La Zona d’interesse, la recensione: l'orrore di un'inconcepibile normalità

La nostra recensione de La Zona d'interesse (The Zone of Interest), film di Jonathan Glazer che racconta la vita, quotidiana e spaventosamente "normale", di Rudolf Höß, comandante del campo di concentramento di Auschwitz.

La Zona d’interesse, la recensione: l'orrore di un'inconcepibile normalità

Scioccante e profondamente straniante il nuovo film di Jonathan Glazer in competizione alla settantaseiesima edizione del Festival di Cannes, La Zona d'interesse. Il cineasta britannico ispirandosi all'omonimo libro di Martin Amis confeziona un'opera in grado di mettere alla prova lo spettatore dal punto di vista morale e sensoriale, un lungometraggio che non lascia indifferenti, un'esperienza dalla quale è praticamente impossibile uscire senza orribili consapevolezze e una sensazione di rinnovato disgusto verso il periodo più buio e terrificante della storia del ventesimo secolo.

The Zone Of Interest 2
La zona d'interesse: una foto dal set

The Zone of Interest non è il classico film sull'Olocausto ma piuttosto una riflessione brutale e spiazzante su una inconcepibile normalità e accettazione dell'orrore senza precedenti, scaturita da immagini e suoni in netto contrato tra loro. In questa recensione cercheremo di elencare le caratteristiche principali di questo film, così come le sensazioni che ci ha lasciato e che faticano ad abbandonarci anche dopo diverse ore dalla visione.

Nella trama un'insostenibile normalità

The Zone Of Interest
La zona d'interesse: la prima foto del film

Per quasi tutta la visione seguiamo la quotidianità del comandante del campo di concentramento di Auschwitz Rudolf Höß e della sua famiglia, giornate fatte di gite in barca, lavoro d'ufficio e socialità in una curata casetta con giardino adiacente al muro del campo. Un piccolo angolo di normalità a due passi da quell'orrore che ha poi sconvolto il mondo ma che dagli abitanti dell'edificio viene ignorato quasi fosse invisibile o, per dirla in modo ancora più spaventoso, quasi fosse legittimo, una condizione di routine assimilabile al lavoro di una qualsiasi fabbrica. L'unica cosa prodotta però era la morte di migliaia di esseri umani: vite invisibili e morti invisibili di cui solo lo spettatore sembra avere un qualche sentore. Höß, gestisce tutto come un qualsiasi lavoro d'ufficio e allo stesso tempo vive la sua comoda vita fatta di giornate al fiume con la famiglia, festeggiamenti per occasioni speciali e favole della buonanotte lette ai figli.

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L'orrore del quotidiano

Interest

Jonathan Glazer nel corso degli anni ha dimostrato di poter essere un regista eclettico con una propria impronta visiva fatta di immagini talvolta molto evocative. In The Zone of Interest sembra volersi spingere ancora più avanti adattando il suo stile al racconto storico e portandolo al contempo su più livelli: soprattutto visivo e sonoro più che su quello narrativo. I primi tre minuti circa del film sono costituiti da schermo nero, una condizione che paradossalmente, unita ai rumori che sentiamo in sottofondo, rende da subito manifesto il contesto in cui ci troviamo, un contesto che poi va a scontrarsi con l'immagine campestre che vediamo poco dopo.

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È lì che il film lavora, sugli stridenti contrasti, su immagini idilliache "disturbate" dal fumo delle ciminiere del campo o dallo sbuffo del treno che portava i deportati verso un luogo senza ritorno. Volutamente dissonante è anche il sonoro, componente estremamente importante dell'opera di Glazer. Lo spettatore sente il rumore delle atrocità, ne è consapevole: urla, spari, colpi che non sembrano minimamente turbare i personaggi in scena, probabilmente assuefatti ad una condizione di atrocità, detentori di un potere ai loro occhi assoluto, che non li muove e che anzi sentono il diritto quasi morale di perpetrare. Glazer si serve invece di tutto questo per scuotere chi guarda favorendo un costante senso di angoscia e dolore.

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Jonathan Glazer e il talento nella narrazione

Jonathan Glazer

Quello che accade fuori campo è atrocità invadente, costante, martellante, il regista (anche sceneggiatore) non permette di dimenticarlo, nemmeno per un secondo; non corre il rischio dell'empatia col carnefice pur raccontando la sua vita, i lati più umani di un essere disumano che realmente si è macchiato di genocidio, che realmente ha costruito la sua casa nei pressi del muro di Auschwitz. Per tutti questi motivi La Zona d'interesse è uno dei film più originali e ben realizzati sul tema dell'Olocausto, una pellicola a suo modo intensa, impegnativa ed estremamente comunicativa che rimarca il talento che ha Jonathan Glazer nel raccontare storie, generi e sensazioni diverse.

Conclusioni

Per riassumere la nostra recensione di The Zone of Interest possiamo dire senza alcun indugio che Jonathan Glazer si riconferma un regista eclettico e interessante, in grado di dirigere e raccontare storie e generi diversi con una propria ed efficace estetica. Lavorando sulla dicotomia tra immagini e suono narra una storia di orrore e normalità, racconta l'Olocausto in modo originale e terrificante riuscendo a turbare lo spettatore pur tenendo le atrocità fuori campo.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Le immagini evocative.
  • Il sonoro estremamente importante ai fini narrativi.
  • L’adattamento del libro che permette una narrazione diversa e originale.

Cosa non va

  • Potrebbe deludere chi si aspetta una narrazione più classica della Shoah.