Cattive acque, la recensione: dobbiamo proteggerci da soli

La recensione di Cattive acque: Todd Haynes firma un film sulla scia del classico cinema civile americano, una storia ambientalista alla Erin Brokovich con un grande Mark Ruffalo.

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Cattive acque: un primo piano di Mark Ruffalo

Iniziamo la recensione di Cattive acque, il nuovo film di Todd Haynes con Mark Ruffalo, in uscita il 20 febbraio, proprio dal titolo. "Cattive acque" di solito è un'espressione usata in senso metaforico, per connotare una cattiva situazione. In questo caso invece va intesa proprio in senso letterale: le cattive acque sono quelle di una località della West Virginia, contaminate dagli scarichi di un'azienda chimica americana, la DuPont. Le cattive acque fanno morire il bestiame e fanno ammalare le persone che le usano. Cattive acque è un esempio di quel cinema civile americano, ormai un genere a sé, un cinema impegnato, scarno, potente.

Cattive acque, per capirci, è un prodotto sulla scia di Erin Brockovich di Soderbergh (ma senza gli istrionismi di Julia Roberts) o di Promised Land di Gus Vant Sant, per rimanere nel campo degli scandali ambientali. È quel genere di film inchiesta sul tipo de Il caso Spotlight (i produttori, e il protagonista, Mark Ruffalo, sono gli stessi), quei film che una volta arrivavano dritti alle nomination agli Oscar (e, come in quel caso, li vincevano) per la forte spinta morale del film. Non c'è stata invece alcuna menzione per questo film, come per un altro prodotto tipico da corsa agli Oscar, come Il diritto di opporsi (di cui vi avevamo parlato nella nostra recensione). Come mai? Il discorso sarebbe troppo lungo. Probabilmente negli ultimi anni si è privilegiato il lato artistico dei film, la creatività della messa in scena, rispetto a prodotti dagli stilemi narrativi ormai codificati e, in un certo senso, prevedibili. Certo che se Il caso Spotlight è arrivato a vincere un Oscar, Cattive acque in nomination poteva starci benissimo. Anche se capita in un'annata davvero pregna di grandi lavori, e forse la causa delle mancate nomination è anche, e soprattutto, dovuta a questo. Cattive acque è un film interessante, denso, soltanto un po' tedioso quando inizia l'inevitabile lezione di chimica... ma supera anche quel momento brillantemente.

La trama: un caso lungo 19 anni

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Cattive acque: Mark Ruffalo durante una scena del film

Esterno, notte. West Virginia, 1975. Due giovani si spogliano e fanno il bagno in un lago, mentre il terzo, rimasto a riva, raccoglie un animale morto, i due vengono raggiunti da una barca e invitati a uscire. Esterno, giorno. Siamo a Cincinnati, Ohio, nel 1988. Vediamo l'avvocato Robert Bilott (Mark Ruffalo), fresco socio del suo studio, entrare in una sala riunioni. Poco dopo verrò raggiunto dal signor Tennant, un agricoltore della West Virginia, che gli mostrerà come le sue mucche risultino avvelenate. Come prova ha dei reperti: una cistifellea ingrossata dismisura, dei denti diventati neri come la pece, dei vitelli nati con gli zoccoli cresciuti al contrario, dei tumori. Tennant chiede a Robert di intervenire. E lui proverà a intentare causa contro la DuPont, una multinazionale della chimica che è proprio uno di quei soggetti di cui il suo studio è cliente, e contro cui non si combatte. Perché sono troppo forti. Come potete immaginare, la cosa gli creerà non pochi problemi. Anche una vittoria, parziale, non sarà che un minimo inizio, una goccia d'acqua in quel mare immenso che il caso si rivela essere. "Apro la causa e la chiudo" dice Robert al suo capo (Tim Robbins). "Sii chirurgico" dice lui. Il caso durerà 19 anni. E Robert sta ancora lottando.

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Cattive acque: una scena del film

Di cosa parliamo quando parliamo di PFOA?

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Cattive acque: Mark Ruffalo in una scena del film

Se vi dico la parola PFOA, sapete di cosa stiamo parlando? E se vi parlo di C-8? Anche Robert all'inizio è spaesato, e queste sigle gli sembrano incomprensibili. Il PFOA, o C-8, è un composto chimico fatto attaccando otto molecole di carbonio, è impermeabile all'acqua, ed è stato testato durante il Manhattan Project, come materiale per i carri armati. Finita la guerra, l'industria chimica americana ha pensato bene di usarlo per le padelle, con un nome commerciale che sicuramente molti di voi hanno sentito: teflon. Chi di voi non ha mai avuto una padella in teflon? Ecco, il teflon negli anni è stato causa di migliaia di tumori per chi lavorava alla sua produzione, e per chi viveva vicino alle fabbriche. Le statistiche ci dicono che è presente nel 99% degli esseri umani. Il teflon è dentro di noi.

