Dolemite Is My Name, recensione: Eddie Murphy e Netflix porteranno la blaxploitation agli Oscar?

La recensione di Dolemite Is My Name: il biopic di Craig Brewer può contare su un Eddie Murphy in splendida forma e su una storia folle ma irresitibile.

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Dolemite Is My Name: Eddie Murphy in una scena del film

Come potrete facilmente intuire dal resto di questa recensione di Dolemite Is My Name, quella di Rudy Ray Moore è una di quelle storie incredibili ma vere. Proprio per questo motivo, il film distributo da Netflix è sì un biopic a tutti gli effetti, ma anche e soprattutto una commedia molto divertente e irriverente su un cinema lontano e spesso dimenticato come quello della blaxploitation anni '70.

Come vedremo, Dolemite Is My Name è facilmente accostabile ad un altro film degli ultimi anni piuttosto simile, The Disaster Artist. Ma, a differenza del film che aveva permesso a James Franco di vincere un Golden Globe come miglior attore, qui c'è un'atmosfera nostalgica e quasi magica che lo avvicina in qualche modo anche ad un sentito omaggio ad un'intera epoca: non vorremmo sembrare blasfemi o troppo azzardati, ma non sarebbe poi troppo sbagliato considerare questo film alla stregua di C'era una volta a... Hollywood, in chiave black ovviamente. E con un numero di parolacce e volgarità tali da far arrossire, per una volta, perfino Quentin Tarantino.

C'era una volta... la blaxploitation

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Dolemite Is My Name: Eddie Murphy in una scena del film

In pochi oggi, ancor più in Italia, conosceranno la storia di Rudy Ray Moore: cantante e stand-up comedian di scarso successo, all'inizio degli anni '70 Moore decise di dare una svolta alla sua vita professionale "rubando" spunti e materiale dalla strada, e registrando degli album in cui recitava battute e rime dai contenuti molto espliciti, se non addirittura osceni. Ovviamente, parliamo degli stessi anni in cui prendeva piede l'industria dei film pornografici, il successo fu immediato, e fu così che Moore decise di imbarcarsi in un progetto ancora più ambizioso e assurdo: un film tutto suo in cui, pur senza alcuna esperienza, avrebbe portato sullo schermo il suo personaggio simbolo, Dolemite, un pappone appena uscito di galera, "esperto" di Kung-fu e pronto a farsi giustizia da solo contro dei poliziotti corrotti.

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Dolemite Is My Name: Eddie Murphy, Mike Epps, Craig Robinson, Tituss Burgess, Da'Vine Joy Randolph in una scena del film

Non vi spoileriamo nulla, visto che parliamo di fatti realmente avvenuti, se vi diciamo che alla fine riuscirà a coronare il suo sogno, il suo Dolemite sarà un successo gigantesco in tutti gli Stati Uniti tanto da avere diversi sequel. Quello che è più importante, però, è che il personaggio di Dolemite è diventato nei decenni a seguire un vero e proprio simbolo: Moore è considerato sia il padrino/antesignano del rap, che il primo grande comico "a luci rosse", un qualcosa di assolutamente unico soprattutto per un uomo di colore visto che all'epoca comici come Richard Pryor o Bill Cosby cercavano in tutti i modi di entrare nelle grazie anche del pubblico bianco cercando di annullare le differenze culturali. Moore invece scelse di sfruttare gli sterotipi e di unire tutti gli elementi che già stavano funzionando del cinema blaxploitation alle sue (volgarissime) caratteristiche.

Eddie Murphy punta all'Oscar con ruolo che è dinamite pura

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Dolemite Is My Name: Mike Epps in una scena del film

Se Moore era un personaggio più unico che raro, Eddie Murphy, come ben sappiamo, pure ha una carriera di tutto rispetto. L'attore di 48 ore e Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills negli ultimi decenni si era concentrato molto di più sui film per famiglie (vedi Il professore matto o Il dottor Dolittle), ma qui evidentemente ritorna molto indietro nel tempo, a quando egli stesso era uno stand-up comedian noto per il gran numero di profanità e sfottò. Dire però che l'Eddie Murphy di Dolemite Is My Name è solo volgarità e battute a sfondo sessuale sarebbe un errore madornale: il suo Rudy Ray Moore è un personaggio a 360°, ricchissimo di sfumature. È un tributo ad un grande e bizzarro personaggio, ma è anche un omaggio ad un cinema che non esiste più se non nei ricordi di coloro che hanno visto cambiare, anche grazie a Dolemite, non solo i film, ma anche la considerazione dell'intera industria cinematografica.

Anche per questo Dolemite Is My Name è un film importante per il pubblico black ed anche per questo potrà forse dire la sua ai prossimi Oscar, perché è sì una commedia (ma in fondo lo era anche Green Book lo scorso anno) ma dal gran cuore e offre uno sguardo niente affatto banale ad un periodo in cui Hollywood era completamente assente nel cuore e nelle sale degli afroamericani. La sceneggiatura di Scott Alexander e Larry Karaszewski - già autori di due grandi (e altrettanto bizzarri) biopic d'autore quali Ed Wood e Man on the moon - riesce a rappresentare tutto questo in maniera esemplare ed Eddie Murphy completa il tutto con una performance divertentissima e oltraggiosa, ma che non sconfina mai nella parodia. Dopo esserci andato molto vicino nel 2007 con Dreamgirls, Eddie Murphy questa volta proverà a vincerlo davvero l'Oscar, questa volta addirittura da protagonista: chissà se la sua celebre risata riuscirà a sovrastare quella del Joker di Joaquin Phoenix.

Conclusioni

Come averete intuito dalla nostra recensione di Dolemite Is My Name, il film di Netflix è molto radicato nella cultura e società USA e forse proprio per questo motivo potrebbe non convincere fin in fondo il pubblico italiano. Anche se la storia, incredibile ma vera, di Rudy Ray Moore è davvero affascinante e sarebbe un peccato perdersela. Così come sarebbe un peccato perdersi un Eddie Murphy straordinario, degno dell'Oscar, e forse alla migliore interpretazione della sua carriera.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Una sceneggiatura solidissima che ben racconta la bizzarra storia di Moore ma anche le atmosfere dell'epoca.
  • Eddie Murphy può davvero puntare all'Oscar: la sua interpretazione è divertentissima, sfaccettata ed anche emozionante.
  • Il cast di contorno, sebbene spesso oscurato dal gigantesco protagonista, è di alto livello e può contare su alcune comparsate davvero ad effetto: Wesley Snipes, Chris Rock, Snoop Dogg e perfino Bob Odenkirk.
  • Il film è molto divertente, soprattutto quando racconta il backstage del film del 1975...

Cosa non va

  • ... anche se, va detto, in questo senso le somiglianze con The Disaster Artist sono notevoli. E sì, lo sappiamo che sono entrambe storie vere.
  • Molti spettatori, soprattutto non americani, potrebbero non essere altrettanto interessati alla vicenda: per loro il film potrebbe avere un valore, artistico ma anche socio-culturale, inferiore.