Falling Skies - Stagione 2, episodi 1 e 2

Il ritorno della serie fantascientifica targata TNT conferma le caratteristiche già evidenziate nella stagione precedente: ad alcuni (strutturali) limiti narrativi si affianca una buona tenuta spettacolare e l'introduzione di alcune interessanti tematiche.

Con l'arrivo dell'estate, e la sospensione (forzata) di molte delle serie di punta del circuito della tv via cavo statunitense, tornano a farsi largo alcuni prodotti collocati strategicamente dai responsabili dei palinsesti in questi caldi mesi estivi. Tra le novità annunciate e i blockbuster ormai collaudati (è di pochi giorni fa la ripresa di True Blood) spiccano serial come questo Falling Skies, già baciato da buoni riscontri di pubblico nella sua stagione iniziale e ora rinnovato per altri dieci episodi. La serie fantascientifica creata da Robert Rodat e co-prodotta da Steven Spielberg, a dire il vero, aveva diviso spettatori e critica nella sua prima stagione, con una buona partenza nelle prime puntate seguita da uno sviluppo narrativo a tratti incerto, segnato da alcune incongruenze e da vistose cadute di ritmo che ne avevano in parte diluito le potenzialità. Ora, questa season premiere di 84 minuti (attesa, in Italia, sul canale satellitare Fox per il 3 luglio) è chiamata ad introdurre una nuova tranche di episodi, da cui ci si aspetta la conferma dei buoni elementi di messa in scena visti nella prima stagione, unitamente a una migliore gestione del racconto e della tensione narrativa. Per capire se tali attese siano state rispettate, va detto che dovremo probabilmente attendere almeno i prossimi episodi: questi Worlds Apart e Shall We Gather at The River, infatti, appena trasmessi negli USA dalla TNT, accumulano interrogativi ed elementi di un certo interesse, segnalandosi per una discreta gestione della tensione ma anche per una costruzione della storia che rinvia ai prossimi episodi la gestione di alcuni nodi fondamentali della storia.


Il primo dei due episodi inizia esattamente dove si era concluso quello che chiudeva la prima stagione: il protagonista Tom Mason, acconsentendo a un'apparente volontà di trattare da parte degli invasori, sale sull'astronave aliena su invito di Karen, fidanzata di suo figlio Hal e ormai plagiata dall'impianto installatole nel corpo dagli alieni. La narrazione si sposta poi in avanti di tre mesi, e ci pone nel bel mezzo di un'azione di guerriglia della Seconda Mass contro gli invasori: il colonnello Weaver sembra aver riconquistato la piena padronanza di sé, il criminale Pope pare ormai aver accettato le regole del gruppo, e tutti sembrano troppo impegnati a sopravvivere per piangere la (momentanea) scomparsa di Tom. L'inizio dell'episodio, ricco di azione, trova il suo culmine con la prevedibile ricomparsa del professore, ferito per sbaglio da suo figlio Ben e frettolosamente soccorso prima della fuga dalla zona di guerra. Da allora, il ritmo della narrazione rallenta, alternando, per tutta la durata di Worlds Apart, il racconto della convalescenza di Tom con quello, in flashback, della sua prigionia e della sua fuga. Si nota subito, nel corso dell'episodio iniziale, una tendenza della sceneggiatura a concentrarsi soprattutto sul personaggio del professore e sul suo nucleo familiare, nel quale inizia ad inserirsi, timidamente, anche il medico Anne Glass, con una certa evidenza legata affettivamente a Tom. Il racconto della prigionia e della successiva fuga (che, più che tale, appare piuttosto una volontaria liberazione da parte dei carcerieri) si snoda a partire dal confronto di Tom con il leader antropomorfo degli invasori, con l'offerta di quest'ultimo di resa, in cambio della cessazione del condizionamento operato sul figlio Ben (ancora sotto l'effetto dell'impianto subito). Si nota subito, in queste prime battute, una certa tendenza al mostrare l'aspetto fisico degli alieni che era finora abbastanza estranea alla serie: c'è dovizia di dettagli sulla forma fisica degli Skitter (di cui, d'altronde, conosciamo ormai l'origine umana) così come viene immediatamente mostrato l'aspetto fisico del leader alieno, decisamente più asettico e (ci si passi il termine) "spielberghiano" nel suo design.