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Todd Haynes: ricostruire mondi

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Cattive acque: Mark Ruffalo in un'immagine del film

È una delle cose che, secondo uno schema consolidato in questo tipo di film tratti da storie vere, apprendiamo alla fine, tramite le scritte su schermo nero, cose che ci rendono il tutto ancora più inquietante. Todd Haynes, alla regia, si mette completamente al servizio della storia, lasciando da parte il suo stile personale e raffinato, per dare vita a un racconto denso, intenso, teso. Se c'è una cosa che Haynes ha sempre saputo fare è stato ricostruire mondi ed epoche (gli anni Cinquanta dei mélo alla Douglas Sirk di Lontano dal paradiso, gli anni Sessanta del folk di Io non sono qui, gli anni Settanta del glam rock di Velvet Goldmine) e anche qui ci riesce. Anche se è meno evidente, è bravissimo a ricostruire il mondo tra gli anni Novanta e il duemila, anni che ci sembrano ieri, ma sono già Storia. Per farlo basta far aprire al protagonista Windows 2000 in un computer di 20 anni fa, farci sentire quel suono inconfondibile, farlo navigare sui motori di ricerca del tempo.

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Cattive acque: Anne Hathaway in un'immagine del film

Todd Haynes e la macchina da presa ad altezza uomo

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Cattive acque: Tim Robbins e Mark Ruffalo in una scena del film

Ma non è ovviamente la ricostruzione d'epoca che interessa a Haynes, quanto la forza della storia. È una storia che parla da sé e Haynes la mette in scena in maniera semplice, secondo uno stile ormai codificato per il cinema di questo tipo. Haynes mette la macchina da presa ad altezza delle persone con primi piani e piani americani (se si eccetta qualche ripresa aerea volta a contestualizzare le scene), e filma lasciando fluire le sensazioni. Nel creare la giusta atmosfera, cupa e oppressiva, è aiutato dal direttore della fotografia, il fido Edward Lachman, che dipinge le scene sulle tonalità di un verde livido. In un racconto lineare come questo non mancano dei momenti ad effetto come la scena in cui una mucca impazzita carica Robert e il fattore, e una scena molto toccante in cui, in montaggio alternato, Robert racconta come molte donne che lavoravano alla DuPont avessero avuto dei problemi durante la gravidanza, mentre la moglie sta per entrare in sala parto.

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Uno straordinario Mark Ruffalo

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Cattive acque: una scena del film con Mark Ruffalo

Come avrete capito, Cattive acque è una di quelle storie in cui i personaggi si gettano anima e corpo nella battaglia che stanno combattendo, e in cui viviamo con loro le pesanti ricadute sulla loro vita privata. A portarci dentro la storia è un Mark Ruffalo straordinario che si immerge completamente nel suo personaggio. Il suo Robert è goffo, sovrappeso. Ma oltre a lavorare sul fisico lavora anche moltissimo sul volto, con la mandibola e il labbro inferiore a chiudere il morso e a far gonfiare le guance, in un tic, un'espressione che probabilmente avrà preso dal vero Robert. È un Ruffalo lontanissimo dal Bruce Banner degli Avengers e anche dal sex symbol che avevamo conosciuto in In The Cut, un Ruffalo che scompare nel suo personaggio e in questo modo tiene tutto il film sulle sue larghe spalle. Accanto a lui anche Anne Hathaway cerca di normalizzare, se non nascondere, la sua bellezza nel ruolo della moglie Sarah. È quasi impossibile normalizzarla, ma anche lei è efficace e funzionale alla storia. Verso la fine del film è Ruffalo a toglierci ogni speranza, e a spiegarci in una frase qual è il mondo in cui viviamo. "Dobbiamo proteggerci da soli. Nessuno lo fa, né le aziende, né gli scienziati, né il governo". Ma il suo personaggio, pur minato nella salute, non mollerà - la sua battaglia continua ancora adesso - e non si arrenderà. Come canta Johnny Cash sui titoli di coda (ecco l'anima rock di Todd Haynes che viene fuori), su musica e parole di Tom Petty: "No, I won't back down".

Conclusioni

Nella recensione di Cattive acque vi spieghiamo che è un esempio di quel cinema civile americano, ormai un genere a sé, un cinema impegnato, scarno, potente. È un prodotto sulla scia di Erin Brokovich di Soderbergh o di Promised Land di Gus Van Sant. È un film interessante, denso, soltanto un po’ tedioso quando inizia con la lezione di chimica… ma supera anche quel momento brillantemente.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • Todd Haynes si mette completamente al servizio della storia per dare vita a un racconto denso, intenso, teso.
  • Il film riesce a indignare e mostrarci un ritratto inquietante del rapporto tra corporation e cittadini.
  • A portarci dentro la storia è un Mark Ruffalo straordinario che si immerge completamente nel suo personaggio.

Cosa non va

  • Ci manca un po’ il Todd Haynes che amiamo di più, quello visionario e geniale.
  • Alcuni momenti sono un po’ tediosi, ma spiegare la chimica al cinema non è facile.