"Dune è solo uno Star Wars per gente che ascolta i Tool". Abbiamo trovato questa definizione su Facebook, e ci sembrava il modo giusto per iniziare a parlare del rapporto tra due classici della fantascienza, così lontani così vicini. Dopo aver visto la nuova versione di Dune, firmata da Denis Villeneuve, al cinema dal 16 settembre, ci era venuta in mente la definizione, meno suggestiva, di "uno Star Wars per adulti". È una definizione che vuole dire tante cose, che assume su di sé potenzialità ma anche rischi. Dune e Star Wars sono in ogni caso due oggetti di culto. Ma, se nel caso di Dune il culto è il romanzo di Frank Herbert, nel caso di Star Wars è una saga cinematografica fortunatissima. Al cinema, al contrario, Dune finora era stato un caso piuttosto sfortunato: dopo il film mai realizzato da Alejandro Jodorowsky, nel 1984 era uscito un film di David Lynch, un prodotto schiacciato tra la visione autoriale del regista e l'ambizione di Dino De Laurentiis di farne una space opera più commerciale sull'onda proprio del successo di Star Wars. Ma Dune, il primo romanzo della saga di Herbert, uscì nel 1965, parecchi anni prima che George Lucas cominciasse a pensare al suo Star Wars. Lucas lesse quel libro, e il mondo di Guerre stellari deve sicuramente molto a quello creato da Herbert.
L'eletto e il Prescelto
Sia in Dune che in Star Wars tutto ruota intorno a una figura speciale, salvifica, se vogliamo anche cristologica. In Dune si parla di una profezia, dell'arrivo di un Eletto (The One), che ristabilirà la pace nell'universo, e che sarà capace di comportarsi come i popoli delle terre in cui arriverà pur non avendo avuto nessun insegnamento. In Star Wars si cerca il Prescelto, colui che riporterà l'equilibrio nella Forza, il nuovo cavaliere Jedi, l'ultimo erede di un ordine di persone che un tempo era numeroso ma che è stato eliminato ed è in via di estinzione. Entrambe le storie sono un romanzo di formazione e di consapevolezza del ruolo da parte di un giovane. È Paul Atreides (Kyle MacLachlan nella versione del 1984, Timothée Chalamet in quella del 2021) nel mondo di Dune. È Luke Skywalker (Mark Hamill) in quello di Star Wars. Il loro percorso è costellato di sfide, di nemici, ma anche di dubbi. In Dune sentiamo Paul dire di non essere sicuro di essere il futuro di casa Atreides. Nell'Episodio V della saga di Lucas, L'impero colpisce ancora, vediamo Luke nel duro allenamento su Dagobah combattere contro i propri incubi e contro se stesso (la famosa sequenza in cui, sconfitto Darth Vader, vede se stesso sotto la maschera). In Star Wars si è Jedi grazie alla Forza, un potere che si acquista dalla nascita (l'avevano spiegata con i Midi-chlorian, ma poi ci hanno rinunciato). In Dune, Paul sembra essere diventato l'Eletto grazie a una serie di tentativi genetici, unico figlio maschio di una casta, le Bene Gesserit, che avrebbe dovuto dare alla luce solo figlie femmine. Nel Dune di Villeneuve, come in quello di David Lynch, uno dei primi indizi grazie a cui qualcuno capisce che Paul potrebbe essere l'uomo di cui parla la profezia è quando indossa la tuta distillante dei Fremen nel modo corretto, senza averla mai vista prima.
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La forza e la voce
Già, la Forza. Quell'elemento che pervade l'universo di Star Wars è qualcosa che dà dei poteri enormi. Chi possiede ed è in grado di controllare la Forza ha una mente potentissima, capace di spostare gli oggetti con veemenza, ma anche di controllare e condizionare le menti, e le decisioni, di chi ha vicino. I poteri delle Bene Gesserit, che sono quelli che sta acquisendo il giovane Paul, si limitano invece al secondo aspetto, il controllo della mente. Paul, e sua madre, come tutte le Bene Gesserit, sono in grado di usare una "voce", che fa fare qualsiasi cosa a chi la ascolta. In questo senso, il lavoro sul suono fatto dalla troupe di Denis Villeneuve nella sua versione di Dune, è particolarmente riuscito: la "voce" è spettrale, spaventosa, suggestiva. È la voce perfetta per impartire un ordine al quale nessuno può rifiutarsi di obbedire.
