Recensione Don’t Worry: Joaquin Phoenix incarna il tormento e cinico umorismo di John Callahan

La recensione di Don't Worry: Gus Van Sant mette in piedi un toccante spaccato della vita di John Callahan e si avvale delle ottime performance del suo cast, guidati da un emozionante Joaquin Phoenix.

Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jack Black in una scena del film
Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jack Black in una scena del film

È un personaggio affascinante e problematico quello che ci racconta Gus Van Sant in Don't Worry (Don't Worry, He Won't Get Far on Foot è il titolo completo originale, lo stesso del libro dello stesso Callahan al quale lo script si ispira), un toccante spaccato della vita dell'artista americano, che si muove con intelligente sicurezza tra il dramma e la commedia, e si avvale delle intense, ottime performance del suo cast di interpreti, guidati da un emozionante Joaquin Phoenix. Un film che, presentato in concorso al Festival di Berlino, dimostra come La foresta dei suicidi sia stato solo un errore per il regista di Da morire ed Elephant.

Un film che illustra come l'umorismo sia qualcosa di innato, che si ha o non si ha. Ma il tono e le sfumature che può prendere la carica ironica di una persona sono influenzate dalle esperienze che vive. Che il vignettista John Callahan interpretato da Phoenix abbia un gran senso dell'umorismo è infatti ovvio, ma la nota di umorismo nero e politicamente scorretto che caratterizza i suoi lavori non può che essere figlia della sua turbolenta esistenza: nato nel 1951 e adottato quando era ancora piccolissimo da una famiglia dell'Oregon, ha avuto un passato da alcolista ed è diventato paraplegico in seguito ad un incidente d'auto ad inizio anni '70, a soli 21 anni.

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Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jonah Hill in una scena del film
Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jonah Hill in una scena del film

In fondo al baratro

Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jack Black in una scena del film
Don't Worry, He Won't Get Far on Foot: Joaquin Phoenix e Jack Black in una scena del film

Come tutte le storie che sanno di redenzione, anche quella raccontata da Gus Van Sant in Don't Worry inizia dal suo punto più basso, dal baratro in cui John è precipitato a causa dell'alcool: vediamo la sua esistenza allo sbando, che culmina nella nottata dell'incidente che lo lascia paralizzato dalla vita in giù, arrivato al termine di una serata insieme al compagno di bevute Dexter, l'uomo alla guida dell'auto. Dexter ne esce a fortuna quasi illeso, ma non è così per John, che addormentatosi in auto si risveglia direttamente al pronto soccorso. È il momento più basso per John, che riesce a trovare la forza di risollevarsi grazie all'aiuto del gruppo di alcolisti anonimi di cui entra a far parte, ed in particolare di quello che sceglie come proprio sponsor, l'hippie Donnie che riesce a dargli la forza di rimettere in sesto la propria esistenza.

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Percorso di redenzione

Don't Worry: Jonah Hill in una scena del film
Don't Worry: Jonah Hill in una scena del film

È il problematico rapporto di dipendenza dall'alcol che funge da binario per il doloroso percorso di redenzione di John Callahan, dalla dipendenza che lo porta al momento più basso e difficile della propria vita alla lotta con se stesso, non solo per uscire dall'alcolismo, ma per superare i sensi di colpa e la sofferenza che l'abuso cercavano di mascherare, nascondere e affogare. Un tormento che Joaquin Phoenix è abile ad incarnare in tutte le sue sfumature, costruendo una rappresentazione di Callahan solida e credibile, mettendo in scena un personaggio problematico per i suoi eccessi ed affascinante per il cinico approccio alla realtà. Una figura che trova il suo sorprendente contraltare in un altrettanto fantastico Jonah Hill, magnetico nei panni di Donnie, in versione hippie e con biondi capelli lunghi.

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Politicamente scorretto

Don't Worry: Joaquin Phoenix e Rooney Mara in una scena del film
Don't Worry: Joaquin Phoenix e Rooney Mara in una scena del film

Non c'è, però, solo tormento nel John Callahan di Don't Worry: ricamato tra le maglie di un script misurato e ben costruito, c'è tutto l'irresistibile umorismo nero di Callahan, che emerge nel suo approccio alla vita, nei dialoghi e nelle vignette che tracciava tenendo con entrambe le mani, con tratto zoppicante eppure così sicuro. Vignette che Gus Van Sant non rinuncia a mostrarci per accompagnare la crescente consapevolezza di quell'arte del suo Callahan, come pietre miliari di quel cammino verso la salvezza che abbiamo accennato: vediamo John tracciarle con sempre maggior sicurezza, mostrarle con orgoglio in occasione delle prime prestigiose pubblicazioni, animate a tutto schermo per renderle con cinematografica potenza, in un film che si muove con passione, dolcezza e generosità attorno al suo magnetico protagonista, accompagnato dalle note jazz di Danny Elfman e lasciandoci con la voglia di approfondire la figura e l'opera dell'artista che racconta.

Movieplayer.it

4.0/5