Crema, estate del 1983, Elio (Timothée Chalamet), diciassette anni, studia pianoforte e il padre, professore universitario, fa venire a soggiornare nella loro casa di campagna un suo studente, Oliver (Armie Hammer), bello, colto e dai modi gentili: il mondo del ragazzo è messo sottosopra quando, tra passeggiate, balli e discussioni scopre di provare una profonda attrazione per il laureando americano.
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Tratto dall'omonimo libro di André Aciman, Chiamami col tuo nome esce finalmente nelle sale italiane il 25 gennaio, dopo essere stato presentato nei festival più importanti del mondo, dal Sundance, a quello di Berlino, passando per Toronto e Londra, e aver conquistato decine di premi e nomination: "50 premi e 150 nomination: ma è un po' immodesto dirlo", ha confermato oggi il regista Luca Guadagnino, presente a Roma con i suoi due splendidi protagonisti per presentare il film alla stampa italiana.
La conferenza stampa italiana è stata la prima post annuncio dei candidati ai prossimi Oscar: il film si è aggiudicato quattro nomination, tra cui miglior film, migliore sceneggiatura originale, scritta da James Ivory, miglior canzone, l'ipnotica Mystery of Love di Sufjan Stevens, miglior attore protagonista a Timothée Chalamet e miglior film.
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Il canone disneyano di Guadagnino
Parlando del suo film il regista ha detto: "È un film sull'aura di una persona, che si trasforma e ne diventa un'altra. Parla di desiderio e il desiderio non conosce distinzione di genere. Sì, è un film sulla famiglia: è il mio primo passo verso un canone che amo da sempre, il canone disneyano, ovvero la storia di un gruppo di famiglia grazie a cui ci si migliora sempre. Penso al ciclo di Toy Story, in cui un gruppo di protagonisti sgangherati stando insieme si fortifica".
Il protagonista Chalamet non è pienamente convinto di aver interpretato un personaggio disneyano: "Faccio solo film che sembrano disneyani! Scherzo, anche se in fondo c'è una parte di verità: sopra ogni cosa volevo lavorare con Luca. È raro per un attore della mia età poter interpretare ruoli di questo genere, ma lo è ancora di più se si ha la possibilità di lavorare con registi che hanno alle spalle una filmografia notevole. Come attore il mio compito è rendere giustizia al personaggio e alla storia, in modo che risultino veritieri: il libro ha avuto un enorme successo, quindi era importante per me rendergli giustizia".
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L'importanza del dolore
La storia d'amore tra Elio e Oliver ha fatto piangere il pubblico di mezzo mondo, cosa che fa sorridere il protagonista: "Mi fa sorridere il fatto che, visto che la gente guardando questo film piange, in realtà non ho mai vissuto un'esperienza o un amore così travolgente. Quindi la sfida è stata cercare di trasmettere un amore così intenso e forte senza averlo provato. A prescindere che sia un amore gay, etero o per le pesche! Il film esprime il senso vero dell'amore: che non ha confini o definizioni. Se siamo in grado di andare oltre etichette e categorie rigorose, che applichiamo ogni giorno nel nostro mondo, potremmo veramente essere liberi. Bisogna impegnarsi a fondo nei confronti del dolore. Questo ci riporta al monologo finale del padre: non bisogna aggiungere un altro livello al dolore odiando se stessi".
A proposito del monologo finale, pronunciato da Michael Stuhlbarg, Chalamet ha approfondito: "Forse il monologo di Michael è il cuore del film: parla di come rapportaci all'amore e alla sensualità. Parlandone con un regista ho capito che in realtà parla anche del dolore, è la mia parte preferita del film e del libro, ritrovando la mia copia, che ho preso cinque anni fa, ho visto che avevo sottolineato tutte quelle parole. È il momento più potente dell'intera storia, che ci insegna che avere il cuore a pezzi e soffrire va bene, non serve elaborarlo ulteriormente, per me è il momento più toccante".
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Trovare l'armonia nella dissonanza
Il rapporto tra i due protagonisti è reso in modo naturale e genuino, un risultato incredibile che per il regista deve molto al montaggio: "Ho imparato con il tempo che la cosa più importante è il movimento del quadro, a partire dall'umano che si muove nello spazio. A me piace, insieme ai miei attori, dimenticarmi della sceneggiatura e ricominciare da capo. Poi comincia tutta un'altra fase, quella del montaggio, che avviene con Walter Fasano, con cui lavoro da oltre 30 anni ormai. Il montaggio è quel momento in cui la tela che abbiamo cominciato a tessere sul set viene esaltata e resa scintillante, valorizzando il lavoro degli attori. Con Walter abbiamo un gusto decostruttivista, cerchiamo di trovare un'armonia nella dissonanza. Gli aspetti più importanti per me sono quindi provare desiderio per gli attori del mio film, non ci deve essere un attore prima di me, e la libertà al montaggio".
Per Hammer lavorare con Guadagnino è stato liberatorio: "Luca ha una grande capacità di equilibrio. A volte è difficile lavorare con registi ingombranti, che ti dicono come muoverti e dove metterti. Luca ti dà totale libertà. Il fatto che il film sia stato girato solo con una camera e un obiettivo da 35mm, a proposito, vorrei citare il grande lavoro del direttore della fotografia, ci ha dato grande libertà. Ci siamo mossi nello spazio con libertà: se, prendendo un oggetto, o muovendoci l'azione risultava credibile, si andava avanti con l'azione, altrimenti Luca ci interrompeva, ma sempre con un tocco leggero, chiedendo cose che raramente un attore si sente chiedere, ad esempio: dove ti trovi in questo momento? Dove sei con la testa?".
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Le nomination agli Oscar
Inevitabile chiedere un commento alle quattro nomination Oscar appena ricevute. "Siamo felici e molto orgogliosi" ha detto il regista, continuando: "Dividiamo queste nomination con la nostra fantastica crew e con il cast. Un film così pacato che ha avuto un riscontro tale è stato un successo inaspettato, che dimostra come la passione e l'inaspettato vadano mano per la mano. A una cosa del genere ci pensavo a 20 anni: mi ricordo di una volta che, mentre ero con una mia amica sul 64, da giovani, davanti a San Pietro dissi: non credo che diventerò mai Papa, ma forse una nomination agli Oscar potrei averla".
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Entusiasta Chalamet: "Ancora non riesco a crederci, mi sembra un sogno: sono pieno di gratitudine per questa nomination perché, da giovane artista, è incoraggiante ricevere dei segnali che ti dicono che hai scelto la carriera giusta. Sono fresco di accademia drammatica e, vivendo questa realtà, so benissimo come ci si sente ad essere un attore che va a fare un provino una volta ogni dieci giorni e poi sbatte la testa al muro perché non è andata bene. La mia responsabilità ora è godermi questo momento: penso che sia giusto e legittimo farlo".