Claudia Gerini ha cominciato a muovere i primi passi nel cinema con Sergio Corbucci, ha sempre voluto fare l'attrice e ci è riuscita interpretando donne che dalla commedia al dramma, al cinema di impegno civile si sono imposte nell'immaginario collettivo: dalle ciancicanti coatte di Viaggi di nozze e Sono pazzo di Iris Blond con Carlo Verdone, al più recente A mano disarmata dove ha interpretato la giornalista di Repubblica Federica Angeli, finita sotto scorta dal 2013 dopo le sue inchieste sulla mafia a Ostia.
Fino a oggi quello dell'attrice romana è stato un viaggio che l'ha portata ad attraversare quasi trent'anni di cinema e tv: il primo rimane il suo grande amore, la seconda l'ha portata da Gianni Boncompagni, negli anni '90 con Non è la Rai, a Netflix grazie al ruolo di Sara Monaschi in Suburra 2. La incontriamo per questa intervista a Benevento, al Festival Nazionale del Cinema e della Televisione dove è protagonista della piece teatrale Raccontami Monica Vitti.
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Monica Vitti veniva evocata già nel tuo spettacolo teatrale Storie di Claudia. Questa volta come ce la racconti?
Monica Vitti è stata ed è non soltanto un simbolo di bellezza e talento, ci ha raccontato tante donne e emozioni. Ci ha fatto sognare regalandoci interpretazioni indimenticabili, era una figura di donna non convenzionale rispetto ai canoni dell'epoca, erano gli anni delle maggiorate, della Loren e della Lollobrigida. Si è imposta nell'immaginario della cinematografia nazionale e internazionale in un modo originale e unico, con uno straordinaria misura nel saper essere comica e drammatica allo stesso tempo. Sono onorata di poter raccontare per immagini e con l'accompagnamento di un'orchestra il suo percorso e il suo amore per il cinema.
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Sei reduce dal set di Hammamet di Gianni Amelio. Che film dobbiamo aspettarci?
Interpreto un'amante di Craxi non meglio identificata, che non corrisponde a nessuna figura storica precisa, sarò una donna innamorata che andrà a trovarlo nei suoi ultimi mesi di vita. Ci dobbiamo aspettare un film di grande poesia, ricco di metafore e suggestioni; Gianni Amelio è uno degli ultimi grandi maestri del nostro cinema. Ho letto la sceneggiatura e l'ho trovato un racconto molto toccante sul tramonto di un grande uomo politico, narra un segmento importante della nostra storia e della nostra politica.
Un personaggio regala sempre qualcosa al suo interprete, ma anche un attore lascia un pezzo di sé dentro a ogni ruolo. Tu cosa hai lasciato ai tuoi personaggi?
Tecnicamente regali il tuo corpo, il viso, i capelli e la tua anima, ti plasmi, ti trasformi. Io mi porto dietro le cose che ho visto e che ho negli occhi, le delusioni e i sentimenti provati, perché penso che un attore debba vivere la propria vita fino in fondo per avere più esperienze possibili e cogliere così le tante sfumature dell'animo umano, che riproporrai in un'altra chiave nei vari film. Cambiare pelle come nel nostro lavoro vuol dire vivere al cubo. Ho donato tanto, ma dai miei personaggi ho anche ricevuto molto. Con qualcuno mi è anche capitato di pensare che avrei voluto avere una vita un po' più simile alla sua.
Ad esempio con chi?
Il personaggio che ho invidiato di più forse è quello della ricca e cattiva, come in John Wick 2 dove ero una donna ricchissima e potente! Come idea non è male... Interpretare questo tipo di ruoli è molto catartico perché puoi sfogarti e sperimentare piccole sfumature di cattiveria, che nella vita giustamente non avrai mai.
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Il personaggio da cui hai fatto più fatica a separarti?
Mi diverte molto fare la moglie di Carlo Verdone in tutte le salse! Ogni volta che ci incontriamo su un set diamo vita a coppie straordinarie.
Hai esordito con Roba da ricchi di Sergio Corbucci, poi è arrivata la tv con Gianni Boncompagni. Cosa ti manca di quegli anni?
