Quando si dice il potere di illuminare una stanza con la propria presenza: nel caso di Cate Blanchett la luce emanata è letteralmente accecante e non solo grazie ai cigni di strass che decoravano la giacca (rigorosamente Armani, di cui è testimonial da qualche anno) di velluto nero con cui si è presentata per incontrare il pubblico della 13esima Festa del Cinema di Roma.
Sguardo fulminante, pelle luminosa, sorriso che ipnotizza e soprattuto una voce e un'intelligenza fuori dal comune, la due volte premio Oscar non è solo una delle migliori attrici della storia del cinema, ma anche un esempio di eleganza e passione, che porta in scena così come quando parla davanti a una platea di quanto sia importante votare.
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Rispettando la formula, ormai consolidata, degli Incontri Ravvicinati, ovvero ripercorrere la carriera dell'ospite attraverso scene dei suoi film, Antonio Monda, direttore artistico della Festa del cinema, ha cominciato ad approfondire il percorso di Cate Blanchett (che ha letteralmente sofferto fisicamente nel rivedersi sul grande schermo!) con il film Il curioso caso di Benjamin Button, chiedendole se si considera romantica: "Sono molto romantica" ha ammesso l'attrice, che ha commentato così il film di David Fincher: "Sono una grande fan di tutte le persone coinvolte: lo sceneggiatore, David Fincher e Brad Pitt, che lo so, è davvero brutto, è stato difficile fingere di provare dei sentimenti per lui! Con Brad avevamo parlato di fare qualcosa insieme e sono arrivati prima Babel e poi questo. Avrei fatto di tutto pur di lavorare con loro: se avete visto il film, il mio personaggio, Daisy, nelle scene finali, vede il suo amore ritornare bambino e poi morire, l'ho trovato davvero commovente. Come dice Thomas Eliot: nella fine c'è anche il mio inizio. Questa scena mi ha colpito molto e mi ha spinto ancora di più a fare il film."
Carol e l'universalità dell'amore
La seconda clip è stata la magnifica scena del ristorante in Carol, in cui Blanchett dichiara il suo amore a Therese (Rooney Mara): all'infelice domanda se sia difficile per un attore eterosessuale interpretare un personaggio omosessuale, la diva ha risposto con intelligenza: "È curioso, anche quando abbiamo fatto la promozione di Carol tutti mi hanno chiesto della mia sessualità: l'ho trovato strano, perché nessuno mi ha chiesto se fossi una medium quando ho fatto The Gift, o se fossi immortale quando ho fatto Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello. Lo trovo assurdo: non penso mai al mio orientamento sessuale, a meno che non mi chiuda delle porte. Essere un attore vuol dire provare empatia in modo universale. Questo film è stato come un parto d'amore: avevo letto al liceo il romanzo di Patricia Highsmith, è una storia difficile, due donne fiere del loro amore, qualcuno si chiedeva cosa avrebbero pensato i bambini nel vederlo. Per fortuna la forchetta demografica dei critici di Rotten Tomatoes negli anni è cambiata. È stato difficile trovare i produttori e i soldi, ma ne sono fiera."
Per l'attrice provare empatia non significa però identificarsi necessariamente con il proprio personaggio: "Lotterò fino alla morte perché i film possano mantenere la sospensione dell'incredulità. Oggi tutto viene preso in modo troppo letterario: i reality e la televisione hanno influenzato il modo di creare e vedere un personaggio. Ci aspettiamo sempre di provare una profonda affinità con un personaggio che vediamo sullo schermo, invece per me un aspetto importante di essere un'attrice è essere parte di un esperimento antropologico. Amo interpretare e studiare personaggi completamente diversi da me e capire le loro motivazioni."
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Il ballo di Banditis e il danzare tra teatro e cinema
È stata poi la volta dello scatenato ballo in cucina di Bandits: la grande padronanza del proprio corpo in scena è stato lo spunto per chiedere a Cate Blanchett della sua esperienza come attrice teatrale: "Ho studiato teatro in Australia, al National Theatre Institute: non ho mai pensato che avrei fatto cinema. Ho cominciato a 25 anni: allora cominciare a fare cinema dopo quell'età voleva dire essere già troppo vecchia, per fortuna le cose sono cambiate, ma il mio agente allora mi ha spinto a provare. Ho fatto due film con Fox, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Isabelle Huppert, che sarà qui a Roma domani. A teatro c'è una percezione diretta del pubblico, il cinema crea invece un distacco. Nel mio caso le due esperienze si sono completate: lavorare molto sul palcoscenico mi ha aiutato con il processo di prove e preparazione sul set."
Dovendo scegliere tra cinema e teatro invece: "Se mi puntate una pistola alla testa, vi prego di non farlo, dico teatro: amo la sensazione di far parte di un gruppo e l'essere in contatto con il pubblico. Il cinema però è più elastico: il teatro può essere estremamente noioso. Se a teatro vedi un brutto spettacolo non ci torni più, mentre torni comunque al cinema se vedi un brutto film. Sul palco però ogni sera è tutto diverso, perché cambia il pubblico. Un film invece è un oggetto compiuto in sé."
