Scrivere la recensione di Euphoria 2 significa mettere nero su bianco un'esperienza di visione che non ha eguali, almeno al momento, sul piccolo schermo. La serie HBO creata da Sam Levinson torna dopo quasi due anni e mezzo dalla prima stagione riportando in scena le storie tragiche, drammatiche e dolorose di Rue, interpretata da Zendaya, Jules, Cassie e gli altri liceali tra droga, disagio adolescenziale, sesso e identità. Un'attesa lunghissima in parte soddisfatta con i due (meravigliosi) episodi speciali usciti un anno fa. Dimenticate quello stile a suo modo elegante e raffinato: questi nuovi episodi, di cui abbiamo visto i primi in anteprima, vi catapulteranno in un universo enfatico e caotico. Un esagerato delirio sotto steroidi che non ammette vie di mezzo: prendere o lasciare. E se la seconda sia senza dubbio la scelta più facile, a causa di un tono costantemente sopra le righe che può facilmente far scivolare la serie in una pericolosa area scult, perdersi questo emozionante viaggio nel mondo distorto dell'adolescenza problematica di questi strazianti protagonisti sarebbe un errore.
Guardare l'abisso
La trama della seconda stagione di Euphoria riprende le fila dal quel finale in cui avevamo assistito a una rottura tra Rue (Zendaya Coleman) e Jules (Hunter Schafer). Una promessa non mantenuta, un treno non preso, due cuori spezzati (poi approfonditi e sviscerati nei due Speciali). Una ricaduta improvvisa nell'abisso della tossicodipendenza per Rue che chiudeva la stagione con un momento musicale che ci catapultava all'interno delle sue allucinazioni. Sarà questo il tono principale della stagione, che si dimostrerà cupa, drammatica e parecchio dolorosa nonostante i brevi accenni solari. Tutto inizia con una festa di capodanno dove le vite e le storie dei protagonisti si intrecceranno ancora una volta, dando il via ai temi principali degli episodi seguenti. Ritroveremo la coppia problematica composta da Maddy e Nate, continuamente in un limbo tra fedeltà e tradimenti, amore e odio, al contrario di quella composta da Kat, ormai lontana dal mondo dei camshow erotici, ed Ethan (anche se non mancheranno inevitabili dubbi). Avremo modo di approfondire il personaggio di Lexi, la migliore amica di Rue, studentessa modello che negli scorsi episodi era rimasta un po' troppo sullo sfondo, e lo spacciatore Fezco. Infine, seguiremo le vicende di uno dei personaggi più sofferenti e fragili del gruppo: la Cassie interpretata da Syndey Sweeney, mai così emotiva come in questo inizio di stagione. Con un primo episodio, salvo un primo atto, completamente ambientato in un'unica location, Euphoria svela subito le proprie carte: sarà una stagione violenta, senza filtri, dove saranno le emozioni a parlare e che, il più delle volte, avranno a che fare con un disagio esistenziale che farà precipitare i personaggi in un abisso da cui sarà difficile uscire.