Ho iniziato che ero appena una ragazzina e oggi sono una donna, mi sono ritrovata a essere un anello di congiunzione tra il cinema di pellicola negli anni '80 e '90, e il digitale. Ho avuto la fortuna di conoscere il vecchio cinema e la vecchia televisione e di essere ora protagonista del nuovo in tutti e due i campi. Ho assistito ad un cambiamento tecnologico e di linguaggio, ho conosciuto i vecchi produttori e poi le nuove generazioni di autori e registi. Mi inorgoglisce essere stata testimone di un momento forse più felice di quello che stiamo vivendo, di una realtà che adesso è finita, passata.
Mi manca Gianni Boncompagni, la sua eleganza, la sua originalità, era un vero creativo, un pioniere; la tv di oggi non ha più la solennità e la grazia delle prime serate, la capacità di far sognare e portare luci, glamour e eleganza nelle case degli spettatori. Adesso abbiamo ceduto alla cruda realtà, al real time. Al cinema invece oggi mancano i soldi e l'idea di industria, adesso i film si fanno in quattro settimane a parte rare eccezione come nel caso dei grandi maestri; mentre l'avvento delle nuove piattaforme con un ampio spettro di offerte e qualità ha penalizzato molto la sala.
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I dati relativi al 2018 ci dicono che la gente va sempre meno al cinema, mentre gli abbonati ai servizi di streaming registrano una crescita continua. Netflix ha fatto da spartiacque e spesso non sono mancate le polemiche tra i supporter dello streaming da un lato e i tifosi della sala dall'altro. Che idea ti sei fatta?
Si hanno sempre meno soldi e meno tempo, si è stanchi e più stressati, e poter stare a casa con la possibilità di accedere con un solo click ad un'offerta di cinema così varia e infinita, è sicuramente una conquista apprezzata giustamente da un numero sempre maggiore di persone. C'è però una diversificazione del pubblico, per cui gli affezionati della sala, quelli che amano andare al cinema e che continueranno ad andarci, resistono; le persone che amano la sala ci sono, ma sono sempre meno quelle che sacrificano la propria serata in pantofole e divano per affrontare la trafila del comprare un biglietto, cercare parcheggio e poi vedere il film. Il grande schermo rimane per me un'esperienza unica, starsene per conto proprio in una sala buia è un privilegio che tanti, anche se sempre meno, per fortuna ancora hanno. I prodotti si sono diversificati e il pubblico si è frammentato, ognuno ha il proprio personale mezzo di fruizione: poter guardare un film da un pc o dallo schermo di un telefono ha cambiato tutto.
Da spettatrice preferisci un film al cinema o sul divano di casa?
Dipende dalle situazioni, in genere li guardo sia in sala che a casa. La sala mi fa sognare e stare bene, più facile che ci vada nel weekend che durante la settimana, visto che sono mamma di due ragazzine e la sera preferisco passare del tempo con loro.
Che genere di film ti piace guardare?
Vedo un po' di tutto, recentemente ho amato La favorita, Green Book, la commedia con Paola Cortellesi Ma cosa ci dice il cervello? e Bangla.
Hai citato alcune commedie italiane. Su quel versante che momento sta attraversando il nostro cinema?
La commedia italiana è sempre in salute, è un genere che le persone amano, aspettano e vogliono vedere. Io aspetto Checco Zalone! Come in tutto il mondo però scarseggiano un po' le idee, si fanno tanti remake e spesso la commedia ripiega su stessa.
E a binge watching come sei messa?
Non sono una grande divoratrice di serie, perché purtroppo non ho tempo e, sembrerà strano, non ho visto Il trono di spade, ma mi è piaciuto molto Big Little Lies - Piccole grandi bugie. Le serie tv hanno inventato un linguaggio che va oltre il cinema, sono uno stimolo costante anche per il grande schermo.
Hai mai pensato di fare il grande salto alla regia?
Fino a pochi mesi fa no, adesso ogni tanto ci penso perché sul set mi capita sempre più spesso di chiedermi in modo spontaneo come avrei girato io quella scena. Chissà, magari ci sarà un momento di maturità in cui deciderò di dirigere!
Hai scritto qualcosa?
Ho un paio di progetti da portare avanti, ma come interprete, e ho acquisito i diritti di un libro che mi è piaciuto molto...
Lo spazio delle donne nel cinema?
Ci sono ancora troppe poche registe donne, il cammino che abbiamo spianato per le nostre figlie è ancora lungo, ma chiaro e irreversibile.