A vederli e a sentirli parlare dal vivo, non ci sorprendiamo per l'assegnazione dei ruoli. Era inevitabile che a Edoardo Leo, con quell'atteggiamento genuino e quello sguardo bonario, andasse la parte di David, mentre a Marco Giallini, con quegli occhi furbetti e quel sorriso sardonico, andasse la parte di Marcello. Perché è David ad aver prima ridimensionato via via le sue ambizioni artistiche e poi, all'alba della presentazione di un brevetto importante, a essersi fatto raggirare da Marcello. Che di veramente artistico ha una cosa: saper truffare la gente. All'occorrenza poliziotto, prete o produttore televisivo, Marcello fa perdere a David tutto: fidanzata, casa e lavoro. In cambio, però, gli regala luccicanti speranze, e una nuova vita fatta di brividi e fantasia. È proprio attorno al potere salvifico della truffa, quella romanzesca e non certo quella più reale e nostrana, che Edoardo Leo, Marco Giallini e i registi Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci (regista di fiction e documentari, il primo, mentre il secondo sceneggiatore) hanno fatto ruotare la conferenza di Loro chi?, in uscita con la Warner Bros. il 19 novembre in circa 350 copie.
Generi... e maschere
Per la quantità di generi cinematografici (giallo, commedia, road movie) con cui avete giocato, Loro chi? sembra anche un film che celebra il mestiere dell'attore nel suo innato trasformismo.
Fabio Bonifacci: È vero; non è un caso che il protagonista sia uno scrittore, e che quindi di mestiere inventi storie. Vuole avere una vita più libera ed emozionante, e Marcello ‒ approfittando di questo ‒ lo trae in inganno.
Francesco Miccichè: Marcello è un costruttore di realtà, di modi diversi di rappresentare il mondo. Non so se questo significhi omaggiare il mestiere dell'attore. Di certo Marcello indossa tantissime maschere.
Com'è stato indossare tante maschere?
Marco Giallini: Divertente. Ho anche rischiato di morire, come spesso mi succede: ho preso una "tranvata" alla testa, e per nascondere la ferita Marcello ha dovuto indossare una bandana. Comunque questa è una commedia d'azione, piena di mezzi, barche, macchine: credo che anche per questo ci si diverta a guardarla.
Edoardo Leo: Io ricordo le estenuanti sedute di trucco, che mi hanno fatto capire quanto quello dei truccatori sia un incredibile lavoro di artigianato. Quando dovevo interpretare il barbone, per esempio, la sera facevo docce lunghissime e spargevo pezzi di terra ovunque. Credo molto nella cultura della performance, e temo che la stiamo perdendo. È difficile trovare attori che non abbiano paura di rendersi più goffi e ridicoli (penso a Gassman nei I soliti ignoti, che per quel ruolo si era dovuto imbruttire). Quindi prendere parte a un lavoro così certosino in una commedia è stato molto interessante.
Marco Giallini: C'è da dire che Edoardo Leo entra davvero nella parte: quando doveva fare il barbone, dormiva nel cartone davanti casa mia (ridacchia).
Aneddoti di vita vera, tra millantatori e piccoli incidenti
Fabio Bonifacci: La parte del film che si svolge a Trani, comunque, nasce da un episodio vero. Nel 2000 un truffatore croato senza una gamba si presentò a Manfredonia dicendo di essere me, e con la scusa di scrivere un film ambientato in zona rimase venti giorni lì a pranzare col sindaco; andò perfino a prostitute. Poi l'inganno venne svelato e questa storia finì anche in un libro di Gian Antonio Stella. Così, quando quella che poi sarebbe diventata mia moglie parlò di me con una sua amica, venne messa in guardia: "Attenta, è un truffatore!". L'amica aveva letto il libro.
Francesco Miccichè: Ci siamo presi del tempo per girare la sequenza dell'inseguimento in macchina: era molto importante, anche perché non si vedono tutti i giorni scene simili nella commedia italiana. E poi, Marco, racconta un po' quello che hai combinato.
