1 settembre 1999: Eyes Wide Shut, tredicesimo e ultimo lungometraggio di Stanley Kubrick, morto pochi mesi prima, inaugura la 56. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, l'annata inaugurale della prima gestione di Barbera (allontanato due anni dopo per motivi politici e tornato al timone della kermesse nel 2012). Vent'anni dopo, in occasione di Venezia 2019, il film è tornato al Lido, per omaggiare il ventennale della scomparsa di Kubrick e un pezzo di storia della Mostra stessa, dopo che Cannes, lo scorso maggio ha onorato il cineasta con una proiezione del nuovo restauro di Shining. Un'occasione ghiottissima per rivedere sul grande schermo un'opera importante che ai tempi, come sempre per il cinema di Kubrick, generò reazioni contrastanti a livello di critica (stando a Mark Kermode, il gioco di parole preferito tra i detrattori anglosassoni fu il prevedibile Eyes Wide Shit). 159 minuti di sogni, incubi e ossessioni, preceduti da un corto inedito che sarà presumibilmente incluso nelle nuove edizioni home video.
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Sogno o realtà?
La proiezione è stata preceduta da un breve documentario di otto minuti, intitolato Never Just a Dream: Stanley Kubrick and Eyes Wide Shut. Un ritratto molto schematico della realizzazione, con interventi di persone come la figlia del regista e Jan Harlan, cognato di Stanley Kubrick e storico produttore dei suoi film, che ricorda come il progetto - un adattamento libero di Traumnovelle di Schnitzler - fosse stato opzionato già negli anni Settanta e poi costantemente rimandato perché il grande cineasta non si sentiva abbastanza maturo per affrontare le tematiche del testo (inoltre godeva di un tale credito in seno alla Warner Bros. che poteva tranquillamente annullare progetti in corso senza ripercussioni professionali). Tra problemi di censura (sui quali torneremo nel paragrafo successivo) e un periodo di riprese lunghissimo (il documentario non lo menziona, ma sul set la troupe esasperata ironizzò sul fatto che Kubrick avesse detto che sono tutte scene con due persone che parlano, commentando "Meno male che non erano tre"), è un film avvolto da un'aura mitica, di cui il corto contiene solo alcuni simpatici accenni senza svelare nulla di nuovo, lasciando che sia il lungometraggio stesso a parlare.
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Un'orgia di talento
Mentre a Cannes abbiamo avuto modo di vedere la versione americana di Shining, con mezz'ora di materiale in più rispetto al montaggio che circola in Europa, a Venezia con Eyes wide shut si è verificato il fenomeno opposto, con la proiezione del cut europeo che tutti conosciamo, privo del 4:3 dell'uscita statunitense e della censura sottile a cui fu sottoposto il film.
Sebbene Kubrick avesse il final cut, per contratto doveva consegnare un prodotto con il visto di censura R (Restricted, vietato ai minori di diciassette anni non accompagnati), e avendo mostrato alla Warner il montaggio definitivo una settimana prima di morire non fu disponibile per le modifiche necessarie per la sequenza dell'orgia, che avrebbe comportato il divieto NC-17 (vietato ai minori di 18 anni, visto che tradizionalmente limita il numero di sale in cui circolerà l'opera in questione). Lo studio disse subito che non avrebbero mai tagliato un film di Kubrick (anche se la figlia del regista ipotizza che lui avrebbe tranquillamente rimontato la scena per il mercato americano), e così furono aggiunte delle figure in CGI per mascherare gli atti sessuali più espliciti.
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Noi abbiamo rivisto quella sequenza così come era stata girata, senza aggiunte digitali, ed è proprio quel momento a risultare il più affascinante a vent'anni dal debutto del film, poiché racchiude tutto il senso dell'opera, quello di un sogno - anzi, un incubo - a occhi aperti, tra rituali misteriosi, maschere e unioni carnali a dir poco libertine, nonché la scelta di affidare lo stesso ruolo (Amanda Curran) a due attrici diverse, alimentando ulteriormente l'ambiguità di fondo del progetto. E proprio quella parte cela il segreto meglio nascosto del film, che ha reso particolarmente intrigante la visione nel periodo in cui si festeggia il ventennale: a fine giugno, infatti, il sito americano Vulture ha pubblicato una cosiddetta oral history della sequenza dell'orgia, svelandone tutti i retroscena, di cui uno che praticamente nessuno conosceva fino a quest'anno. Quel segreto riguarda Amanda, come ha svelato Leon Vitali, storico assistente di Kubrick e interprete di Red Cloak, l'inquietante leader della setta: mentre sul set Amanda in forma mascherata era interpretata da Abigail Good, la voce fu ridoppiata da Cate Blanchett, senza che quest'ultima fosse menzionata nei titoli di coda. Un'altra modifica postuma (fu lo stesso Vitali a scegliere l'attrice, su consiglio di Tom Cruise e Nicole Kidman), che aggiunge un nuovo strato di charme surreale a un'opera complessa che ancora oggi, due decenni dopo il suo debutto nelle sale, ha tanto da dire.
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