Nello scrivere la recensione di For All Mankind 2, la seconda stagione della serie Apple Tv+ original tornata dal 19 febbraio sulla piattaforma con un episodio a settimana, ci rendiamo conto di quanto ancor di più queste nuove puntate ci ricordino che ci troviamo di fronte a un passato alternativo, e quindi in un period drama sui generis dalle tinte sci-fi sulla corsa allo spazio. Ideata da Ronald D. Moore, la mente dietro quel cult di genere che è stato Battlestar Galactica, il serial è infatti un'ucronia che parte da un what if sostanziale: cosa sarebbe successo se fossero stati i russi e non gli americani a metter piede per primi sulla Luna?
WHAT IF?
Quel grande evento storico soprannominato "Luna Rossa" porta quindi a una sequela di avvenimenti (storici e non) che cambiano la Storia con la s maiuscola, e questo nella carrellata iniziale della premiere della seconda stagione di For All Mankind è subito evidente (si pensi a Camilla divenuta Regina d'Inghilterra). Non solo: in questo secondo ciclo di episodi gli autori scelgono di fare un importante salto temporale narrativo. Ci ritroviamo così catapultati di un decennio al 1983, con i protagonisti maturati, con carriere e famiglie avviate, e in piena seconda "Guerra Fredda" fra USA e URSS per il controllo delle scoperte fatte sulla Luna dalle rispettive squadre di astronauti. Il Presidente in carica è Ronald Reagan, che ha avviato un processo di militarizzazione della Nasa all'interno del Dipartimento della Difesa, portando i vari personaggi a schierarsi da una parte o dall'altra a favore del progetto. Ancora una volta la tematica delle armi in mano all'umanità non passa inosservata, e anzi trova un nuovo terreno di "gioco" nello spazio profondo.
C'è chi ha fatto carriera, dicevamo, come Edward Baldwin (Joel Kinnaman) e Margo Madison (Wrenn Schmidt). Chi ha una figlia, come Edward e Karen (Shantel VanSanten), che ritroviamo nel pieno di un'attività rilevata, chi vive delle glorie passate come Gordo Stevens (Michael Dorman) e chi va avanti anche se non ne sembra del tutto convinta, come la (ex) moglie di quest'ultimo Tracy (Sarah Jones) e la "donna sulla Luna" Ellen Waverly (Jodi Balfour). L'attenzione per i personaggi femminili non è una novità per Moore e For All Mankind non fa eccezione, mostrando nuove dinamiche e nuovi spunti narrativi. Gli eroi e le eroine spaziali devono affrontare ciò che sta accadendo nel mondo, ciò che è successo nell'ultimo decennio, schierarsi e allo stesso tempo trovare un equilibrio personale. Questo perché lo show è un drama prima ancora che uno sci-fi: vuole analizzare e riflettere sulle conseguenze di un evento di tale portata per i personaggi come singoli prima ancora che per la Nasa e per gli Usa come nazione.
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STORIA E FANTASTORIA SPAZIALE
La serie continua a mescolare immagini e video di repertorio a volte riadattati a scene girate dagli attori della serie, e anche se a volte questa collisione stona un po', è molto apprezzabile il lavoro "certosino" svolto. Manca, come nella prima stagione, nonostante i drammi, le difficoltà e le sfide tanto nello spazio quanto sulla Terra affrontati dai personaggi, il sentimento, quel qualcosa in più che leghi davvero il pubblico ai protagonisti, e che renda accessibili e soprattutto comprensibili al pubblico le terminologie e le difficoltà tecniche riscontrate nella corsa allo spazio. O forse dovremmo dire "fantacorsa" allo spazio, data la linea invisibile e parallela alla storia vera che si è delineata fin dal pilot della serie.
For All Mankind si conferma uno show curato in ogni dettaglio della messa in scena, dalla scenografia ai costumi ai video e immagini di ricostruzione storica, ma manca quel quid che arrivi dritto al cuore dello spettatore e non si fermi allo schermo. Ci vuole pazienza nella visione così come nella corsa allo spazio, assistiamo a evoluzioni lente e interessanti, soprattutto dei personaggi femminili, le "donne di Nixon" del ciclo inaugurale ma anche Margo e Karen, che abbiamo visto diventare molto più che una casalinga intraprendente. C'è il patriottismo americano intriso di retorica e la critica allo stesso, anche se la linea narrativa vira più sul primo. Ma allo stesso tempo è tutto statico, incolore, freddo, quasi asettico come le tute spaziali che portano i protagonisti nell'outer space. Rischiando di far rimanere in superficie il pubblico e non riuscire a farlo atterrare.
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Conclusioni
A conclusione di questa recensione di For All Mankind 2 possiamo dire che la serie si conferma uno show curato con un lavoro tecnico certosino dietro, che cerca di bilanciare drama e sci-fi, period drama alternativo e corsa allo spazio, ma non sempre ci riesce e soprattutto rimane spesso in superficie, con una patina di asetticità nei confronti dello spettatore. A cambiare le carte in tavola nei nuovi episodi ci pensa almeno il salto temporale che porterà conseguenze per gli Usa come nazione tanto per i personaggi come singoli.
Perché ci piace
- Il salto temporale di un decennio, che vede i protagonisti cambiati e maturati, porta nuove interessanti dinamiche.
- I personaggi, soprattutto quelli femminili, sono ancora ben caratterizzati con molte sfaccettature.
Cosa non va
- Il lavoro di ricostruzione video storica che inframezza le parti di finzione a volte salta all’occhio ed è poco equilibrato.
- La serie mantiene una patina asettica che rischia di non arrivare al cuore dello spettatore.
- La durata degli episodi è forse eccessiva e si sente a causa del “freno narrativo”.