Can you hear me, can you hear me/ Through the dark night, far away?/ I am dying, forever crying/ To be with you, who can say?
Lo sguardo di sfida che Alexis Robin rivolge alla macchina da presa, dopo essere stato scortato in manette fuori da una cella, è l'apogeo di un incipit raggelante: un prologo in cui la confessione necrofila del ragazzo accresce quel senso di tragica ineluttabilità proprio del cinema noir. E una necessaria premessa alla nostra recensione di Estate '85 è che il nuovo film di François Ozon è per l'appunto, nella sua essenza, un magnifico noir, in cui la voce narrante di Alexis (o Alex, come preferisce farsi chiamare il protagonista) ricostruisce in analessi la vicenda che, nel corso dell'estate del 1985, lo porterà a restare coinvolto nella morte di qualcuno, introdotto come "il cadavere".
Ma il noir, genere congeniale all'autore francese fin dai tempi di Amanti criminali, viene declinato secondo una chiave personalissima: una chiave in cui la spiccata sensibilità queer della prima fase della produzione di François Ozon si intreccia alla sua propensione per il mistero e la suspense, che prende come riferimento modelli quali Roman Polanski e Alfred Hitchcock. Pertanto la fonte letteraria alla base di Estate '85, Danza sulla mia tomba, romanzo del filone young adult pubblicato nel 1982 dal britannico Aidan Chambers, rimane come mera ossatura di un film ozoniano a ventiquattro carati, a nostro avviso il migliore diretto fino ad oggi dal regista e sceneggiatore parigino.
La lunga estate calda
Il trascinante attacco di chitarra e tastiera di In Between Days, intramontabile successo dei Cure del luglio 1985, scandisce il ritorno al passato, lo stacco netto dalla penombra del carcere alla luce abbagliante delle spiagge della Normandia. La fotografia di Hichame Alaouié conferisce ai paesaggi balneari della costa normanna, cornice di tanti amori giovanili del cinema di Eric Rohmer, una languidezza e un calore che accrescono la dimensione sfacciatamente sensuale di Estate '85. Perché il lungo racconto elaborato da Alex, sedicenne biondo con i tratti efebici dell'attore Félix Lefebvre, è innanzitutto questo: una fantasia romantica - ed erotica - in grado di trasfigurare la realtà della memoria, attribuendo all'intera storia una connotazione marcatamente soggettiva.
È un presupposto indispensabile per entrare appieno nel mood del film e per riuscire a calarsi nella prospettiva di questo adolescente ossessionato dal pensiero della morte, ma impaziente di cogliere le nuove esperienze che l'estate ha in serbo per lui. E che si materializzano con l'apparizione quasi fantasmatica, nel mare in tempesta, di quello che è letteralmente il suo 'salvatore': David Gorman (Benjamin Voisin), giovane aitante e dal sorriso sfrontato che non si limita a sottrarre Alex alle onde per condurlo a riva, ma immediatamente dopo gli aprirà l'ingresso della propria casa (e della propria vita), farà in modo di legarlo a sé e susciterà nel ragazzo l'euforia di un desiderio destinato a divampare con sempre maggior forza.
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Cruel Summer: l'educazione sentimentale di Alex
Estate '85 è dunque la cronaca di un'educazione sentimentale e il diario di un amour fou, scritto in prima persona dal protagonista stesso. Per Alex, oppresso dalla convivenza con una madre spenta e sciatta (Isabelle Nanty) e con un padre rigido e anaffettivo (Laurent Fernandez), l'incontro con David è il viatico per un inedito senso di felicità e di eccitazione, e il film va letto in quest'ottica: dalla vivacità eccentrica di Madame Gorman (Valeria Bruni Tedeschi), agli antipodi rispetto alla madre di Alex e determinata a favorire il rapporto fra lui e il proprio figlio (non a caso è lei la prima a spogliare Alex, quasi a porlo idealmente nella condizione di essere 'deflorato' da David), al ritmo forsennato con cui ci vengono presentati i classici topoi sui coming of age, quali le corse in moto con i capelli al vento, quelle sull'ottovolante del luna park e l'euforia delle serate in discoteca.
