Gauguin, la recensione: Un biopic celebrativo e anonimo

La recensione di Gauguin, il film con cui Edouard Deluc racconta gli anni polinesiani del maestro del post impressionismo affidandone l'interpretazione a Vincent Cassel.

Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel e Tuheï Adams in una scena
Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel e Tuheï Adams in una scena

Gaugin, l'artista e l'uomo, lo spirito indomito e tormentato, l'anima visionaria e folle, anarchico al punto da lasciare Parigi nel 1891 per partire alla volta di Tahiti, alla ricerca di una dimensione selvaggia e ancestrale. Tahiti come la liberazione dalle convenzioni morali, artistiche e politiche dell'epoca, la rottura con la civiltà. La recensione di Gauguin di Edouard Deluc, in sala dal 17 settembre, non può che partire da queste premesse, destinate nel corso del film a evaporare a favore di un biopic anonimo, appiattito sulle convenzioni del genere e che nulla aggiunge sulla vita del maestro del post impressionismo. Il film liberamente ispirato a Noa Noa, il diario illustrato scritto al ritorno a Parigi sui suoi anni polinesiani, ha ben poco delle anarchiche velleità e della visionarietà di Gauguin, persino quando ne avrebbe la possibilità nella rielaborazione romanzata di alcuni avvenimenti.

Dai diari di Gauguin al biopic

Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel in primo piano
Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel in primo piano

La storia di Gauguin, che si concentra principalmente sull'esperienza polinesiana del pittore, si apre sugli ultimi giorni trascorsi dal protagonista nei sobborghi parigini prima di partire per Tahiti. Il regista Edouard Deluc liquida la vicenda in una manciata di sequenze: la moglie (Pernille Bergendorff) rifiuta di seguirlo in quella che si sarebbe rivelata la svolta della sua carriera e che lo avrebbe riportato a Parigi con ben 66 capolavori pregni della natura selvaggia di quei luoghi, e lo lascia partire. Di lei non si saprà più nulla. Lo ritroveremo a Papeete, malato e ridotto in povertà, ma pronto a lasciare l'ospedale contro il parere del medico per inoltrarsi negli angoli più incontaminati e remoti della Polinesia. Qualche tempo dopo nel villaggio di Mataiea, dove per vivere gli bastano una capanna e la sua arte, Gauguin incontra Téhura, una giovanissima polinsesiana, che diventerà sua moglie e la musa che ispirerà molte delle tele realizzate in quel periodo. Peccato che il libero adattamento di Deluc non faccia mai riferimento al fatto che avesse appena tredici anni e che non fosse neanche l'unica di cui Gauguin si circondò approfittando delle difficoltà economiche delle loro famiglie. Il film rimuove di fatto la parte più oscura e controversa della vita dell'artista restituendone un biopic celebrativo, privo dei chiaroscuri di un'esistenza tanto complessa e frammentaria. Così come non si preoccupa di fornire una rappresentazione adeguata della realtà coloniale dell'epoca: cancellata con una superficialità che non ci si aspetterebbe.

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La poesia dei luoghi e lo sguardo dei personaggi

Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel intento a dipingere
Gauguin: Voyage to Tahiti, Vincent Cassel intento a dipingere

Lo sguardo del film sulle donne non è da meno: ragazze mute, cristallizzate nell'iconica immagine della "buona selvaggia", private del diritto di parola se non in qualche fuggevole scambio di battute con il protagonista. Menzione a parte per il lavoro sulla fotografia che restituisce al film una dignità artistica: la luce del crepuscolo e le scene in notturna sono i rari momenti in cui le suggestioni e la poesia di quei luoghi, riescono nell'impresa di riempire gli occhi dello spettatore.

Gauguin 7
Gauguin: una scena con Vincent Cassel, Tuheï Adams

Vincent Cassel fa il suo: i capelli arruffati, la barba lunga, emaciato e con un paio di denti protesici, ha imparato il tahitiano, ha immaginato un'andatura e ha dato vita al suo Gauguin. L'interpretazione di Cassel è completamente al servizio di una regia che lima contraddizioni, inquietudini e tormenti del personaggio a favore di un ritratto agiografico, senza la bellezza delle sfumature e dei moti dell'animo. Del pittore e della sua tensione artistica ed emotiva resta ben poco, se non una performance che fa della fisicità il suo punto forte. Nota di merito per l'attrice che ha il compito di interpretare Téhura, Tuheï Adams: nel volto e nel portamento composto, c'è tutta la grazia e la malinconia delle donne tahitiane dell'epoca, consumate dal lento scorrere del tempo e dall'insolenza di una vita poco gentile. Alla fine del film rimane solo il pallido ricordo di quello che furono il genio e la follia di Gauguin, e delle opere di quegli anni, istantanee di una cultura in declino.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Guaguin con la convinzione di aver assistito a un ritratto che nulla aggiunge sulla vita dell'artista, un biopic anonimo, appiattito sulle convenzioni del genere e privo delle sfumature e della visionarietà che segnarono l'esistenza di Gauguin. Il regista Edouard Deluc ne rimuove di fatto la parte più oscura e controversa, compiendo una scelta ben precisa.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La poesia e la suggestioni crepuscolari dei luoghi.
  • La grazia dell'attrice che dà il volto a Téhura, la donna che sarebbe diventata musa e moglie di Gauguin durante gli anni a Tahiti.

Cosa non va

  • Un biopic celebrativo che rimuove i chiaroscuri della vita di Gauguin.
  • Il racconto procede senza guizzi, privo della tensione emotiva e artistica che caratterizzò l'esistenza del maestro del post impressionismo.