Django, la recensione dei primi due episodi della nuova serie Sky: un western che parla al nostro tempo

Grande co-produzione internazionale tra Italia, Germania, Francia e Inghilterra, l'ultima iterazione di Django diretta da Francesca Comencini si presenta come uno show ambizioso per tematiche e respiro ma forse poco chiaro in termini identitari.

Django Interpretato Da Matthias Schoenaerts
Django: un primo piano di Matthias Schoenaerts nella serie Sky/Canal+

Dopo le parole di autori e cast sulla nuova produzione Sky e Canal+, arriva il momento di analizzare l'incipit della serie diretta da Francesca Comencini nella nostra recensione dei primi due episodi di Django. Due puntate su dodici totali, per giunta long form e dunque di circa un'ora ciascuno, equivalgono ad appena un quinto del percorso narrativo e visivo. Si scalfisce appena la superfice introducendo soprattutto i diversi protagonisti del racconto e strutturando all'osso relazioni e fazioni in campo. Principalmente due: New Babylon, comunità utopica nel post-Guerra Civile americano improntata all'accoglienza e all'inclusione, e una città a poche miglia di distanza chiusa e soffocata invece in un torbido torpore conservativo e religioso. Fondatore della prima è lo schiavo liberato John Ellis (Nicholas Pinnok), sagace e dedito alla sua gente, mentre alla rigida guida della seconda troviamo Elizabeth (Noomi Rapace), intransigente e spietata leader di questo gruppo consolidato e violento di fondamentalisti cattolici. Questa la cornice dello storytelling, che si sviluppa in un faccia a faccia tra integralismo e progresso tra queste due comunità, dove Django (Matthias Schoenaerts) è uno straniero giunto a New Babylon alla ricerca di un'importante persona del suo passato, Sarah (Lisa Vicari), la figlia che pensava perduta da tempo.

Il nuovo western europeo

Django Lisa Vicari E Sarah
Django: Lisa Vicari in una scena della serie tv

Tra le molteplici iterazioni di Django in 55 anni di storia, questa proposta da Francesca Comencini su sceneggiatura di Maddalena Ravagli, Francesco Cenni e Michele Pellegrini è la prima in formato televisivo. Un titolo ragionato con topos narrativi differenti per scopo e dimensione, ri-elaborando qualcosa da sempre appannaggio del cinema per il piccolo schermo, partendo da zero. E infatti la serie Sky è concepita come un prodotto a se stante tanto diverso dai cult di Sergio Corbucci quanto lontano dal film di Tarantino. Vuole e riesce ad essere un prodotto nuovo con una marcata identità personale, differente dallo spaghetti western tout court e invece afferente al genere in sé, che sfrutta per raccontare infatti il presente partendo dai personaggi. Non dimentica però il glorioso passato degli anni '70, scegliendo certo di sobbarcarsi il peso di un nome specifico per proporlo comunque sotto una nuova lente d'ingrandimento, più europea e drammatica, intima e analitica, tanto dei protagonisti quanto delle argomentazioni che tratta.

Django Matthias Schoenaerts E Django
Django: un primo piano di Matthias Schoenaerts nella serie Sky/Canal+

È un modo di concepire la serialità oltre lo spettacolo e la richiesta mainstream, che nasce dalla volontà di tentare di confezionare uno show di genuina ambizione cinematografica, tecnicamente valido e curato, con ottimi interpreti internazionali e tematiche profondamente attuali declinate nel genere, con sferzate d'epica e d'azione a condire il tutto. Fa poi tesoro di molte lezioni: recupera pezzi dai cult del '66 e del '87 con Franco Nero (la bara c'è ma non come potreste immaginare), continua a interessarsi della questione afro-americana come da ispirazione tarantiniana, guarda a Godless e al suo grande esempio western d'empowerment femminile, a un look visivo profondo e - qui sì - americano. Non ruba né scimmiotta ma interiorizza, razionalizzando un concept originale che sa parlare ai nostri tempi con giusto spirito critico e di ribellione, in un processo d'eradicazione delle contraddizioni e dei cambiamenti insiti nella natura umana e sociale.

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Un viaggio ancora lungo

Django  Noomi Rapace E Elizabeth
Django: Noomi Rapace in una scena della serie Sky/Canal+

Le impressioni sono più che buone, dunque. Si basano anche sulle interpretazioni e i dialoghi tra gli attori, accuratamente scelti per i ruoli. Schoenaerts richiama ad esempio nei suoi lunghi silenzi e nello sguardo penetrante l'indimenticabile Nero, pur essendo un pistolero in crisi intima, emotiva e d'ideali. Una performance in sottrazione, la sua, che trova in una grammatica stoica e minimalista la chiave di volta per decifrare un personaggio che ha ancora molti veli da scoprire, soprattutto in relazione alla figlia. La Vicari nei panni di Sarah è credibile e in parte, tanto espressiva e malinconica quanto fisica e guerriera, figura positiva dell'empowerment sopra citato in contraltare con la Elizabeth della Rapace, paradossale, contraddittoria, stratificata al cuore. A convincere è in generale più o meno tutto il cast, ma il percorso è ancora molto lungo e l'evoluzione delle storyline aperte sarà molto importante per comprendere il valore dei protagonisti, dei loro obiettivi e delle relazioni. In due episodi, abbiamo assistito a una regia composta ma estremamente piacevole e ragionata.

Django  Nicholas Pinnock Interpreta John Ellis
Django: Nicholas Pinnock in una scena della serie Sky/Canal+

La Comencini e i co-registi della serie si muovono impavidi e sicuri: i panorami sorprendono, i campi lunghi funzionano, le scenografie sembrano davvero complesse e costose, specie quella di New Babylon.
Si avverte l'amore per il progetto, ma una prima (?) stagione da 12 episodi è dura da affrontare e i rischi sono enormi: ripetizioni, superficialità e perdita di ritmo sono i nemici dietro l'angolo, mentre l'onere della prova ricade anche sulle virtù estetiche e contenutistiche da mostrare agli spettatori, mantenendo costante la qualità formale e tematica del racconto. La partenza è discreta, fattore proverbialmente positivo, ma a contare sono anche il viaggio e la meta, e in questo senso Django ha solo mosso i primi seppure significativi passi.

Conclusioni

In conclusione di recensione, Django - La Serie si rivela una promettente quanto ambiziosa iterazione del leggendario pistolero con la bara. È un prodotto ben confezionato nei suoi aspetti tecnici e interpretativi, votato a sfruttare il genere per raccontare crisi, mutamenti e contraddizioni della società contemporanea attraverso una storia ricca d'intimità e confronti e sferzata dalla giusta dose d'epica e d'azione. La curiosità è molta e il primo impatto positivo. Allacciate le scarpe e presa la via, speriamo che Django possa affrontare viaggio e conclusione con la stessa passione mostrata in partenza.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.6/5

Perché ci piace

  • Il Django di Matthias Schoenaerts, composto e spavaldo, feroce ed emotivo allo stesso tempo.
  • Il grande e ricercato protagonismo femminile con Noomi Rapace e Lisa Vicario, centrali nell'economia del racconto.
  • La regia di Francesca Comencini
  • Un progetto con un'identità chiara e specifica...

Cosa non va

  • ... che però perde tutto o quasi dell'identità spaghetti-western precedente, facendo storcere il naso agli estimatori della prima ora di Corbucci.
  • La carne al fuoco è davvero tanta.
  • Convince ma non avvince.