Giro di boa a Cannes 2023. Meno giorni in arrivo rispetto a quanti ne abbiamo già affrontati. Il concorso è arrivato a metà strada, e allora bisogna tirare le prime somme. Calcando un po' l'umore generale, sensibilmente alzatosi come si sono alzate le temperature (e finalmente!), pare che ci siano tre grandi sfidanti. Tutto parziale, anche perché sono attesi gli italiani (Moretti, Rohrwacher, Bellocchio), è atteso Ken Loach, e all'appello mancano pure nomi come Wim Wenders o Aki Kaurismaki. Ne vedremo delle belle, intanto ecco un primo parziale prospetto: tra le preferenze della stampa (in particolar modo quella US) spiccano May December di Todd Haynes, e The Zone of Interest di Jonathan Glazer (qui la recensione).
Subito dopo, About Dry Grasses di Nuri Bilge Ceylan (quotatissimo anche dalla stampa italiana) e Youth (Spring) di Wang Bing. Fuori dalla corsa Black Flies di Jean-Stéphane Sauvaire e Homecoming di Catherine Corsini. Il giudizio è rimandato alla giuria, presieduta da Ruben Östlund, ma gli accreditati press (che sono tanti, tanti, tanti) iniziano a sbilanciarsi, prevedendo pure qualche premio per Kore-eda e il suo Monster (film particolarmente amato da Movieplayer, come potete leggere nella nostra recensione). In fondo, tra una proiezione e l'altra il tempo dovrà pure passare, e mentre proviamo a prendere un caffè al banco (quasi impossibile, o to-go o stay here) finiamo per confrontarci, giocando alle previsioni (sì, pure a quelle del tempo).
Occhio a Wang Bing...
Ecco, secondo noi, e almeno secondo il nostro intuito, difficilmente vedremo una Palma d'Oro ad un film statunitense. May December, pur molto apprezzato dai media americani, ha convinto meno quelli europei (per noi la sfida Julianne Moore vs. Natalie Portman è un misero zero a zero), più probabile invece che il massimo riconoscimento possa finire addirittura al mastodontico Youth (Spring) di Wan Bing, documentario di quasi tre ore e girato tra il 2014 e il 2019, raccontando la vita di un gruppo di lavoratori dell'industria tessile cinese. Estremo nella durata e nella messa in scena, secondo noi sfida il tunisino Four Daughters di Kaouther Ben Hania (ne abbiamo parlato qui) per uno dei premi più importanti. Supposizioni, ovvio, ma funzionali per raccontarvi un po' il termometro delle preferenze, tra favoriti e sfavoriti.
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Cannes, come l'Area 51
Intanto lo show va avanti, a barra dritta. Dritta com'è la Croisette, lunga, sfavillante e recintata nemmeno fosse l'Area 51. Sì perché dovete sapere che dall'hotel Martinez fin quasi al porto c'è una lunghissima fila di transenne che rendono impossibile attraversare la strada. La gincana si fa più complicata nei pressi del Palais: tra le code last minute, tra i fan, e tra le code con il ticket, diventa una vera e propria impresa entrare in sala, o nel palazzo. Bisogna trovare il pertugio giusto, scegliere bene il tratto da percorre, altrimenti il rischio è ritrovarsi spiaccicati contro le vetrine di Gucci, o bloccati tra una cosplayer di Paris Hilton (quella degli Anni Novanta) o tra chi, con un cartello in mano, cerca il biglietto per un film. Che film? Non ha importanza. Vale tutto. L'importante è entrare. Sempre che se voi riusciate ad attraversare la strada al momento giusto...