Recensione Unico indizio la luna piena (1985)

Un sanguinoso, indigesto polpettone trash per un'ora e mezza di noia, teste che volano con disinvoltura, banalità gratuite e tanto sangue.

E la pallottola non fa centro...

Quando Unico indizio la luna piena uscì nelle sale, ero solo un ragazzino, ma ricordo che mi incuriosì moltissimo: era uno dei primi horror ai quali assistevo e la figura del lupo mannaro mi aveva sempre affascinato e terrorizzato. Nonostante queste premesse il film mi deluse non poco: nessuna scena mi colpì al punto tale da restare indimenticata negli anni a venire, nessuna emozione e nessun brivido oltrepassarono lo schermo per scuotermi. Erano gli anni Ottanta, per me ed altri miei coetanei erano gli anni in cui il cinema si sostituì alle favole ed in cui Freddy Krueger si materializzò nella nostra fantasia - ma soprattutto nei nostri incubi - come il nuovo Uomo Nero.

Tra le tante favole di celluloide, Unico indizio si distingue perchè è una favola che è stata raccontata da un uomo che è stato bambino molto tempo prima di me, e che ha saputo descrivere in maniera sublime l'universo dei bambini e degli adolescenti: Stephen King firma prima un libro strutturato in modo particolare, che in origine doveva essere un calendario , e poi la sceneggiatura del film diretto da Daniel Attias; ebbene King, così straordinario nell'evocare la magia e le sensazioni perdute dell'infanzia e dell'adolescenza, tra le pagine dei suoi romanzi, diventa incredibilmente sintetico quando si tratta di adattare le sue storie per il grande schermo e taglia via ogni traccia di magia e di introspezione psicologica e il tutto si riduce ad un'ora e mezza di noia, teste che volano con disinvoltura, banalità gratuite e tanto sangue.

Il film narra di un paesino atterrito dal girovagare funesto di un licantropo, e di alcuni dei suoi abitanti, tra cui Marty Coslaw, un ragazzino costretto alla sedia a rotelle e la sua famiglia. Marty ha la sventura di incontrare il licantropo, ma riesce a sfuggirgli e lo ferisce con un enorme petardo; nei giorni successivi inizia ad indagare sulla vera identità della bestia: chi potrà mai essere? Qualcuno che vive in paese, o un forestiero? E chi sarà la prossima vittima? Mentre l'indagine si sviluppa e giunge al termine, tra una zampata furiosa e una testa che vola non mancano gli intermezzi coloriti che dovrebbero stemperare la tensione - se mai ve ne fosse traccia - ed invece compromettono seriamente l'attenzione dello spettatore: sembra quasi di assistere ad una sit-com datata, un sanguinoso, indigesto polpettone trash pieno di personaggi ridicoli, interpretati in maniera penosa, a livelli di recita scolastica.

Sorvolando sulla fotografia - sciatta e anonima - ci si aspetterebbe che almeno gli effetti speciali di Carlo Rambaldi possano salvare il film e renderlo almeno interessante, dal punto di vista tecnico, ma anche il suo licantropo è ridicolo: a parte che non assomiglia ad un lupo, ma ad un curioso incrocio tra un pipistrello e un orso, ma a chi può fare paura un fantoccio peloso con gli occhi che sembrano due lampadine rosse? Non si può che restare perplessi, visto che stiamo parlando dell'uomo che ha dato vita ad E.T. - L'extra-terrestre, Alien ed allo spaventosissimo pupazzo meccanico di Profondo Rosso.
Unico Indizio, dunque non si può nemmeno considerare alla stregua di quei film cui gli amanti dell'horror sono legati affettivamente, come gli svariati Venerdì 13: è un film decisamente brutto e noioso, senza mezze misure, e non è neanche abbastanza trash da essere un cult. Ma d'altronde non si poteva pretendere che da un racconto che non è tra i migliori di King, uscisse un capolavoro: quanti sono i bei film tratti dai romanzi dello scrittore del Maine? Davvero pochi. E le possibilità che Unico indizio ha di essere forse il peggior film tratto da un'opera di King sono davvero troppe.

Movieplayer.it

1.0/5