Goliath 4, la recensione: i big pharma chiudono il cerchio sul legal drama onirico

La nostra recensione di Goliath 4, il legal drama atipico di David E. Kelley con Billy Bob Thornton che si scontra con grandi cospirazioni dal 24 settembre su Prime Video.

Goliath Billy Bob Thornton
Goliath: la prima immagine di Billy Bob Thornton nella stagione 4

È bene dirlo subito all'inizio della nostra recensione di Goliath 4: si tratta forse dell'ultimo (per ora) prodotto valido nato dalla mente di David E. Kelley, dato che sia The Undoing che Nine Perfect Strangers non ci hanno convinto fino in fondo. È bene dire anche che si tratta di una serie di nicchia, meno acclamata di altre ma non per questo meno meritevole, che ora ci saluta dal 24 settembre su Prime Video con la quarta ed ultima stagione.

Ricchi vs poveri

Fin dall'inizio, la serie ideata da David E. Kelley insieme a Jonathan Shapiro si è presentata come un legal drama anomalo, potremmo dire onirico, dalle influenze lynchiane e, in questo ultimo capitolo, anche hitchcockiane. Protagonista è l'avvocato alcolizzato e perduto in se stesso Billy McBride, interpretato da un Billy Bob Thornton nuovamente in stato di grazia dopo essersi prestato alla tv per Fargo. Un avvocato che, se nelle relazione interpersonali è un disastro, in aula ottiene dei successi clamorosi, proprio come un tenente Colombo più dark che dietro la sua apparente distrazione nasconde un grande fiuto e una grande abilità. Tenacia, intelligenza e furbizia gli hanno permesso di sventare e portare alla luce varie cospirazioni in giro per la California, non riuscendo finora a tornare a casa a Los Angeles dove ha dei conti familiari in sospeso, soprattutto con la figlia Denise.

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Goliath 4: Tania Raymonde in una scena della serie

Il cerchio si chiude perfettamente e senza tradire lo spirito dello show in questi ultimi otto episodi ambientati a San Francisco: nessuna corsa al finale, ci si prende il tempo e i silenzi (importantissimi in questo prodotto seriale) per arrivare all'epilogo, che non mancherà di sorprendere come già avevano fatto le stagioni precedenti. Dopo cospirazioni legate a una multinazionale degli armamenti, quelle politiche al di là del cartello messicano, quelle ordite nientemeno che dalla compagnia dell'acqua californiana nella Valley, il cerchio si chiude per McBride & soci con i big pharma: lo scopo questa volta sarà sventare la dipendenza dagli oppiacei su cui le compagnie farmaceutiche lucrano a dispetto del dolore e della sofferenza di persone che spesso non hanno nessun altro a cui rivolgersi. E questo scontro di classe oltre che di potere traspare fin dal titolo di Goliath, dal mito di Davide e Golia in cui è lo sfavorito ad avere la meglio, contro ogni aspettativa, contro il gigante che tutti davano per favorito. Proprio come i giganteschi casi e le class action in cui si immettono Billy e Patty Solis-Papagian (la sua socia, l'altro personaggio meglio caratterizzato della serie e interpretato magnificamente da Nina Arianda), spesso contro ogni logica ma con voglia di giustizia, attraverso un climax narrativo particolarmente lento ma anche estremamente appagante arrivati all'epilogo.

Viaggio nel dolore

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Goliath 4: J.K. Simmons in una scena della serie

Il dolore è la tematica principale di questa stagione, che abbraccia bene o male tutti i personaggi. Non solo Billy, che ha conti in sospeso con la figlia Denise ed è reduce da un colpo d'arma da fuoco che miracolosamente non l'ha ucciso ma l'ha portato ad un'esperienza di pre-morte per sei minuti. Sei minuti in cui non ha visto Dio, ma che gli hanno lasciato un sogno ricorrente che coinvolge il padre burbero, una stazione in una città del vecchio West (in bianco e nero), e un misterioso signore anziano, che è lo stesso che nella realtà lo spia dall'altra parte della strada, nel quartiere cinese dove ha trovato alloggio. Billy si affida alle cure orientali del proprietario del bar vicino all'appartamento per guarire le proprie ferite, fisiche ed emotive. Ma anche Patty deve fare i conti con un doppio dolore, una maternità ritrovata e una perduta, insieme alla possibilità di diventare socia di un grande studio che assume lei e Billy affinché si occupino di questo caso contro una casa farmaceutica, dopo che il precedente avvocato è misteriosamente scomparso. Non è l'unico mistero che sembra avvolgere lo studio e il caso, a cominciare dalla ragazza ai piani alti, Sam (Jena Malone), affetta da sclerosi multipla e quindi in costante dolore. Il perfetto "villain" di questa stagione è il direttore della casa farmaceutica, interpretato da un camaleontico e oramai palesemente a proprio agio in questi ruoli pieni di chiaroscuri J.K. Simmons.

Goliath 2: il talento di Billy Bob Thornton sostiene una stagione meno convincente e molto oscura

La finestra sul cortile cinese

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Goliath 4: una scena della serie

Una regia e una fotografia attentissime ai colori e ai dettagli, che devono evocare e suggestionare più che mostrare, citando addirittura La finestra sul cortile ad inizio stagione, accompagnano lo spettatore in questo ultimo viaggio, che non mancherà momenti onirici a intervallare sequenze estremamente pragmatiche e reali. Billy è ancora una volta schivo, chiuso in se stesso a Chinatown, ma incredibilmente riesce a scovare indizi, piste da seguire e a sostenere a suo modo Patty e le altre persone importanti della sua vita, come Brittany (Tania Raymonde), sua ex assistente legale che voleva diventare avvocato ma non ce l'ha fatta per il suo passato da sex worker. Billy riuscirà a mettere la parola "fine" ai propri conti in sospeso e ai propri rapporti lasciati a metà, con un caso che oltre a parlare di un argomento estremamente attuale e importante, lo riporterà proprio alle origini della storia - lo studio Cooperman & McBride - pronto a guardare alla prossima cospirazione da sventare. Perché lo sappiamo, il mondo è fatto di grigi e chiaroscuri che troppo spesso tendono al nero più che al bianco. E il mondo ha bisogno di antieroi come Billy McBride.

Conclusioni

Chiudiamo la nostra recensione di Goliath soddisfatti dell’epilogo a cui gli autori hanno portato i personaggi, in primis Billy e Patty, coinvolgendoli in un caso che tratta un argomento attualissimo. Con un cast sempre impeccabile e un J.K. Simmons nella perfetta parte del villain che ci costringe a una riflessione sul dolore e sul lucro della case farmaceutiche.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Un Billy Bob Thornton in stato di grazia che lavora di sottrazione.
  • Un caso e una storia che trattano di attualità e attraversano il dolore di tutti i personaggi.
  • Una regia e una fotografia che inframezzano momenti onirici a sequenze pragmatiche e più prettamente legal…

Cosa non va

  • …che però potrebbero allontanare qualche spettatore, così come un ritmo maggiormente lento per arrivare al tanto agognato epilogo finale.