Dopo la presentazione a Venezia, arriva in sala dal 14 febbraio Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, forse il suo compimento autoriale come dicevamo nella nostra recensione. Eppure la reazione della critica è stata finora fredda e dubbiosa. In attesa di vedere come andrà il film al botteghino per confermare (o smentire) questo trend lanciato da Venezia, non può non venirci in mente un altro titolo che, un anno fa, aveva molti punti in comune: Babylon di Damien Chazelle, quinto film del regista (stessa numerazione per quello italiano), anch'esso bistrattato e quasi non considerato dall'Academy in tempo di Oscar, con cui voleva mettere in scena il marcio della Golden Age di Hollywood, mentre Costanzo prende respiro dai grandi studi di Cinecittà all'epoca dei kolossal. Eppure i due lungometraggi mostrano un destino diverso per le due giovani protagoniste, entrambe affascinanti in modi e per motivi differenti. (Ri)scopriamoli insieme.
Hollywood Babilonia
Babylon prendeva liberamente ispirazione dal libro Hollywood Babilonia di Kenneth Anger uscito in Francia nel 1959 che attraverso gli scandali, i casi di cronaca nera e i retroscena più sordidi della colonia cinematografica di Hollywood nel deserto californiano, voleva mostrare il marcio e lo squallido del boom del cinema dagli esordi fino agli anni '50: uno sguardo (già) disilluso per Damien Chazelle, così giovane, solamente due film dopo quel La La Land che invece aveva fatto innamorare (quasi) tutti poiché dava uno sguardo dolceamaro ma speranzoso verso lo show business. Babylon fu poco apprezzato per il suo essere così crudo e senza limiti - eppure Chazelle dichiarò di aver edulcorato molto rispetto alla realtà storica - e per il suo essere spesso strabordante, ma con un tale studio dell'inquadratura e dei movimenti di macchina per trasportarci in questa Hollywood senza freni, che era impossibile non lasciarsi andare anche noi spettatori oltre lo schermo.
Basti pensare alla sequenza iniziale della festa. Poco apprezzamento nonostante i nomi altisonanti coinvolti - Brad Pitt, Jean Smart, e soprattutto la ragazza aspirante attrice attraverso la quale seguiamo il punto di vista della storia, Margot Robbie, ovvero la starlette Nellie LaRoy. Determinata, capace di piangere da un unico occhio su richiesta e con un numero preciso di lacrime - proprio come l'attrice stessa, incredibile e sottovalutata per questo ruolo. I set folli e immensi, il passaggio dal muto al sonoro, gli afterparty e tutto ciò che girava intorno a quel mondo apparentemente inafferrabile: non manca nulla di Hollywood in questa Babylon, nemmeno un enorme elefante... con tanto di enorme escremento. Mantenere la propria rilevanza e il proprio posto, a qualunque costo: questo l'obiettivo di tutti i personaggi e anche di Nellie, anche a discapito della propria vita.
Babylon: la lettera d'amore di Chazelle alla sua city of stars (and shit)
Cinecittà Aperta
Arriviamo così a Finalmente l'alba, quinta pellicola come dicevamo di Saverio Costanzo, definito come il viaggio lungo una notte di una ragazza che, nella Cinecittà degli anni '50, diventa la protagonista di ore per lei memorabili che da ragazza la trasformeranno in donna. Un percorso simile ma diverso a Nellie, quello di Mimosa, una peculiarità già dal nome, interpretata dalla già promettente Rebecca Antonaci. Anche lei protagonista di una sequenza, durante quella notte scintillante e dolorosa, in cui le sue lacrime diranno tutto, senza bisogno di dialoghi, dimostrando un altro giovane talento con grande padronanza del palcoscenico. In questo caso la nottata che vive è ai limiti del surreale e figlia della fascinazione dell'epoca per gli studi di Cinecittà - dove è realmente stato girato il film, e si vede - da parte del pubblico, che sperava di poterlo varcare anche solo come comparsa. Quello che succede alla protagonista di Costanzo, che non ha la convinzione di Nellie ma saprà trarsi d'impaccio mille volte, parte da una capatina agli Studi solo per accompagnare la sorella, che è stata adocchiata da un produttore o sedicente tale, mentre Mimosa ha un destino già scritto, promessa dai genitori a una vita matrimoniale e familiare con un buon partito.
Finalmente l'alba, la recensione: il compimento autoriale di Saverio Costanzo
Anche qui abbiamo un cast tutt'altro che di poco conto, considerando anche che si tratta in parte di interpreti internazionali: Lily James, Joe Keery di Stranger Things e Willem Defoe, oramai cittadino romano onorario. Nell'omaggiare il cinema degli anni '50 e i grandi kolossal esteri che venivano girati da noi, si ricostruisce l'immaginario Tebe con James e Keery nei panni della Faraona e del suo amante/guerriero, innamorato anche della figliastra. In entrambi i casi non si è badato a spese e le produzioni hanno investito su tutti i comparti, tanto quelli artistici quanto quelli tecnici, tra costumi, scenografie e trucco. Anche in Finalmente l'alba il regista è partito da un fatto di cronaca nera, la morte di Wilma Montesi, una figurante agli Studios trovata morta sulla spiaggia di Capocotta dopo una di quelle notti. Anche qui abbiamo un "animale guida", una tigre che segue Mimosa nel corso della nottata per darle però alla fine un messaggio di speranza. Forse non verrà fagocitata da quel mondo fatto di promesse e luccichii ma pieno di marcio sotto, ma riuscirà ad emergere e a tirare fuori il proprio ruggito interiore: donna, faraona, predatrice.