Marco Giallini: Niente di che. Ho fatto appena appena marcia indietro con la Maserati, mi si è incastrato il piede sotto il pedale, e ho urtato una panchina del Settecento.
Edoardo Leo: E poi hai chiesto: "Chi è che ha messo lì quella panchina?".
Il segreto di una buona commedia
Qual è secondo voi il segreto per creare qualcosa di diverso nella commedia? E tornereste a fare coppia, magari in una serie?
Marco Giallini: Mah, le coppie scoppiano sempre. Comunque io con Leo lavoro bene, lui con me non lo so (sghignazza). Il segreto di una buona commedia è la sceneggiatura forte; questa sceneggiatura, per esempio, è inusuale.
Edoardo Leo: Bisogna avere anche idee produttive nuove, coppie che funzionano. Io e Marco ci trovavamo bene al punto da scherzare anche su un ipotetico seguito del film. Il segreto per una buona commedia, se lo sapessi, non lo svelerei. Comunque siamo stati analitici nella scelta della sceneggiatura: questa non è la classica storia d'amore, ma è la storia di un'amicizia. Stranamente quest'interessante operazione, che va oltre la semplice commedia, rappresenta l'esordio dei due registi.
Una truffa può salvarci
Per fregare qualcuno devi in qualche modo realizzare i suoi sogni
Qui si racconta la storia di un truffato, che non vede l'ora di diventare truffatore. È un tema universale o prettamente italiano?
Fabio Bonifacci: Io sono il classico "truffato".
Edoardo Leo: Pensavo dicessi: "Io sono croato", e poi ti svitassi una gamba (ride).
Fabio Bonifacci: No, no. Quello che volevo dire è che tendo a fidarmi e spesso vengo fregato, anche dai politici con le loro promesse. Ma ciò che su di me esercita un grande fascino è che per fregare qualcuno devi in qualche modo realizzare i suoi sogni. Il truffatore romanzesco porta con sé una ventata di allegria, e ti fa vedere meglio quello che desideravi. Mi sarebbe piaciuto raccontare questa storia senza parlare di truffe, con un personaggio che inventa episodi per il solo gusto di farlo. Ma senza il movente dei soldi, sarebbe risultato tutto poco credibile. Il punto principale, però, è che i due protagonisti inventano storie.
Marco Giallini: Io mi sarei fatto truffare per un mese da Marcello, pur di credere in qualcosa di grande! Certo, senza perdere tutto quel denaro.
Edoardo Leo: Beh, io ho creduto a Babbo Natale per sette-otto anni: di fatto, sono stato truffato! A volte ho avuto la tentazione di dire ai bambini che Babbo Natale non esiste, ma sarebbe stata una cattiveria inutile. Noi imbrogliamo continuamente per far credere l'altro in qualcosa. Senza entrare nel discorso della legalità, per David quella truffa è stata illuminante.
Fabio Bonifacci: Del resto esiste un legame molto forte tra arte e truffa. Un bel film fa ridere, o piangere, ma non è reale: in fondo è una truffa.
Quando Marcello dichiara che la legislatura italiana dà incentivi ai truffatori, il film diventa politico?
Fabio Bonifacci: Il problema è che nelle truffe italiane si può rivendicare sempre: "Io non lo sapevo". Non ci si mette mai la faccia. In questo film nessuno può dire: "Io non lo sapevo"; la truffa in prima persona, però, evidentemente non va molto di moda.
Il tema dell'identità e del doppio
Francesco Miccichè: Il discorso sulla truffa è senz'altro interessante, ma l'altro discorso fondamentale è quello sull'identità. Il personaggio di Marcello potrebbe non esistere ed essere frutto dell'immaginazione di David. Volevamo raccontare una storia sul doppio: David, infatti, a sua volta racconta un'altra storia. Abbiamo disseminato piccoli segnali, ma ci teniamo che il tema del doppio emerga.
Edoardo Leo: Non è un caso che il sottotitolo del film sia "Scegli tu a chi credere".