Al di là di qualche lungaggine narrativa (il personaggio della ragazza che aiuta Tom nella fuga, ad esempio, appare del tutto superfluo) e di qualche motivo pretestuoso e portato avanti con poca convinzione (la necessità, subito ovviata, di mascherare agli alieni il calore degli automezzi) la tensione che percorre l'episodio è tutta basata su ciò che non vediamo della prigionia del professore: la sua non accettazione del ricatto degli invasori, infatti, e il suo successivo rilascio (accompagnato dal massacro - registicamente d'effetto - degli altri prigionieri) fanno sorgere più di un dubbio allo spettatore, dubbi ben riassunti dalle parole finali di Pope. Dubbi che acquistano una consistenza più precisa in Shall We Gather at The River, aperto dalla significativa sequenza di un incubo del protagonista, e incentrato da un lato sui preparativi di fuga oltre il fiume da parte del gruppo, e dall'altro sulla sorte del professore, che sembra aver subito un trattamento analogo a quello riservato a suo figlio Ben (che continua fisicamente a mutare, pur contro la sua volontà). I rapporti interni al nucleo familiare di Tom sono di nuovo in primo piano, con il senso di colpa di Ben per aver involontariamente colpito suo padre, la sua consapevolezza di star inesorabilmente trasformandosi in qualcosa di non umano, la sua resistenza e i suoi contrasti col fratello maggiore Hal; e infine il parallelismo della sua storia con quella di suo padre, anche lui evidentemente condizionato dal contatto con gli invasori, anche lui alle prese con un minuscolo corpo estraneo (o forse più di uno) installato nel suo corpo durante la prigionia. Tutto l'episodio, comunque, appare una celebrazione della volontà e della capacità di resistere alla violenza degli Skitter sui corpi (e sulle menti) degli uomini: Ben, che riesce a sfruttare a vantaggio del gruppo le soprannaturali capacità donategli dall'impianto, confessa a suo padre di riuscire a mantenersi umano grazie all'odio da lui provato per gli invasori; quest'ultimo gli risponde, da par suo, che l'odio non è l'unico sentimento che rende umani, e che, se ci si limita ad esso, significa che si è già stati trasformati. Un motivo, quello del parallelismo delle situazioni di Tom e Ben, raccontato in modo semplice ma efficace, e destinato ad essere foriero di interessanti sviluppi nei prossimi episodi: anche perché (l'episodio ce lo mostra in modo chiaro) mentre la mutazione di Ben sta inesorabilmente progredendo, il parassita estratto dal corpo di Tom non è passato senza lasciare segni. L'atto di eroismo del professore negli ultimi minuti, con la sua apparente caduta e la sua (ancora prevedibile) ricomparsa, non cancellerà i dubbi del gruppo sul suo conto.
Luci ed ombre, pregi e difetti, dubbi e domande, si addensano dunque, di nuovo, sull'inizio di stagione di una serie che continua ad incuriosire: nonostante l'apparente conferma di alcuni (strutturali) limiti narrativi, questi due episodi appaiono registicamente di buon livello, sostenuti anche dalla riproposizione di alcuni nodi tematici (la mutazione fisica e mentale) che finora l'intera serie ha solo sfiorato, ma che ci si aspetta entrino in primo piano nelle prossime puntate. Lo sguardo inquieto di Ben, sostenuto dalla buona interpretazione del giovane Connor Jessup (che appare, per ora, tra gli interpreti più efficaci dell'intero cast) promette in questo senso sviluppi interessanti. L'auspicio è che, nei prossimi appuntamenti, tale promessa si traduca almeno in un intrattenimento di buon livello.

Movieplayer.it

3.0/5