Recensione Bellas Mariposas (2012)

Il film si giova della divertita e briosa interpretazione delle due giovani attrici, fresche e spontanee, ma lo sfasamento tra il mondo mostruoso in cui vivono ed il racconto leggero e ironico non sembra mostrato con il giusto equilibrio da Mereu.

Come farfalle

Cate è una ragazzina che vive nella periferia di Cagliari in una casa molto povera con tanti fratelli, una madre devota quanto basta e un padre perdigiorno che non ha mai lavorato in vita sua, accontentandosi di ricevere la pensione di invalidità. Non è un uomo che brilla per simpatia, affezionato com'è ai suoi riti onanistici, consumati davanti alla tv nel bagno, e alle adolescenti da cui è attratto. Per sopportare quella famiglia Cate cerca in tutti i modi di salvaguardare il sogno di diventare una cantante famosa come Marco Carta o Valerio Scanu. A dare un senso a quei giorni c'è l'amore segreto per l'occhialuto Gigi, figlio di una procace vicina di casa e preso di mira dai bulli del quartiere e un'amica del cuore, Luna, che con lei condivide tutto, quasi come fosse una sorella. Quando il fratello Tonio minaccia di uccidere il suo Gigi, Cate fa di tutto per impedire che la tragedia si compia.


Presentato nella sezione Orizzonti della 69.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Bellas Mariposas di Salvatore Mereu è liberamente ispirato all'omonimo racconto postumo di Sergio Atzeni, libro diventato un fenomeno di culto tra le giovani generazioni della Sardegna. Appena 60 pagine in cui la protagonista si racconta ai lettori, con qualche 'ricciolo' di troppo, ossia tra mille divagazioni che la allontanano dalla trama principale, immergendosi nella realtà desolante del suo quartiere attraverso un salvifico e funambolico flusso di coscienza. La volontà di raccontare la storia, in verità molto esile, dall'inedita prospettiva di una ragazzina tosta e poco propensa a scendere a patti col mondo degli adulti, permea anche il film, visto che il regista affida direttamente al volto di Cate, l'esordiente Sara Podda, il compito di tenere le fila del discorso.

Facendo rivolgere la protagonista direttamente agli spettatori, che vengono cercati e interpellati da Cate, Mereu stabilisce una sorta di patto col pubblico; non si tratta di un giochetto ammiccante, ma la reale volontà da parte dell'autore di aderire in tutto e per tutto alle istanze della giovane protagonista. Eppure di queste due adolescenti, che come le farfalle del titolo stanno trasformandosi, diventando delle donne, poco si sa. Il regista si limita a ritrarle nel loro piccolo universo dove il tempo è scandito da pochi incontri positivi, senza però rivelarne davvero i pensieri, nonostante siano in primo piano grazie alla voce off di Cate. Con tono allegro e spensierato la piccola parla di un mondo terribile, in cui le figure femminili sono disperate e costrette a subire abusi di ogni tipo (agghiacciante la sequenza in cui Samantha, la ragazza facile del quartiere, si prostituisce con il padre di Cate per mantenere al sicuro un terribile segreto che la riguarda). E se cercano una via d'uscita a quell'avvilente panorama possono rivolgersi solo ad esseri quasi ultraterreni come la Coga Aleni (una Micaela Ramazzotti non proprio all'altezza di un ruolo così particolare), una strega che sa leggere il futuro e si esprime in versi come una poetessa. La lunga giornata che dovrebbe portare all'ammazzamento di Gigi non è che un giorno come tanti per le bambine, confinate in una periferia che le imprigiona e che è popolata da losche figure. Il film si giova della divertita e briosa interpretazione delle due attrici (Luna è Maya Mulas), fresche e spontanee, ma lo sfasamento tra il mondo mostruoso in cui vivono ed il racconto leggero e ironico non sembra mostrato con il giusto equilbrio; troppo profonda è a parere nostro la spaccatura tra questi due piani, gestita da Mereu con una buona resa nella prima parte, quando protagonista assoluta è la voce di Cate, ma via via sempre più traballante.

Movieplayer.it

2.0/5