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Diario di uno scandalo e i cuscini di Judi Dench
Si è passati poi all'intensa scena di Diario di uno scandalo in cui Cate Blanchett dà uno schiaffo a Judi Dench: "Quanto sono fortunata ad aver lavorato con Judi? Nella scena dello schiaffo dovevo sbatterla contro la libreria, ma non me la sentivo, ero terrorizzata: per fortuna le avevano messo un'imbottitura che sembrava il guscio di una Tartaruga Ninja! Lei è fantastica, è una donna forte e piena di ironia. È stata una scena davvero eccitante da girare: lo sceneggiatore era con noi sul set, aggiungeva battute di continuo, è stato bellissimo. Per far capire che tipo è Judi Dench: ama lavorare a maglia e uncinetto e ha realizzato una fodera per un cuscino che ha regalato al critico David Hare, che aveva parlato male di un suo spettacolo, dio solo sa perché! Sul cuscino ha ricamato con cura la scritta: fanculo! fanculo! fanculo!"
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Io non sono qui: Bob Dylan il giardiniere
Tra le tante performance incredibili di Cate Blanchett c'è anche quella del cantante Bob Dylan nel film di Todd Haynes Io non sono qui: "È un'idea folle! Ho dovuto dire sì, perché era quasi impossibile, solo pochissimi registi avrebbero potuto fare un film del genere. È stata una cosa molto eccitante, tutti siamo saliti a bordo per scoprire come sarebbe stato. Ho interpretato Bob Dylan subito dopo la regina Elisabetta e per questo motivo ho cominciato a perdere peso durante le riprese del film: se rivedete Elizabeth si nota che, scena dopo scena, divento sempre più magra. Sono diventata ossessionata da Dylan e lo sono ancora ora. È l'unica volta che ho visto mio marito geloso."
Nonostante la sua passione per il cantante, i due non si sono mai incontrati, anche se l'attrice ha condiviso un aneddoto curioso a riguardo: "Non l'ho mai incontrato, ma mio cognato, negli anni '80, è andato a una festa a Malibù e si è messo a parlare di piante e alberi con un tizio per un sacco di tempo. Quando se n'è andato gli hanno detto: ma come fai a conoscere Bob Dylan?! Lui pensava che fosse il giardiniere!"
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Blue Jasmine e la bellezza dell'istinto
L'incontro ha lasciato per ultime le pellicole grazie a cui Cate Blanchett ha vinto i suoi due Oscar: per primo è toccato a Blue Jasmine di Woody Allen e in particolare alla scena in cui Jasmine sfoga le sue angosce esistenziali davanti a due bambini sempre più perplessi: "Come molti registi che sono anche scrittori, Woody ha fatto la maggior parte della regia attraverso la sceneggiatura: in un grande testo c'è già tutto, devi solo collaborare con gli altri attori in scena. Liv Ullmann è venuta a trovarci quando con mio marito dirigevamo il teatro di Sidney: stavamo facendo 'Un tram che si chiama desiderio', interpretavo Blanche, poi siamo andati a New York, e io credevo che Woody avesse visto lo spettacolo, pensavo fosse per questo che mi aveva scelto. Quando ho interpretato Jasmine, il mio corpo si ricordava di Blanche e credo mi abbia aiutato: credo ci sia una connessione tra questi due personaggi, anche se invece Woody non aveva visto lo spettacolo e non voleva parlare di Un tram che si chiama desiderio. Grazie a questo ruolo ho capito che a volte devi arrivare sul set senza essere pronto: al cinema non funziona essere troppo pronti, perché si nutre di istinto e immediatezza. Nel teatro invece devi ritrovare l'immediatezza di quando leggi una cosa la prima volta."
The Aviator e quella telefonata con Martin Scorsese
Il primo Oscar l'attrice australiana l'ha vinto grazie a The Aviator, con un ruolo che sembra esserle stato consegnato dalle stelle: grande fan di Martin Scorsese e di Katharine Hepburn, Blanchett ha avuto la possibilità di interpretare la seconda in un film del primo: "Crescendo mi sono nutrita dei film di Katharine Hepburn: è stata fondamentale, è stata un esempio per tutte le attrici, ha aperto la strada a personaggi femminili autentici. Mentre stavo girando un western con Tommy Lee Jones mi hanno detto che Martin Scorsese voleva parlarmi e mi avrebbe chiamato sul set entro mezz'ora. Ricordo che le ginocchia non mi reggevano, tremavo talmente tanto che sembrava avessi il Parkinson! Non ricordo quasi nulla della telefonata e di quello che mi ha detto, ricordo solo che ho detto sì. Quando ho capito cosa avessi accettato allora ho avuto davvero paura."
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La sera della prima e la linea sottile tra realtà finzione
Come ultima clip è stata mostrata al pubblico la scena di un film che Blanchett ama in modo particolare: la scelta del due volte premio Oscar è ricaduta su La sera della prima di John Cassavetes: "Se non l'avete visto vi consiglio di farlo, Gena Rowlands è straordinaria: è la storia di un'attrice di Broadway che ha problemi con l'alcol e soffre perché interpreta una donna che sta invecchiando, proprio come lei. Amo questo film perché c'è una linea sottile tra l'essere umano e il ruolo: parla dell'identità di un'attrice, che si frammenta in quella del personaggio. Per me è stata grande fonte di ispirazione."