Locarno diventa terreno di scontro tra cowboys e alieni con uno dei blockbuster più attesi della stagione, quel Cowboys & Aliens che ha permesso al festival svizzero di fare il colpaccio assicurandosi la presenza in Piazza Grande della star Harrison Ford, del James Bond dagli occhi di ghiaccio Daniel Craig e della bellissima Olivia Wilde. E la piazza locarnese ha risposto con un entusiasmo ancor superiore alle aspettative sfidando l'ennesima serata di pioggia torrenziale gremita all'inverosimile per assistere alla premiazione di Harrison Ford. L'indimenticabile Indiana Jones (o Han Solo, a seconda dei gusti) è stato omaggiato con un pardo alla carriera, preceduto da un filmato contenente gli spezzoni dei suoi film più celebri. Alle stelle l'entusiasmo del pubblico. A fianco dei tre suoi acclamati divi, il regista Jon Favreau ci ha svelato i meccanismi produttivi e le scelte operate per realizzare l'avventuroso blockbuster sci-fi prodotto con lo zampino dei signori di Hollywood Steven Spielberg e Ron Howard.
Il film è tratto da una graphic novel di Scott Mitchell Rosenberg. Quali sono i principali cambiamenti introdotti rispetto alla versione cartacea?
Jon Favreau: La sceneggiatura è stata sviluppata dieci anni fa e in tutto questo tempo ha subito numerose riscritture da parte di diversi autori, perciò vi sono state numerose modifiche. Quando ho deciso di dirigere il film il mio primo obiettivo era quello di realizzare un omaggio al genere western, aggiungendo l'elemento alieno. Proprio in virtù di questo obiettivo abbiamo fatto una scelta estetica molto precisa, rinunciando al 3D e utilizzando effetti speciali semplici e realistici per tornare a un'estetica in stile anni '80. E' raro poter omaggiare il western classico, perché negli Stati Uniti non riscuote l'interesse del grande pubblico. Quando ho avuto nelle mani la sceneggiatura, però, mi sono reso conto che la prima parte del film è vicinissima a un western vero e proprio, così ho deciso di evitare il 3D per non essere costretto a girare in digitale e dare dignità ai bellissimi paesaggi in cui abbiamo girato. Il tutto per creare una genuina atmosfera western.
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Olivia, il ruolo che ti hanno affidato è molto bello. Sei la sola donna circondata da un universo molto virile. Come ti sei trovata a essere l'unico elemento femminile del film?
Olivia Wilde: In realtà non mi sentita isolata o a disagio perché i miei colleghi non erano poi così machi. Io amo andare a cavallo, mi piace usare il fucile, fare sport e passare del tempo all'aria aperta perciò mi sono divertita tantissimo sul set. A tratti mi sembrava un gioco, ma dai miei compagni ho anche imparato moltissimo.
Daniel, come ti sei preparato per questo ruolo?
Daniel Craig: Fin da piccolo ho sempre voluto essere un cowboy, perciò appena ho letto la sceneggiatura mi sono appassionato subito. Per prepararmi ho studiato l'iconografia degli eroi del West e ho guardato come si comportava Harrison.
Se fossimo negli anni '60 Cowboys & Aliens sarebbe un B-movie da double feature per via della strana commistione di generi, invece oggi ci sono produttori come Ron Howard e Steven Spielberg che investono enormi quantità di denaro in un progetto di questo tipo. Cos'è cambiato nell'industria cinematografica?
Jon Favreau: Questa è una bella domanda. Il cinema è effettivamente cambiato perché i film costano cifre sempre più imponenti e, per ottenere dei profitti, il pubblico deve andare al cinema, deve appassionarsi e lasciarsi attrarre dal film, deve capire di cosa tratta. I film sono legati al genere e in passato certi generi, come l'horror e la fantascienza, venivano etichettati come di serie B. Il cinema è ancora un'industria, vogliamo tutti fare soldi anche oggi, ma vi è anche una maggior sensibilità al risultato e all'aspetto creativo della faccenda. L'intento, quindi, è quello di creare blockbuster artistici. Per noi poter realizzare un western è stato un sogno perché il pubblico americano, soprattutto quello giovane, è completamente disinteressato a questo genere che invece è molto amato in Europa. Sergio Leone è un esempio di come l'Europa sia appassionata a un mondo e a una mitologia che in America non è più popolare.
