Cetto c’è senzadubbiamente, la recensione: La Monarchia, la minchiata giusta al momento giusto

La recensione di Cetto c'è senzadubbiamente: nel film di Giulio Manfredonia Antonio Albanese porta al cinema Cetto Laqualunque, stavolta alle prese con la Monarchia.

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese in un momento del film

"Sono anni che gli italiani si bevono qualunque minchiata". Come leggerete nella recensione di Cetto c'è senzadubbiamente, il nuovo film con Antonio Albanese, diretto da Giulio Manfredonia, in uscita il 21 novembre, il senso e il tono del film sono tutti in questa frase. Che denota, da un lato, i toni volutamente sopra le righe del personaggio ideato da Antonio Albanese e, dall'altro, le amare verità che, attraverso la satira e il senso del grottesco, ogni volta le parole di Cetto Laqualunque ci ricordano a proposito del nostro paese. Per questo a ogni entrata in scena, che sia in tivù, in teatro o al cinema, della celebre maschera di Albanese, si ride, ma a denti stretti. Per idea, sviluppo e realizzazione, Cetto c'è senzadubbiamente ci sembra un film più riuscito dei primi due.

La trama: Cetto Laqualunque, miseria e nobiltà

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese durante un momento del film

Cetto Laqualunque (Antonio Albanese) si è ritirato sull'Aventino. Non letteralmente, ma metaforicamente. Il suo buen retiro, abbandonati i dispiaceri della politica, è in Germania, si è sposato con la bella Petra (Caterina Shulha) e gestisce un gasthaus. Passa le sue giornate tra la birreria, la moglie e la bambina, e i suoceri paranazisti, amanti di Wagner e del Risiko (leggi: invasioni di altri stati). Ma all'improvviso Cetto viene richiamato al capezzale di una vecchia zia, che gli rivela come, in realtà, sia figlio di un principe, discendente dei Buffo di Calabria, del ramo dei Borboni. Potenzialmente, un Re del Regno delle Due Sicilie, anche se Cetto preferirebbe delle Due Calabrie... una serie di eventi non proprio casuali lo porta così alla possibilità di diventare Re...

Cetto c'è senzadubbiamente, Antonio Albanese: "Cetto è un moderato. E la cosa mi spaventa!"

L'iperbole: Cetto e la Monarchia

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese in un'immagine

Quello che non ci aveva convinto di Qualunquemente era il poco scarto con la realtà per un film che voleva essere grottesco, sarcastico, iperbolico. Man mano che assistevamo alle vicende del film, ci rendevamo conto di non ridere per niente: le situazioni di corruzione, malaffare, impunità erano troppo rispondenti alla realtà per sorprendere e ridere della loro assurdità. D'altra parte sono anni in cui la realtà supera la finzione così spesso da rendere la satira molto dura da fare.

Stavolta Albanese e Piero Guerrera, che ha firmato con lui il soggetto e la sceneggiatura, hanno scelto bene la mossa: l'idea del ritorno della Monarchia, e dell'ennesimo trasformismo di un politico, stavolta in un monarca, è un'iperbole notevole, un volo pindarico che ci permette di assistere alla storia sorridendo, e ovviamente riflettendo. Detto che, pochi giorni fa, sui social media è apparso un video che annunciava il ritorno della Famiglia Reale, ora come ora è difficile che Antonio Albanese venga superato dalla realtà.

Cetto c'è, senzadubbiamente una scena del film di Antonio Albanese

La realtà dietro l'iperbole

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese in una sequenza

Ma l'iperbole, l'esagerazione è a suo modo geniale perché racchiude dentro di sé un senso di realtà. Di politici che avrebbero voluto diventare, se non Re, almeno comandanti assoluti ne conosciamo alcuni: ovviamente loro non lo dicono in questo modo, ma dicono solo che la loro carica ha dei poteri limitati, o si comportano come se avessero poteri che non hanno. L'altro lato della medaglia di questa storia, è la natura di noi italiani, ciclicamente avvezzi ad affidarci a uomini della provvidenza. "Gli italiani sono così bravi a seguire chi abbaia. E io abbaio benissimo" dice Cetto. Il che fa il pari con la frase con cui abbiamo aperto "Sono anni che gli italiani si bevono qualsiasi minchiata, E noi siamo la minchiata giusta al momento giusto". Ogni riferimento a persone o formazioni politiche realmente esistenti è puramente casuale.

