Raccontare la Storia d'Italia rischia sempre di farci finire in un ginepraio narrativo e visivo che ricorda come non siamo produttivamente in grado di affrontare al meglio un period drama. Per fortuna esistono le eccezioni, soprattutto se ambientate in un periodo storico più vicino a noi, soprattutto oggi con gli 80 anni dalla Liberazione d'Italia.

È un'eccezione alla regola infatti **Fuochi d'artificio, la produzione Fandango-Matrioska in collaborazione con Rai Fiction che in tre prime serate (e il rilascio su RaiPlay) vuole raccontare la guerra da una prospettiva nuova, ispirandosi al romanzo omonimo di Andrea Bouchard.
Fuochi d'artificio: ricordando il passato, guardando al presente
Scritta da Marianna Cappi e Susanna Nicchiarelli, diretta da quest'ultima, partendo dall'omonimo romanzo di Andrea Bouchard, la serie Rai ci catapulta nel 1944 tra le Alpi piemontesi. Marta, Davide, Sara e Marco (tutti e quattro interpreti debuttanti o emergenti) sono quattro amici tra i 12 e 13 anni che sognano la fine della guerra e il momento in cui potranno riabbracciare i genitori e i fratelli maggiori, che stanno combattendo per la libertà.

Fin dalla scena iniziale - molto azzeccata - la protagonista Marta, stufa di essere trattata come se fosse più piccola della sua età, deve affrontare col padre un posto di blocco tedesco ma più tardi, raccontando l'accaduto al fratello, si rende conto della propria fortuna. Proprio i bambini sono piccoli e quindi possono entrare in qualsiasi apertura angusta o galleria stretta dove gli adulti non riescono ad infilarsi, e soprattutto non vengono perquisiti dai fascisti.

Elementi non di poco conto che fanno decidere ai quattro di inventarsi un corrispettivo adulto e un nome in codice - Sandokan - da utilizzare per aiutare i partigiani portando loro cibo e messaggi mentre si rifugiavano sulle montagne. In quattro fanno una "persona grande" e questo contribuirà a cambiare il corso della Storia, facendoli rischiare la vita ogni giorno e vivere un'avventura indimenticabile che li unirà ancora di più.
Uno sguardo nuovo ma vecchio nella miniserie
Accanto a loro, ci sono i protagonisti adulti: i nonni di Marta e Davide (Carla Signoris e Bebo Storti, una coppia brontolona ed irresistibile) e il loro papà (Alessandro Tedeschi), che hanno già perso un figlio e un nipote in guerra. Oltre ad alcuni combattenti che incontreranno lungo la strada (Barbara Ronchi e Francesco Centorame - che piacere ritrovarlo dopo C'è ancora domani). Gli interpreti più navigati riescono a guidare i giovanissimi senza risultare invadenti, e a ricordare la durezza e la morte di ciò che si sta raccontando: quelle persone hanno dato la vita per permetterci, paradossalmente, di parlarne liberamente oggi anche in versione fiction.

Allo stesso tempo c'è la spericolata incoscienza della pre-adolescenza che mitiga la gravitas narrativa con momenti più leggeri, ma ricordando sempre l'argomento di fondo. Lo fa anche Susanna Nicchiarelli dietro la macchina da presa, sfruttando quelle location intrise di memoria storica e bilanciando il dramma e la commedia, pur mantenendosi su canoni abbastanza classici di racconto e raccordo. È chiara la passione recente dell'audiovisivo di provare a raccontare quel periodo storico in modo meno pomposo e didascalico e con uno sguardo inedito. Dopo Il treno dei bambini su Netflix abbiamo Fuochi d'artificio, per mettere in scena storie meno conosciute ai più.

La prospettiva di racconto inedita è sicuramente l'aspetto più interessante del progetto, che riesce a coniugare un tono adulto e storico ad uno più "fanciullesco" e ingenuo. Tutto parte da Marta che vuole la pace e non la guerra, la calma invece della tempesta, scendendo a compromessi con una certa violenza per arrivarvi. Un po' quello che vorremmo molti anni dopo anche noi, e che rende questa miniserie importante e attuale, tra i corsi e ricorsi storici d'Italia... e di tutto il mondo.
Conclusioni
Fuochi d'artificio è una serie d'epoca sulla Resistenza d'Italia, che mostra un lato narrativo inedito sulla Storia con la S maiuscola, ovvero quello dei bambini che cambiarono il corso degli eventi accanto ai partigiani. Buone le interpretazioni e interessante il discorso sulla guerra per fare la pace, anche se intrappolato in una messa in scena un po' classica.
Perché ci piace
- La prospettiva inedita.
- Il cast, anche i giovani...
Cosa non va
- ...anche se qualcuno rimane acerbo.
- Una messa in scena un po' classica.