Recensione Io vi troverò (2008)

Le esagerazioni della trama non sono soltanto pretesto per dialoghi al limite del ridicolo e scene d'azione talvolta pacchiane, sullo sfondo di una Parigi da cartolina o di periferie europee degradate. Vi è infatti, quale aggravante, una fastidiosa tendenza a enfatizzare la cattiveria di soggetti provenienti da determinate aree geografiche.

Ecce Rambo

Scritto e prodotto dall'infaticabile Luc Besson per la regia amica di Pierre Morel, Io vi troverò è un action movie che fa a pugni con il buon senso e col proprio anacronismo dall'inizio alla fine, mettendoci più o meno la stessa costanza di cui dà prova il protagonista Liam Neeson nel fare invece a pugni, ma volendo anche calci, pistolettate e lanci di coltello, con qualsiasi avversario gli si pari davanti. L'attore irlandese, che in passato aveva prestato il suo volto serio e intenso persino a Michael Collins, si ritrova qui in un ruolo che pare riciclare i peggiori stereotipi da eroe americano anni '80, di quelli fieramente determinati a porre ordine in un mondo minacciato da nemici mai domi, attraverso l'unico strumento persuasivo in loro possesso: sparare verso tutto ciò che si muove. Ad accompagnare l'azione ecco l'inevitabile codazzo di affermazioni perentorie e battute da macho indistruttibile, riassumibili nel paradigma: "Sto venendo a cercarvi, liberate gli ostaggi oppure morirete tutti". E se il buon vecchio Liam sembra comunque divertirsi a interpretare un personaggio così tosto, prima delle riprese deve essersi ripetuto più volte, con tono serafico: ecce Rambo.

Per chiunque ritenga che l'accostamento sia esagerato, l'invito è a confrontarsi con alcuni dei dialoghi e delle situazioni in cui rimane invischiato Bryan, il personaggio di Neeson, cercando di rimanere seri. Eppure, l'inizio faceva sperare in un minimo di ironia, se non addirittura di approfondimento psicologico, in più. I presupposti del racconto potevano quindi esser sfruttati meglio, con un ex agente dei servizi segreti americani ritratto mentre fa baldoria coi vecchi colleghi, in una sorta di pre-pensionamento dovuto al desiderio dell'eroe, apparentemente arrugginito, di rinunciare alle ardite missioni di un tempo per recuperare il rapporto con la figlia. Come si evolve invece il soggetto? Tanto per cominciare, il nostro Bryan si dimostra molto più tonico di qualsiasi altro agente in pensione, accettando di lavorare nella security di una giovane pop star stile Britney Spears dei poveri e riuscendo subito a sventare un attentato ai suoi danni. Ma questo è solo il prologo americano. L'inarrestabile agente Bryan dà il meglio di sé nel corso di una lunga e movimentata trasferta a Parigi, dovuta al rapimento della figlia da parte di spietati criminali intenzionati ad avviare lei e la sua amica del cuore alla prostituzione. In questa pittoresca variazione sul classico tema della "tratta delle bianche", il campionario di avversari abbattuti come birilli dal robotico Bryan è quanto mai vario: truci albanesi che agiscono indisturbati nella capitale francese, rapendo turiste sempre più giovani per poi ridurle in schiavitù; agenti transalpini un tempo colleghi di Bryan e ora così corrotti, da negargli qualsiasi appoggio; un improbabile sceicco con panfilo ancorato sulla Senna, che avvalendosi della protezione di guardie del corpo armate fino ai denti partecipa ad aste clandestine, pur di ampliare il proprio harem. Probabile che qualcuno gli abbia prestato il dvd di Hostel: Part II...

Le esagerazioni della trama non sono soltanto pretesto per dialoghi al limite del ridicolo e scene d'azione talvolta pacchiane, sullo sfondo di una Parigi da cartolina o di periferie europee degradate, ma rivelano in controluce tendenze ancor più nefaste: ad esempio quella a enfatizzare la cattiveria innata di soggetti provenienti da determinate aree geografiche, come nella tradizione di parecchi blockbuster americani. Vale a dire che, almeno rispetto alle produzioni bessoniane più riuscite, Io vi troverò si relaziona al genere senza evidenziare quei tratti picareschi e ironici, grazie ai quali prodotti di tal fatta riescono a compensare certe banalità di fondo. Se Luc Besson e il sodale Mark Kamen fanno fatica a rendere credibile una sceneggiatura così logora, il regista Pierre Morel non è da meno: fattosi le ossa quale direttore della fotografia di opere come The transporter, Danny the Dog e il recentissimo Rogue - il solitario, il cineasta ha già esordito alla regia col rocambolesco e non disprezzabile Banlieue 13, mentre qui finisce per esibire poca personalità, persino nella confezione delle scene di lotta e inseguimento a lui più congeniali.