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Daniel, al cinema hai interpretato uno degli eroi più caratteristici del cinema, l'impeccabile James Bond, un personaggio che ha alle spalle un'iconografia ben precisa. Ora ti è stata offerta l'opportunità di interpretare un tipico ero del West alla John Wayne. Quando ti trovi di fronte a personaggi di questo tipo, cosa aggiungi di tuo? E come ti comporti per non tradire le aspettative del pubblico?
Daniel Craig: In questo caso è stato semplice perché, essendo un appassionato del genere, avevo alle spalle una lunga esperienza da spettatore. Mi sono sempre piaciuti i personaggi del Far West perché non sono mai eroi a tutto tondo, ma contengono una parte di bene e una di male. E' un genere che contiene al suo interno una scelta motale. Anche il mio personaggio in questo film non è un vero eroe, ma un criminale, un cattivo che poi si redime. Per interpretarlo al meglio ho fatto appello alle mie doti recitative e ho finto. Nella vita non sono così duro.
Al San Diego Comic-Con di quest'anno il tuo collega Hugh Jackman ha dichiarato che Spielberg sarebbe interessato a dirigere un film ispirato a A Steady Rain, lo spettacolo teatrale che avete interpretato lo scorso anno. Tu sei già stato contattato? Farai parte del progetto?
Daniel Craig: Effettivamente ne ho sentito parlare, ma per il momento è una notizia che circola su internet. Per ora non ne so niente.
Harrison, cosa si prova a ricevere un premio alla carriera al Festival di Locarno?
Harrison Ford: Mi sento molto fortunato a ricevere questo premio anche perché nella mia vita ho avuto delle opportunità lavorative incredibili. Celebrarle qui è bellissimo.
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Come mai il genere western è più popolare in Europa che in America?
Jon Favreau: Credo che in Europa ci sia un pubblico più educato ad apprezzare la storia del cinema. Il western è uno dei primi generi sviluppatosi, perciò gli appassionati amano le opere dei grandi maestri come John Ford. Le domande che mi sono state fatte qui oggi sono più in linea con le mie preoccupazioni di cineasta, mentre in America, nelle conferenze stampa, mi vengono chieste cose più superficiali o di costume, come le cose più divertenti o curiose accadute sul set. Per questo sono felicissimo di essere qui e di rispondere a queste domande interessanti della stampa europea.
Harrison, ami ancora fare film?
Harrison Ford: E' meglio che fare un vero lavoro. Adoro il cinema, adoro fare film e collaborare con persone intelligenti.
Come avete preservato il vostro spazio recitativo dovendo tener conto degli effetti speciali e del blue screen?
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Daniel Craig: In casi come questi bisogna fidarsi del regista. Noi abbiamo seguito le indicazioni di Jon e poi abbiamo chiesto a Harrison di girare per il set con cose strane in testa per immedesimarci.
Olivia, il tuo trampolino di lancio è stata la televisione che ti ha dato la popolarità. Ora ti stai affacciando al mondo del cinema. Come prevedi che proseguirà la tua carriera?
Olivia Wilde: Dr. House - Medical Division mi ha reso molto popolare. In tutto il mondo la gente mi chiede consigli medici, perciò sono molto felice del successo ottenuto in televisione. Ora però i registi, per affidarmi ruoli più complessi, devono fidarsi di me come ha fatto Jon. Vedremo in futuro cosa accadrà. Oggi la tv non è più considerata un media inferiore perciò non credo di essere considerata un'attrice di serie B perché lavoro in tv e non ho intenzione di abbandonarla per sempre. Si può passare dal cinema alla tv e viceversa perciò in futuro tornerò a fare ancora televisione, appena mi capiterà un'opportunità interessante.
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In questi pochi giorni di festival abbiamo visto molti film dedicati agli alieni. C'è un ritorno al genere o continuiamo a sognare mostri come all'inizio del Medioevo?
Jon Favreau: Ormai l'America non fa più i film per se stessa, ma anche per le altre culture. I film con gli alieni sono universali e il successo di Avatar lo dimostra, perché l'alieno incarna il diverso, il nemico. Riflettendo sul western, la cultura dei nativi americani non è più vista come aquella dei nemici. Negli anni la storia ha svelato gli errori del passato e gli indiani si soni trasformati in vittime della colonizzazione, perciò c'è stato uno slittamento. Con gli alieni si può tornare a mettere in scena un cattivo a tutto tondo, un simbolo del male privo di scrupoli, morale o umanità, mentre gli Apache, nel mio film, diventano aiutanti dei cowboy.