Il tempismo dell'uscita italiana di Cocainorso, dal 20 aprile in sala, è davvero incredibile: proprio in questi giorni si discute sul destino dell'orsa JJ4. In effetti il film stesso nasce da una storia vera, assurda: nel 1985, in Georgia, un orso bruno di 80 chili fu trovato morto, dopo aver mangiato diversi chili di cocaina, guadagnandosi il soprannome di Pablo Eskobear o Escobear. Siamo seri.
Il film di Elizabeth Banks, alla terza prova dietro la macchina da presa dopo Pitch Perfect 2 (2015) e Charlie's Angels (2019), parte dal fatto vero per costruire una storia più complessa, che intreccia quella dell'orso, di una famiglia e di un gruppo di criminali intenzionati a recuperare il carico di droga caduto da un aereo. Nel cast di Cocainorso Ray Liotta, all'ultimo ruolo, Keri Russell, Alden Ehrenreich, O'Shea Jackson Jr. e Margo Martindale.
Il vero orso ha fatto una seconda brutta fine: è stato impagliato e oggi è esposto in un centro commerciale in Kentucky. La regista Elizabeth Banks invece ha usato la sua storia per fare un film che unisce orrore e commedia, provando a essere un B-movie con intenzioni più alte: come ci ha detto lei stessa, voleva esorcizzare il caos della pandemia attraverso quest'orso arrabbiato e strafatto di droga.
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Guardi gli orsi in modo diverso adesso?
In realtà no, perché questo orso in particolare si è imbattuto in qualcosa che non avrebbe mai dovuto conoscere. Il vero problema di questo film sono gli esseri umani! E la droga che fanno cadere. Leggendo la storia vera ho empatizzato con l'orso: mi è dispiaciuto molto che sia stato una vittima collaterale del traffico di droga. Penso che il personaggio di Henry dica la cosa più giusta: "Siete voi il problema, è tutta colpa vostra, niente di tutto questo sarebbe successo se non ci fosse stati voi". Quindi non ho niente contro gli orsi. Mi piacciono ancora.
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Cocainorso: una metafora della pandemia
Questo orso arrabbiato sotto effetto di droga può essere anche una metafora: cosa rappresenta per te?
Ho letto la sceneggiatura ad aprile 2020: per me un orso sotto cocaina è stato una metafora del caos scoppiato nel mondo. Non c'è niente di più caotico di un orso fatto di cocaina. Dirigere questo film è stato come addomesticare quella confusione e tirare fuori le persone da quel trauma. L'umorismo è stato importante: volevo davvero dare alle persone un'esperienza collettiva attraverso cui sfogare tutto il caos e il trauma che ci ha circondati. Ma anche dare la possibilità di ridere con i propri amici: dopo il cinema possono andare a prendersi una birra e stare insieme.
Cocainorso: i veri villain sono gli esseri umani
Dicevi che le persone qui sono i veri villain: ma guardando il poster sembra che il cattivo sia proprio l'orso. Quindi secondo te cosa rende tale un antagonista?
Le intenzioni. Quest'orso non vuole fare niente di male. Per me in questo film ciò che rende cattivi i villain è la loro arroganza, la loro avidità. Non riescono a lasciar andare: devono rimettere le mani su quella borsa piena di soldi, non importa chi si mette sul loro cammino. Non vedono altro.
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Cocainorso: Weta ha realizzato l'orso
Hai corso molti rischi con questo film: pensi sia importante farlo? Abbiamo tanti sequel, tanti film tutti uguali, invece questo è molto insolito. Quanto è stato importante per te buttarti?
Amo quanto sia unico questo film. Onestamente ho fatto il film che avrei voluto vedere. Lo faccio sempre: mi impegno solo in cose che vorrei vedere anche io. Scelgo attori che vorrei vedere in situazioni divertenti, mi piace sorprendere il pubblico. Il grande rischio qui è che l'orso non era mai sul set: non sapevamo che aspetto avrebbe avuto, se avrebbe distratto gli spettatori, risultando finto. Ho dovuto fare un intero film senza la star del film! È una cosa davvero spaventosa. Ci siamo tenuti tutti per mano e ci siamo buttati. Sono molto felice di averlo fatto e che abbia funzionato. Gli artisti della Weta sono stati partner fantastici: hanno creato loro l'orso.