E ovviamente la selezione musicale contribuisce, insieme con il look dei personaggi e la scelta del formato in 16 millimetri, a restituirci lo spirito del tempo e l'immaginario degli anni Ottanta: Cherchez le garçon dei Taxi Girl, Toute première fois di Jeanne Mas, Cruel Summer delle Bananarama, Self Control di Raf. Con una significativa eccezione che risale al decennio precedente, Sailing di Rod Stewart, la cui lenta, malinconica melodia irrompe repentina nella notte di Alex, in una sequenza concepita come una meravigliosa citazione de Il tempo delle mele: uno dei momenti più emozionanti di un film imperniato sul connubio tra l'infinita tenerezza del primo amore e la percezione di un'indefinita minaccia, una sottile inquietudine che scorre sottopelle e si manifesta attraverso minuscoli dettagli (il coltellino svizzero adoperato come un pettine).
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Quegli oscuri oggetti del desiderio
Si tratta della fondamentale differenza fra Estate '85 e i canonici racconti di formazione sul genere di Chiamami col tuo nome: nella visione di François Ozon (come spesso in quella di Pedro Almodóvar), il sesso è inesorabilmente correlato al pericolo, l'amore è legato a doppio filo alla morte; David non è soltanto un oggetto d'attrazione, ma l'equivalente omoerotico di una femme fatale. Estate '85 è dunque una storia d'amore, ma messa in scena come il più torbido dei noir, a cui non manca neppure l'elemento di rottura per antonomasia, il triangolo; prima di trasformarsi, nell'ultimo atto, in un melodramma spinto fino all'estremo, e sublimato da un gesto - ancora sulle note di Rod Stewart - di un romanticismo disperato e struggente.
Se inoltre, mediante il personaggio del professor Lefèvre (Melvil Poupaud), Ozon recupera l'impianto metanarrativo e la riflessione sulla scrittura già sviluppati in Swimming Pool e nello splendido Nella casa, il tocco del regista si fa sentire in primo luogo nella tensione sessuale che percorre tutto il film, e che sembra perennemente sul punto di esplodere: dalla prossimità con cui la macchina da presa osserva i corpi dei due protagonisti, come a volerne accarezzare la pelle liscia e diafana, a quei primissimi piani intenti a cogliere ogni sfumatura del loro reciproco desiderio, che sia dissimulato a fatica o esibito con provocatoria schiettezza.
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Conclusioni
Non possiamo che chiudere la recensione di Estate ’85 con la constatazione che François Ozon, sintetizzando alcuni fra gli ingredienti-chiave del proprio cinema, ha dato vita a una delle opere più intense, stratificate ed affascinanti della sua carriera, forse il suo capolavoro: un film pervaso da un erotismo incandescente, ma capace anche di muoversi fra i generi, fondendo la classicità del coming of age a un eclettismo tipicamente postmoderno, senza mai perdere il controllo della narrazione. E suggellato da un duplice finale davvero perfetto, in cui il percorso di Alex giunge a compimento, ma al contempo è pronto ad aprirsi alle future navigazioni...
Perché ci piace
- La vividezza, la passionalità e l’urgenza emotiva che François Ozon infonde a questo trascinante racconto di formazione.
- L’abilità nell’amalgamare una pluralità di ingredienti e di suggestioni all’interno di una storia messa in scena come un noir.
- La straordinaria carica erotica che Ozon riesce a veicolare attraverso tutti gli elementi del linguaggio filmico, dalla regia agli attori.
- L’utilizzo di due protagonisti, Félix Lefebvre e Benjamin Voisin, che incarnano alla perfezione i rispettivi ruoli.
- Una serie di scene memorabili, dalla dolcissima citazione de Il tempo delle mele a un epilogo che non avrebbe potuto chiudere il film in maniera migliore.
Cosa non va
- Una catena di svolte narrative che, verso il finale, potrebbe scontentare gli spettatori più tradizionalisti.