Ho un profondo bisogno di prendermi cura dei miei personaggi. Non è che non voglia esplorare le zone d'ombra: voglio tenerli per mano in queste zone d'ombra.
Se c'è un termine che può aiutarci a definire la peculiarità di un'interprete come Greta Gerwig, questo è "empatia": che si tratti di figure realistiche o di giovani donne eccentriche e sopra le righe, in ogni caso risulta palpabile l'intima connessione che lega l'attrice americana ai propri personaggi. Tanto più quando la Gerwig ha avuto spazio per improvvisare, per caratterizzare in maniera più personale i ruoli a lei assegnati o, meglio ancora, per contribuire lei stessa ai copioni alla base di alcuni dei suoi film più belli.
Nata a Sacramento, in California, il 4 agosto 1983, in una famiglia della media borghesia, diplomatasi in una scuola cattolica e trasferitasi in seguito a New York per proseguire gli studi e coltivare le proprie passioni, Greta Gerwig non può non ricordare, per molti aspetti, la Christine McPherson interpretata da un'irresistibile Saoirse Ronan in Lady Bird, uno dei film-evento del 2017, nonché l'acclamata opera seconda della Gerwig (ma la prima in qualità di "regista solista"): uno strepitoso successo che, oltre agli elogi della critica, è valso alla Gerwig una doppia nomination all'Oscar per la regia e la sceneggiatura, a cui si è aggiunta due anni più tardi una terza candidatura per il suo superbo adattamento del romanzo di Louisa May Alcott con Piccole donne.
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Greta: pioniera del mumblecore, diva dell'indie, autrice da Oscar
Sguardo tenero e malinconico, sorriso disarmante e un bizzarro connubio fra eleganza e goffaggine, da un lato Greta Gerwig sembra un'attrice uscita dalle screwball comedy degli anni Trenta e Quaranta, ma dall'altro il naturalismo della sua recitazione è l'indice di un'innegabile 'modernità'. Approdata al cinema a ventitré anni, nell'ambito delle piccole produzioni indipendenti, Greta si specializza da subito nel filone del cosiddetto mumblecore: una declinazione dell'indie in cui gli stilemi del cinéma vérité si fondono con l'assoluta predominanza dei dialoghi rispetto all'azione vera e propria. A questo genere appartiene l'interessante Nights and Weekends, intimo ritratto di una coppia messo in scena dalla Gerwig nel 2008 insieme a Joe Swanberg, entrambi nelle vesti di registi, autori e attori del film.
L'attenzione da parte della critica arriva nel 2010, quando Greta Gerwig ruba la scena al comprimario Ben Stiller nel dramedy Lo stravagante mondo di Greenberg: il film non ottiene il successo sperato, ma permette alla Gerwig di collezionare le sue prime candidature a Hollywood e dintorni e, soprattutto, di conoscere il regista Noah Baumbach, che di lì a breve diventa il suo compagno anche nella vita privata. Insieme a Baumbach, Greta Gerwig realizzerà i suoi lavori più convincenti, guadagnandosi una visibilità sempre maggiore. E se la sua incursione nel mondo delle grandi produzioni (Arturo, sciapo remake datato 2011 del classico del 1981) non riscuote troppa fortuna, Greta in compenso ha occasione di collaborare con un ventaglio di autori di grande calibro: da Woody Allen a Barry Levinson, da Mia Hansen-Løve a Todd Solondz.
Nel 2016 è la fedele assistente e amica di Jacqueline Kennedy nel magnifico Jackie di Pablo Larraín, mentre nel 2018 presta la propria voce al film d'animazione L'isola dei cani di Wes Anderson. Il 2019, invece, l'ha vista tornare dietro la macchina da presa per realizzare uno dei film più apprezzati dell'anno, Piccole donne, con Saoirse Ronan protagonista al fianco di Emma Watson, Florence Pugh, Timothée Chalamet, Laura Dern e Meryl Streep. E in attesa di goderci i prossimi frutti del suo eccezionale talento di autrice e regista, celebriamo la Greta Gerwig attrice con una classifica delle migliori performance che ci ha regalato fino ad oggi...
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7. The Humbling
Nel 2014, Greta Gerwig ha l'occasione di dividere la scena con un mostro sacro quale Al Pacino in The Humbling, trasposizione diretta da Barry Levinson del romanzo di Philip Roth L'umiliazione. Nel film, presentato fuori concorso al Festival di Venezia, la Gerwig presta abbondanti dosi di fascino e vitalità a Pegeen Mike Stapleford, la giovane donna che inizia una relazione con un maturo attore di teatro, Simon Axler, il quale si trova nel pieno di una profonda crisi personale. Rimasto purtroppo ignorato dal pubblico, The Humbling è un interessante dramedy in cui la Gerwig costruisce un eccellente 'duetto' con un gigante di Hollywood.
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6. Lo stravagante mondo di Greenberg
È il 2010 quando, con Lo stravagante mondo di Greenberg, Greta Gerwig comincia finalmente a farsi notare sia dalla critica, sia da una fetta dei cultori del cinema indie americano. La commedia di Noah Baumbach non ottiene numeri molto alti al botteghino, nonostante un protagonista popolare come Ben Stiller, ma in compenso la Gerwig riesce a lasciare il segno nei panni di Florence Marr, la ragazza di cui si innamora Roger Greenberg, sbandato quarantenne reduce da un esaurimento nervoso. E Florence, per molti aspetti, già definisce varie caratteristiche del tipico "personaggio alla Gerwig": l'ironia e la sensibilità, la dolcezza e il desiderio di indipendenza, tratti che ritroveremo in numerose altre figure incarnate dall'attrice.
