Recensione Stay Alive (2006)

Violento e spaventoso sin dal primo fotogramma, il film, pur nascendo da uno spunto innovativo, soffre di una sceneggiatura che ripercorre tutti i luoghi comuni dell'horror giovanile.

Gioca per non morire!

A New Orleans, il ritrovamento di un videogame-tester chiamato "Stay Alive" sembra coincidere con strane morti. Le vittime sono state uccise come i personaggi del gioco ispirato alla sanguinaria Contessa Bathory, vissuta nella Transilvania del XVII secolo.
Hutch, amico dell'ultima vittima, entra in possesso del videogame e decide di provarlo insieme ad un gruppo di amici. Il gioco, d'ultima generazione, li avvince e li impegna subito in una lunga notte virtuale che si concluderà in un'alba di sangue. Intuito il nesso fra il gioco e l'accaduto, i ragazzi riprendono la partita per riuscire a sconfiggere il male che sembra abbiano evocato. La corsa contro il tempo per spezzare la catena di delitti li impegnerà fino all'ultimo istante.

Violento e spaventoso sin dal primo fotogramma, Stay Alive è il film d'esordio di William Brent Bell che oltre alla regia firma la sceneggiatura a quattro mani con un altro esordiente, il produttore Matthew Peterman. La loro già sperimentata collaborazione si fonde qui in una nuova tecnologica scommessa: realizzare un film-videogioco che coinvolga il pubblico al punto da simulare una seduta alla play-station. Volutamente suddiviso in tre parti (introduzione al gioco, decisione della strategia e scontro finale) il film è costellato di scene del game a schermo intero per coinvolgere lo spettatore e risucchiandolo dentro lo schermo. L'identificazione fra spettatore, giocatore e personaggio è fondamentale per la credibilità della vicenda, basata sulla fusione fra gioco e realtà. A supporto dell'idea è stato scelto un soggetto storico, quale la vicenda della contessa assassina che echeggia fra le scene come un fantasma. Personaggio realmente vissuto ed autrice di agghiaccianti fatti, la Contessa Bathory viene letteralmente riesumata per dare spessore alla sfida di Hutch e i suoi amici che la combatteranno. Il soggetto si arricchisce così di un innovativo elemento d'intersezione fra storia e tecnologia concretizzato dall'interrelazione fra personaggi virtuali e scenari reali e viceversa.

Le scenografie, realizzate da quel Bruton Jones che ha creato l'Underworld, vibrano di dettagli di computer-grafica in una città, New Orleans, già densa di misteri e fantasmi. Vecchie piantagioni, sinistri cimiteri, scenari perfetti per una vicenda che insinua spettrali retaggi sotto-cutanei. La lotta dei ragazzi contro le forze del male diventa reale per una serie di contrasti tanto assurdi da trovare una precisa collocazione nel quotidiano.
Ottime le musiche firmate da John Frizzell, talentuoso compositore di colonne sonore all'adrenalina.
Anche la scelta dei protagonisti, giovani attori in parte conosciuti sia sul piccolo che grande schermo, immette sulla scena una ventata d'energia positiva in contrasto con le oscure presenze assassine.

Purtroppo Stay Alive, pur nascendo da uno spunto innovativo, soffre di una sceneggiatura che ripercorre tutti i luoghi comuni dell'horror giovanile. Così, il protagonista coraggioso e belloccio, il ragazzo della porta accanto, cresciuto a corn-flakes e football, è destinato all'immortalità nonostante le maligne forze avverse; il più sprezzante del gruppo è la vittima necessaria per convincere che ciò che accade non è un gioco e l'unico adulto che partecipa al videogame viene ucciso. La traccia di Dieci piccoli indiani viene ripercorsa ancora una volta, strizzando l'occhio a molti film, fra i quali la serie di Nightmare e le due edizioni di The Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair. Impossibile non pensare poi a Videodrome e Tesis, per citare i più celebri film in cui la tecnologia stravolge la realtà con effetti drammatici.
Il cliché non si smentisce neanche nel finale in cui i buoni sopravvivono, serbando un unico colpo di scena: nonostante lo abbiano sconfitto, il fantasma torna in contatto con i vivi, in un loop senza soluzione di continuità. Sarebbe stato gradito un exploit all'interno del gruppo o un qualunque elemento dissonante dall'usuale lotta del bene contro il male. Ancora una volta, il buonismo del modello americano non riesce a cedere il passo all'originalità, né tantomeno all'improvvisazione, scadendo persino nella storia d'amore fra sopravvissuti.

Inspiegabile peraltro come con un soggetto come la Contessa sanguinaria, il film si limiti ad una concezione da ragazzi, quando gli orrori realmente perpetrati meriterebbero ben altro risalto.