C'era una volta un violinista...
Quella di Lezione 21 è la recensione che nessun giornalista vorrebbe mai dover scrivere. Qualsiasi giudizio qualitativo espresso, sia in senso positivo che negativo, susciterà indignazione e dissensi a prescindere. Il perché è presto detto. Alessandro Baricco è un idolo polemico che smuove masse di detrattori, in primis coloro che in lui identificano quella fronda intellettuale del 'vorrei ma non posso' che a parole si propone di elevare la massa italica nutrita a pane e tv, ma nei fatti si piega alle mere esigenze di mercato. A controbilanciare le critiche vi è una nutrita schiera di ammiratori del poliedrico scrittore che segue fedelmente ogni suo nuovo progetto. Muoversi tra questi due opposti è sempre rischioso, comunque la si veda. Alla notizia dell'esordio alla regia di Baricco si è scatenata la fiera del pregiudizio, aggravata ulteriormente dopo la scoperta dell'argomento su cui verte la pellicola da lui diretta: la genesi della Nona Sinfonia di Beethoven. Il coraggio (o l'incoscienza) di misurarsi su un tema su cui, uno dopo l'altro, sono caduti più o meno rovinosamente Agnieszka Holland, Bernard Rose e, ahimé, il nostro Franco Battiato sembra però aver premiato l'intrepido Baricco. Intendiamoci, Lezione 21 è un prodotto in puro Baricco style al 100%, un divertissement intellettuale pieno di citazioni, riferimenti, trovate leziose e strizzate d'occhio al pubblico. Lo scrittore inventa una complessa struttura che si articola su diversi piani temporali, che si intersecano l'uno con l'altro grazie a curiose trovate di montaggio, per svelare il contenuto della lezione più bella dell'eccentrico professor Mondrian Killroy (personaggio già presente nel romanzo City, qui interpretato da John Hurt), quella sulla Nona Sinfonia.
La ricostruzione della Lezione 21, filtrata dalla memoria dei suoi allievi più affezionati, ha come obiettivo quello di confutare l'assunto che la Nona sia un capolavoro. Per arrivare allo scopo il professore si serve della storia del violinista Hans Peters (Noah Taylor), trovato morto nel bel mezzo di un lago ghiacciato nel 1824 con il suo violino stretto in mano. Killroy immagina che Peters, sperduto nella neve, incontri una banda di strani personaggi i quali provano a distoglierlo dall'idea che la Nona sia il capolavoro di Beethoven, infierendo in particolar modo sull'Inno alla gioia. Le motivazioni riguardano essenzialmente la vecchiaia, la solitudine e la malattia in cui versa il celebre musicista negli ultimi anni della sua vita, ma la situazione contingente di Beethoven è funzionale a una riflessione più ampia sulla genesi di un'opera d'arte, sulla senilità, sullo scorrere del tempo e, in definitiva, sulla morte. La moltiplicazione delle voci narranti movimenta il pamphlet filosofico scritto da Baricco per permettere al pubblico di seguire il complesso ragionamento di Killroy senza mai annoiarsi. I riferimenti alla contemporaneità, le battute fulminanti, i volti ottocenteschi che interpellano di continuo lo spettatore con effetto straniante, l'ironia sempre presente sono ingredienti fondamentali della lezione baricchiana.
Alla brillantezza nel ritmo e nei dialoghi e alla costruzione di personaggi stralunati e picareschi corrisponde una cura formale che svela le ambizioni del Baricco regista di realizzare un'opera non solo godibile, ma anche visivamente elegante e originale. L'estetica di Lezione 21 ricorda vagamente l'ultimo Peter Greenaway, i colori vivaci degli interni e il candore della neve si ispirano a numerosi dipinti ottocenteschi, i tagli delle inquadrature, soprattutto nella parte iniziale della pellicola, ambiscono a ricostruire un universo immaginario, ma tangibile, in cui non manca un pizzico di kitsch. Anche se l'inesperienza del neo regista si vede tutta nelle imperfezioni contenute negli sporadici movimenti di macchina, che tentano faticosamente di accompagnare la musica di Beethoven, vera grande protagonista del film, il risultato complessivo, nel suo barocchismo, risulta gradevole. Tra i vari ammiccamenti e giochi contenuti in Lezione 21, Baricco coglie l'occasione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa con la trovata del mucchio delle opere sopravvalutate in cui, a fianco della Nona Sinfonia, fanno bella mostra di sé l'Ulysses di Joyce, la Gioconda di Leonardo e 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Il pubblico ride, ma i cinefili sono una razza pericolosa. Si devono temere rappresaglie?
Movieplayer.it
3.0/5