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5. Il piano di Maggie
Uscito negli Stati Uniti nella primavera del 2016 e passato abbastanza sottotraccia, Il piano di Maggie è una piacevole commedia romantica firmata da Rebecca Miller, che vede Greta Gerwig protagonista nel ruolo del titolo: Maggie Hardin, trentenne newyorkese che desidera avere un figlio e, per riuscirci, è disposta a ricorrere a un donatore di sperma. La situazione di Maggie si complicherà in seguito all'incontro e all'innamoramento con il docente universitario John Harding (Ethan Hawke), che porterà la ragazza a mettere e rimettere in discussione tutte le proprie scelte. Se il most valuable player del film rimane una sopraffina Julianne Moore, la Gerwig riesce a conferire alla sua protagonista il candore, le incertezze e le "buone intenzioni" tipici di altri suoi personaggi.
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4. Damsels in Distress
Autentico gioiellino da riscoprire, presentato al Festival di Venezia 2011, Damsels in Distress - Ragazze allo sbando segna il ritorno alla regia di Whit Stillman, che con la sua finissima penna firma una spassosa commedia incentrata su insicurezze e idiosincrasie all'interno di un campus studentesco. Greta Gerwig presta il volto a Violet Wister, carismatica direttrice di un bislacco centro di prevenzione suicidi, le cui peculiari opinioni sui rapporti umani e sentimentali influenzeranno inesorabilmente la nuova arrivata, Lily (Analeigh Tipton). Violet, vero centro propulsore del film, costituisce uno dei primi esempi di "personaggi alla Gerwig": una ragazza socievole e determinata, con un punto di vista ben preciso su se stessa e sul mondo (destinato presto o tardi ad entrare in crisi) e quell'eccentricità in grado di renderla tanto stravagante quanto adorabile.
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3. Mistress America
E per l'appunto, un'ideale 'erede' della Violet di Damsels in Distress, o magari una sua versione un po' cresciuta, è Brooke Cardinas, emancipata trentenne tutta presa dalle proprie effimere ambizioni nella cornice di New York. Il film in questione è Mistress America, divertentissimo e commovente capolavoro firmato a quattro mani dalla Gerwig insieme al regista Noah Baumbach nel 2015: un malinconico ritratto generazionale in cui Greta Gerwig disegna una protagonista egocentrica, affascinante, donchisciottesca e, a suo modo, infinitamente tenera, osservata con un misto di ammirazione di impietosa lucidità dalla sua giovane amica Tracy Fishko (Lola Kirke), che in un suo racconto la soprannominerà proprio Mistress America. Non perdetevi il piccolo show nel corso del quale Brooke, impacciata ma con il cuore in mano, descrive il suo sogno di aprire un ristorante: una sequenza di assoluta dolcezza.
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2. Le donne della mia vita
Ne Le donne della mia vita, meraviglioso coming of age ambientato nella California del 1979 e realizzato, con spunti autobiografici, dal regista Mike Mills nel 2016, Greta Gerwig si produce nella sua interpretazione più intensa: quella nel ruolo di Abbie Porter, giovane fotografa che vive nella casa di Dorothea Fields (Annette Bening) e di suo figlio, l'adolescente Jamie (Lucas Jade Zumann), per il quale Abbie diventerà un modello di riferimento e una guida verso nuovi universi culturali, dalla musica punk alla letteratura femminista. Con una capigliatura rosso porpora ispirata al David Bowie de L'uomo che cadde sulla Terra, Abbie incarna alla perfezione il desiderio di creatività e di anticonformismo della generazione cresciuta negli anni Settanta, e la splendida prova della Gerwig contribuisce a rendere Le donne della mia vita un film di rara bellezza: che si tratti di trasmettere il proprio entusiasmo al suo 'discepolo' quindicenne, di dividere lo schermo con una grandiosa Annette Bening, fra malinconia e confessioni reciproche, o di far ripetere come un mantra a un'intera tavolata la parola "mestruazioni".
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1. Frances Ha
E a proposito di simboli generazionali, per molti di noi nati negli anni Ottanta è stato impossibile non identificarci, almeno in parte, con la scombinata, sognante, deliziosa Frances Halladay, un'ideale versione 'adulta' della Christine McPherson di Lady Bird, nonché la disastrosa eroina di Frances Ha, la commedia di culto girata nel 2012 da Noah Baumbach e scritta proprio insieme a Greta Gerwig. Frances, aspirante ballerina che tenta faticosamente di sbarcare il lunario a New York e di conservare un difficile equilibrio nei suoi rapporti interpersonali, è uno di quei personaggi talmente vividi e profondi, pur nelle loro piccole stranezze, da indurci ad amarli in maniera incondizionata. È il motivo per cui, con tutta probabilità, l'immagine della Gerwig rimarrà sempre legata a quella della sua Frances: mentre volteggia per le strade della Grande Mela sulle note di Modern Love di David Bowie e mentre espone con genuinità disarmante la sua appassionata visione dell'amicizia e dell'amore... quel "mondo segreto" che esiste tutt'attorno a noi e al quale si può accedere solo attraverso una sincera empatia.
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