Il paradigma sarebbe semplice se partissimo dal simbolico finale ma, tenendo conto che l'epilogo è di quelli impressive, di certo non ci caliamo negli spoiler. Sarebbe ingiusto, stupido e poco professionale rovinarvi la visione anticipando una conclusione che, secondo noi, è tra le migliori degli ultimi anni (concedeteci un volo pindarico!). Allora, come lo stesso Park Chan-wook, facciamo il giro largo, e ci concentriamo sull'equazione iniziando dal principio: Decision to Leave, dietro gli aspetti da neo-noir (come è stato giustamente definito) è un film sulla rivelazione (e rivoluzione) dell'amore nel suo stato più astratto ed esistenziale. I misteri da risolvere sono un pozzo senza fondo, in un'immersione che porta giù tutto, sommergendoci: il ritmo, i personaggi, la trama, gli umori, la schematicità che torna, mentre l'amato regista sudcoreano destruttura la sua propensione narrativa verso la violenza e il sesso (Oldboy, Lady Vendetta e The Handmaiden) per tracciare un'opera sull'ossessione che diventa ossessiva, girando la pagina dell'amore come condivisione assoluta, nonché prioritaria nei confronti dei propri istinti.
Ecco, nel nostro approfondimento, proviamo a spiegarvi quanto Decision to Leave risponda ai canoni romantici dello Sturm und Drang, facendo incontrare il sentimento e la razionalità, l'irrazionale al classicismo. Lo notiamo nell'approccio registico, che infatti esplode nel finale, e lo notiamo forte nella sua falsa linearità narrativa. Che vuol dire? Che Decision to Leave, come le stesse ossessioni dei protagonisti, è solo apparentemente leggibile: superata la prima ora (sono due ore abbondanti) ci rendiamo conto di quanto sia un rompicapo che gioca sul montaggio, sulla tensione erotica (mai esplicita, solo suggerita dal tremito delle mani, spesso al centro dell'immagine) e sulle pause temporali che rendono il tutto più poetico e volutamente irrisolto. La sensazione è che sia la stessa ossessione a sedurci, portandoci a riflettere su cosa possa voler dire amore e disperazione.
Le conseguenze dell'amore
Un confine sottile, scavalcato dal protagonista, il detective della omicidi Hae-jun (Park Hae-il) che, sposato, si arrovella per capire cosa nasconda davvero Seo-rae (Tang Wei), un'affascinante e misteriosa immigrata cinese sospettata di aver ucciso suo marito. La segue, la pedina, la spia. Sommessamente, le entra dentro la vita, affrontando gli incubi di un tradimento mai del tutto consumato eppure più forte di ogni trasgressione sessuale. Perché Hae-jun, frustrato dalle notti insonni e dai casi aperti, viene totalmente rotto da Seo-rae. Si inceppa, si spinge oltre il territorio conosciuto, finendo in una scatola cinese.
La bussola morale (in fondo è un poliziotto) perde il nord e finisce per prendere parte ad un gioco di ruolo in cui ogni dettaglio è soppesato per essere vitale nell'economia della storia. Ma Park Chan-Wook fa di più: la ricerca della giustizia (iniziale) entra in conflitto con gli interessi romantici, alterando gli equilibri passivi e umani di Hae-jun. Una situazione che si sviluppa accennando ad Alfred Hitchcock, a Brian de Palma e, pensate un po', al capolavoro Ossessione (guarda caso) di Luchino Visconti, con gli elementi amorosi sviluppati in modo fugace, trattenendo gli impeti passionali o le esagerazioni visive. Ora che ci pensiamo, sono gli stessi echi de Le Conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino: attenzione a ciò che desiderate, potreste pericolosamente ottenerla.
Le donne di Park Chan-wook: da Lady Vendetta a Decision to Leave
Effetti collaterali
Una sottrazione non meno potente e autentica, che esalta la languida storia d'amore tra Hae-jun e Seo-rae. Entrambi, e di conseguenza anche noi spettatori (meravigliati, inquieti, frustrati, coinvolti), scelgono di giocare secondo le regole del genere accettando le conseguenze delle proprie azioni che, inevitabilmente, supereranno il limite concepito. Masticati dall'amore e da una scottante ossessione, simile all'incessante scrollare di uno smartphone.
Ma Decision to Leave, presentato a Cannes 2022 (dove ha vinto il Prix de la Mise en Scène) e ingiustamente ignorato dagli Oscar 2023, si insinua piano negli anfratti più intimi, snobbando le parole e ponendosi nel mezzo di due anime (probabilmente?) gemelle. E il punto è questo: il linguaggio anfibio di Park Chan-wook mostra i benefici dell'ossessione in rapporto ai propri effetti (in)desiderati, mettendo sullo stesso piano l'ossessività, la possessività e l'amore stesso. Un'addizione cinematografica dall'impatto estremo e rivelatorio: invertendo l'ordine degli addendi il risultato non cambia.