
In questa carrellata di presentazione abbiamo lasciato per ultimo Hiro Nakamura con il suo onnipresente entusiasmo per la "carriera" da supereroe accompagnato dall'innocenza che sempre lo contraddistingue. Colpa principale della stagione trascorsa è stata proprio non aver sfruttato le potenzialità di un personaggio come quello di Nakamura che poteva essere avviato verso un ruolo più drammatico e ponderato invece di essere costretto ad interpretare la fanciullesca caricatura di un eroe, ma, con il danno ormai fatto, possiamo solo sperare che il buon Hiro possa ritagliarsi uno spazio non solamente comico, cosa possibile alla luce di quanto visto durante questi due episodi.
Lo strano ed inquietante Samuel Sullivan, dotato egli stesso di poteri, ha infatti intenzione di reclutare Hiro nel seno di quella che considera essere la sua "famiglia" e che ha come simbolo distintivo una curiosa bussola.
Prorpio intorno a questo oggetto si dipana la componente più di azione di questa premiere e la lotta per il possesso della bussola fa uscire di scena definitivamente anche il cacciatore Danko, ucciso da uno dei componenti del clan Sullivan.
La fine di Danko è la prova tangibile che tutto quello che è stato nella terza stagione è ormai irrimediabilmente archiviato e resta solo come input impartito per smuovere il meccanismo narrativo della quarta che si suppone si svolgerà su binari diversi e soprattutto con una coerenza logica dei fatti maggiormente accurata.
Volendo trovare un elemento debole all'interno di questi due episodi andati in onda possiamo rintracciarlo nel recupero miracoloso in azione di Tracy Strauss, considerata morta dopo l'episodio 3x20 (Cold Snap) e invece improbabilmente rediviva, mentre sarebbe stato auspicabile uno sfoltimento del cast, tutt'ora composto da un numero eccessivo di protagonisti che tendono a frammentare l'unità narrativa vista anche la loro incapacità di legarsi in un gruppo comune e duraturo di eroi al servizio del bene globale. Il voler ancora preferire l'azione del singolo più che la sincronia corale è probabilmente l'aspetto che meno convince della serie sin dal suo inizio e il timore che le cose non siano ancora cambiate resta comunque palpabile.
Tali perplessità però non inficiano la validità di questa premiere, godibile e ben scritta, che ci lascia la senzazione che Tim Kring e il suo gruppo di autori abbiano ancora parecchie cartucce da sparare e con questa convinzione, o forse speranza, ci prepariamo a seguire la quarta stagione senza comunque distogliere il nostro occhio critico.