Se c'è un genere che sta impazzando in tv e sulle piattaforme e sta facendo impazzire gli spettatori negli ultimi anni questo è sicuramente il crime. I polizieschi e procedurali appassionano da sempre il pubblico, complice quella passione quasi vojeuristica per la cronaca nera, che poi si specchia nei casi fittizi o tratti da storie vere visti nella serialità. Se però prima erano una forma d'intrattenimento che si poteva anche guardare distrattamente - il corrispettivo drama delle sitcom - negli ultimi anni si sono non solo evoluti in nuovi formati - come il podcast, figlio dei radiodrammi di un tempo - ma hanno anche reinventato se stessi, mescolando i generi e prendendosi anche bonariamente in giro, per sopravvivere e rimanere attuali. Come l'ultimo arrivato The Afterparty su Apple Tv+, di cui il 4 marzo è arrivato il finale. Cogliamo quindi l'occasione - complice anche l'arrivo su Top Crime dell'ultimo prodotto legato al franchise di Law & Order: Organized Crime, per fare un breve excursus sulla passione innata per il crime in tv.
In principio erano i procedurali
Come dicevamo, inizialmente i crime venivano percepiti e "venduti" (nel senso di pubblicizzati) come un intrattenimento da poter vedere anche distrattamente, o comunque senza un fil rouge che unisse tutte le puntate, poiché i detective - o gli avvocati - erano sempre gli stessi e cambiava solamente "il caso della settimana" (dicitura utilizzata poi in vari ambiti dell'audiovisivo e della serialità anche in altri generi). Casi che rispecchiavano quanto si leggeva sui giornali o ne prendevano ispirazione. È così che fecero la fortuna franchise come Law & Order - I due volti della giustizia e NCIS - Unità anticrimine e relativi spin-off ma anche gialli classici come La signora in giallo o Colombo ben prima, e CSI: Scena del crimine negli anni duemila, sempre con relativi spin-off, mostrando un nuovo punto di vista sulle indagini criminali, più scientifico e meno action, proprio per l'evoluzione della tecnologia.
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Poliziotti corrotti e serial killer
Prima i protagonisti erano detective integerrimi di cui interessava anche relativamente la vita familiare e personale, se non quegli sprazzi tra un episodio e l'altro, poi ci si è concentrati su poliziotti corrotti di cui far vedere anche il lato più oscuro e marcio, come in The Shield e The Wire. Si è poi passati a guardare più da vicino, nell'abisso, sull'altra faccia della medaglia: i serial killer, portando al successo serie come Criminal Minds, The Mentalist e Mindhunter, ma anche Hannibal, Dexter il serial killer dei serial killer tornato di recente con un revival, The Fall e così via. La passione del pubblico per gli antieroi - sempre per il voyeurismo di vedere qualcosa che non si avrebbe mai il coraggio di mettere in atto - va a braccetto con quella per i serial killer, specchio della società che spesso criticano e denunciano. Infine ci si è indirizzati verso serie antologiche e quindi c'era più il "caso della settimana" ma veniva messo al centro del racconto quello stagionale/seriale, mostrando anche come a volte il lavoro investigativo logori una persona se non impara a separarlo dalla propria sfera personale. Ne sono esempi The Killing, American Crime Story e Murder in the First.
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Omicidio, ti sento
Con il ritorno in auge dei podcast negli ultimi anni, quelli che vanno per la maggiore sono proprio quelli true crime, scimmiottati spesso anche nella serialità stessa: gli esempi più recenti e più lampanti li possiamo trovare in Only Murders in The Building, nel revival Dexter: New Blood con quello "scherzoso" che prende il nome da un gioco americano, "Merry F*cking Kill". Il true crime quindi "crea dipendenza" perché basato sulla realtà, sulla storia della porta accanto ma ai limiti del reale, così come le docu-serie di genere, oramai uno dei fil rouge dei contenuti di Netflix ad esempio. Storie sanguinolente e possibilmente vicino a casa propria, per sentirsi attratti e allo stesso tempo terrorizzati, un mix irresistibile per lo spettatore avvolto nel proprio plaid sul divano.
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Il teen mystery drama
Parallelamente all'ibridazione con altri generi, anche il teen drama è stato coinvolto nel processo. Ecco spiegato il proliferare di teen mystery drama: dalla detective story Veronica Mars che omaggiava il giallo classico da colpo di scena e ha permesso al mondo di scoprire il talento di Kristen Bell, al teen pop e dark di Gossip Girl e Pretty Little Liars (e relativi spin-off e reboot) fino ad esempi più recenti. Tra questi il "fenomeno" tratto dai fumetti Archie Comics Riverdale, che inizia proprio come un enorme mistero che coinvolge i giovani protagonisti, l'ancora inedita in Italia Dead of Summer e la da poco arrivata Uno di noi sta mentendo, che ha tentato di unire malamente The Breakfast Club ad alcuni titolo già citati. Quasi un voler aggiungere gravitas a una vita adolescenziale già complessa e complicata come spesso viene dipinta oltreoceano.
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La crimedy
Ecco che a questo punto arriva l'ultima invenzione per "sopravvivere" e differenziarsi nella bulimica offerta seriale contemporanea. Già messa in atto nelle comedy che erano dark e mescolavano generi - come Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane, Ugly Betty, Devious Maids, l'ancora inedita in Italia Why Women Kill, la sottovalutata Pushing Daisies che univa anche l'elemento supernatural e romantico, proponendo una durata da drama di 40 o 50 minuti - ora le ha trasformate in vere e proprio comedy da mezz'ora, che invece scimmiottano, prendono in giro e allo stesso tempo celebrano il genere crime raccontandolo in salsa comedy. Ne vengono fuori esperimenti stranissimi che rendono estrema la reazione degli spettatori (assoluto amore o profondo disgusto) nei confronti del prodotto, come La donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra, che a suo modo ha provato a fare il verso a La donna alla finestra e alla suspense hitchcockiana. L'omaggio al giallo classico e al noir è merito di Steve Martin con la sua Only Murders in the Building, che insieme a Martin Short e Selena Gomez abbraccia addirittura più generazioni, e che prende in giro proprio gli appassionati di podcast e di true crime, che si improvvisano detective nella vita reale, di cui parlavamo qualche riga sopra: più metà-televisivo di così!
Arriviamo all'ultima proposta di Apple TV+, The Afterparty, che già dal plot promette un incontro esplosivo: un omicidio avvenuto durante una reunion scolastica, uno dei topoi della narrazione statunitense, sede di antichi rancori, gelosie e coming of age irrisolti. Qui non solo si scimmiotta e celebra ciò che rende il crime tale - compresa la detective che invece di utilizzare un metodo investigativo classico vuole sapere le storie personali e romantiche dei protagonisti perché ci si appassiona, e perché alla fine sa che porteranno alla verità. Gli autori Philip A. Lord e Christopher Miller (quelli di the Lego Movie) hanno avuto la brillante idea di celebrare in ogni episodio un genere attraverso il racconto di ognuno dei sospettati: la commedia romantica (che è quella che ha una durata maggiore degli altri anche perché introduttiva), l'action, l'horror, il teen movie, addirittura l'animazione e così via. La serialità continua a evolversi e a trovare nuovi modi per raccontare non solo la società che ci circonda ma anche se stessa, scherzando e (ri)guardandosi allo specchio e domandandosi: quale sarà il prossimo trucco per appassionare e terrorizzare il pubblico?