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Lo stile delle emozioni
Come raccontare i turbamenti dell'adolescenza? Abbracciandone l'esagerazione costante, trasformare ogni problema, anche i più comuni, in una montagna insormontabile, filtrare il tutto con un peso esistenziale insostenibile. Croce e delizia della serie, elemento che la rende allo stesso tempo così unica nel suo genere e così alienante e criticabile, è il suo stile che mai come in questa stagione si estremizza dando vita a una sequela di videoclip iper-patinati, ossessivi e colorati, tracotanti di stile e virtuosismi, mettendo in secondo piano la pura e semplice scrittura così come normalmente viene considerata. Perché lo stile di Euphoria è esso stesso scrittura, solo che passa attraverso le immagini e il montaggio, tradendo e nascondendo sotto la coltre pop e kitsch il male di vivere dei personaggi. È la contraddizione che ci ricorda il titolo ogni volta che compare in quella sigla quasi assente: la scritta "Euphoria" bianca o colorata, su fondo nero, la musica che rimbomba eppure il logo rimane lì, fisso, immutabile. Un'euforia che sembra mancare. Ed è così che la serie targata HBO decide non solo di descrivere un'adolescenza (ma non solo) problematica senza alcun tipo di limite (solo nel primo episodio troviamo numerosissimi corpi nudi, inquadrature sui genitali, sesso e scatologia, alcol e droghe, pensieri suicidi e violenza), ma ne enfatizza i caratteri trasformando una commedia degli equivoci in un horror o uno slice of life in un thriller ansiogeno, anche se non mancano alcuni momenti più distesi e centrati nel tono. Spesso gli eventi sono al limite del credibile, tra giovanissimi criminali, comportamenti al limite della sospensione dell'incredulità e derive narrative che sembrano girare a vuoto. Si ha la sensazione che Euphoria sia alla continua ricerca di shockare, provocare, rompere schemi e righe di quello che si può rappresentare in televisione, anche se alla lunga il gioco può diventare stucchevole e scivolare nell'autoparodia. Come detto all'inizio: prendere o lasciare.
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Un cast che crea dipendenza
Con una forma così ricercata, particolare ed esagerata, c'è solo un aspetto che deve essere completamente centrato per far funzionare il tutto. Il collante che amalgama e accompagna lo spettatore provocandogli continua fiducia in quello che sta osservando e che lega la scrittura molto ricercata e ricca di dettagli a una visione appassionata. Fortunatamente, Euphoria ha dalla sua un cast incredibile che dà voce e corpo agli adolescenti con una convinzione rara. Tutto il gruppo è così perfetto che non si può fare a meno di credere a tutto quello che accade, provando un'empatia che pochi serial televisivi riescono a permettersi. Procedere nella visione degli episodi diventa quasi una dipendenza perché, sotto tutta la patina kitsch che urla disperazione, ci sono delle personalità a cui ci si è affezionati. Senza citare ancora una volta il talento di Zendaya, vincitrice dell'Emmy proprio per aver interpretato il personaggio di Rue, o di Hunter Schafer, o ancora di Sydney Sweeney o Jacob Elordi, vogliamo concentrarci su due attori che, grazie al maggior spazio a disposizione, danno prova di costruire un ennesimo tassello in questo mosaico vario di personaggi. Stiamo parlando di Angus Cloud, nel ruolo del tossico e spacciatore Fezco, che nonostante sembri monocorde nasconde parecchie sfaccettature da scoprire, e di Maude Apatow che finalmente si apre al pubblico scoprendo una Lexi ugualmente fragile.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione della seconda stagione di Euphoria sentiamo di essere ancora sotto una forte scarica di adrenalina. Lo show HBO di Sam Levinson è diverso da ogni altro teen drama: esagerato, estremo, stilizzato, con una narrazione costantemente sopra le righe dove sono le emozioni a essere messe in scena. Lo stile e alcune scelte di trama possono stancare o mettere a disagio una parte del pubblico, che vedrà una confezione formale impeccabile ma senza un contenuto forte. Chi, invece, sceglierà di scendere nell’abisso insieme a Rue, Jules e tutti gli altri personaggi ottimamente interpretati da un cast eccezionale, che costituisce un vero e proprio cosmo di crisi adolescenziale ed esistenziale, si troverà di fronte a una serie unica nel suo genere, che fa dell’empatia sotto la superficie patinata il suo punto di forza.
Perché ci piace
- La cura formale è un piacere per gli occhi, tra virtuosismi e colori.
- Il cast dà vita a un gruppo di personaggi a cui è impossibile non legarsi.
- La serie punta tutto sull’empatia, mostrando un disagio esistenziale quasi insopportabile, nascosto sotto una superficie kitsch e pop.
- Lo spirito ribelle che mostra il mondo adolescenziale senza filtri non ha eguali e dà vita a una serie unica nel suo genere.
Cosa non va
- Lo stile così estremo e alcune scelte narrative potrebbero risultare sin troppo esagerate e diventare scult.