Tattoine come Arrakis
Ma George Lucas deve molto a Frank Herbert anche per quanto riguarda il pianeta al centro di tutto. Arrakis, il pianeta dell'universo creato da Herbert che è fondamentale perché produce la spezia, la sostanza più preziosa, è un pianeta arido, desertico, molto ostile. Il paragone con Tattoine, il pianeta dove Luke Skywalker vive con i propri zii, e dove capitano R2-D2 e C-3PO, è evidente. Mirabilmente ricreato da George Lucas grazie alle location suggestive trovate in Tunisia, Tattoine è chiaramente ispirato ad Arrakis. A parte l'aspetto estetico, Arrakis e Tattoine sono molto diversi. Prima di tutto, Arrakis è un pianeta chiave per la sostanza che produce, e non a caso è al centro della disputa tra le casate degli Atreides e degli Harkonnen. Tattoine, invece, sembra essere un posto di cui non si cura nessuno, in cui le persone vivono di attività modeste. Non è un caso che Luke venga portato lì, in fondo, per essere nascosto. E poi c'è la vivibilità. Arrakis viene descritto come un pianeta inospitale, invivibile: il caldo del deserto, con il sole alto, è insopportabile, ed è impossibile attraversare il deserto senza le tute distillanti che trasformano il sudore in acqua potabile. Per non parlare dei giganteschi vermi che sbucano dalla sabbia. Tattoine, sin dalle prime immagini, al netto dei predoni, è un ambiente dove in qualche modo si riesce a vivere.
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La spezia i viaggi nell'iperspazio
La spezia è così preziosa perché libera la mente, e permette di viaggiare senza spostarsi. Soprattutto nella versione di David Lynch, questo potere viene mostrato in modo molto simile a quello che è il salto nell'iperspazio dei film di Star Wars. Ma è un potere che, appunto, è dato da una sostanza magica. In Star Wars, questo viaggio tra due dimensioni è possibile soprattutto grazie alla tecnologia, ai motori potenti di certe astronavi, come il Millennium Falcon. A proposito di spezia, è nominata anche in Star Wars, ma è un elemento citato per dei discorsi sui traffici commerciali, una sorta di MacGuffin per far progredire la storia, ad esempio creare problemi tra Han Solo e Jabba The Hutt.
L'impero, il bene e il male
Dune, come Star Wars, è in fondo il racconto di una lotta tra il Bene e il Male. Definiti anche dal loro aspetto fisico, gli Atreides, eleganti e colti, e gli Harkonnen, ferini e mostruosi (più grotteschi nella visione di Lynch, più simili a dei monaci in quella di Villeneuve) rappresentano il Bene e il Male. In entrambe le saghe, al centro della gerarchia della galassia c'è l'Impero. L'imperatore di Dune non è certo una persona limpida. Ma, mentre il Palpatine di Star Wars è un despota assetato di morte, e distruttore in prima persona, tramite il suo comandante Darth Vader, l'imperatore di Dune è più uno di quei sovrani shakespeariani che tramano alle spalle degli altri. Nella versione di David Lynch l'imperatore entra in scena dall'inizio e svela subito il suo piano, far scontrare gli Harkonnen e gli Atreides per sconfiggere questi ultimi. In quella di Villeneuve è ancora, per il momento, defilato.
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Star Wars, più universale di Dune
L'impressione, dopo aver visto il Dune di Denis Villeneuve, è la stessa che era rimasta dalla visione del Dune di David Lynch. Quella di una saga molto diversa da Star Wars, più adulta, riflessiva, compassata. La storia di Dune, al netto del tocco di follia portato da Lynch ad alcuni personaggi, è un racconto più solenne, più cupo, quasi sacrale. La storia e il mondo creati da George Lucas sono più eclettici, fantasiosi, a tratti fiabeschi. La miriade di influenze che Lucas è riuscito a portare nel suo mondo ne fanno qualcosa di più universale, capace di raggiungere un pubblico più ampio, a conquistare i bambini, ma anche a lasciare qualcosa in loro anche una volta grandi. E a conquistarne di nuovi. Dune ci sembra un universo più chiuso, destinato più a cultori, ad appassionati di fantascienza. La messinscena rigorosa di Denis Villeneuve fa sì che il suo Dune sia diventato un blockbuster d'autore, un ossimoro affascinante che però è anche rischioso nel momento di affrontare il box office. Quello di Dune è un pubblico potenzialmente meno ampio di quello di Star Wars. Ma la sfida di Denis Villeneuve (quella di costruire una saga) per essere vinta avrà bisogno anche del pubblico. Di un grande pubblico.
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