Una comicità di situazioni

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese in una scena del film

In Cetto c'è senzadubbiamente si sorride soprattutto per una comicità di situazioni. Cetto è, in qualsiasi situazione lo si voglia vedere, sempre l'uomo sbagliato al posto sbagliato: lo schema, per capirci, che suscitava il riso nel Peter Sellers di Hollywood party (il riferimento, ovviamente, si ferma allo schema). Vedere Cetto con capello biondo muoversi in Germania suscita immediatamente il sorriso, è troppo italiano e troppo viscerale. Vedere Cetto nell'ambiente della nobiltà ha lo stesso effetto, è troppo volgare e troppo popolare. Al sorriso di queste situazioni si mescola la risata più forte, quella delle esplosioni di Albanese, dei suoi tormentoni, i momenti da mattatore. In una storia apparentemente fuori dalla realtà, Cetto ne ha per tutti: per le manie smart e green di alcune amministrazioni di oggi (la nuova città di cui è sindaco il figlio Melo), per chi fa politica sulla pelle degli stranieri (la battuta sui neri con cui prendersela), per i politici attaccati al vitalizio ("ve lo vogliono togliere? Non ve lo toglieremo: basta che da deputati diventiate vassalli").

Antonio Albanese, il comico e il drammatico

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Cetto c'è, senzadubbiamente: Antonio Albanese durante una scena del film

Cetto c'è senzadubbiamente, insomma, è un film più riuscito di Qualunquemente e Tutto tutto niente niente, in cui si ride di più, in cui lo scarto tra realtà è commedia è più netto e quindi più riuscito. Certo, se l'idea di partenza è buona, la trama a tratti ci sembra un po' macchinosa, e il ritmo è a corrente alternata. Resta un po' indietro rispetto a quello che forse è il miglior prodotto di satira politica uscito ultimamente, quel Bentornato Presidente di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, scritto da Fabio Bonifacci, e uscito giusto in tempo per non essere superato, pochi mesi prima della caduta del governo gialloverde.

Non sempre le maschere di Antonio Albanese hanno funzionato al cinema, perché spesso non hanno retto sulla lunga distanza, quella del lungometraggio, abituate come sono ad essere esplosive nei tempi di uno sketch televisivo o di un monologo teatrale. Stavolta Cetto Laqualunque ha retto meglio. Ma confessiamo che, al cinema, ci piacerebbe rivedere ogni tanto l'Antonio Albanese drammatico, quello di Vesna va veloce, Giorni e nuvole, L'intrepido, dove è stato eccezionale. Bisogna dirlo forte quanto è bravo, perché forse non lo sa neanche lui.

Conclusioni

Nellla recensione di Cetto c'è senzadubbiamente vi spieghiamo che il film ci sembra più riuscito dei primi due, perché lavora meglio sullo scarto tra finzione.e realtà, e così non rischia di essere superato da questa. Tra iperbole e senso del grottesco riesce a farci vedere alcuni lati amari del nostro Paese.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
1.7/5

Perché ci piace

  • L'idea del ritorno della Monarchia è un'iperbole notevole, e una buona idea di partenza.
  • Attraverso satira e senso del grottesco vediamo le amare verità sul nostro Paese.
  • Si sorride soprattutto per una comicità di situazioni. E Albanese è un mattatore.

Cosa non va

  • Se l'idea di partenza è buona, la trama a tratti ci sembra un po' macchinosa.
  • Il ritmo è a corrente alternata.
  • A volte sentiamo la nostalgia dell'Albanese drammatico, che è eccezionale.