A dieci anni dal finale di Buffy - L'ammazzavampiri, il cui ultimo episodio andò in onda il 20 maggio del 2003, il seguito e il prestigio del suo creatore Joss Whedon sono a livelli inauditi. Ma per il regista di The Avengers tutto iniziò con una liceale bionda (o meglio, tutto iniziò con Rhonda the Immortal Waitress, ma Buffy ne fu l'incarnazione immediatamente successiva) che voleva solo un posto nella squadra di cheerleading della sua scuola, e invece si ritrovò costretta ad affrontare e sterminare vampiri, demoni e mostruosità assortite, oltre che a salvare il mondo. Più di una volta.
Questa era l'idea alla base di un progetto avviato con un film, Buffy l'ammazzavampiri (1992) diretto da Fran Rubel Kuzui sulla base della sceneggiatura di Whedon: trasformare "la ragazzina bionda che finisce ammazzata in un vicolo in qualsiasi film horror" in un eroe. Peccato che, nel film, l'idea di Whedon di creare un personaggio femminile che si scopre, da fragile, straordinario, venga annegato negli stereotipi della commedia; restano buone le idee della sceneggiatura, cui viene data una nuova chance diversi anni dopo, quando fu la compagnia che deteneva i diritti del film a proporre a Whedon di farne uno show televisivo.
La scuola come un film horror? La metafora non è mica tanto azzardata, come ben sa chiunque abbia messo piede in un liceo. E infatti è proprio nelle profondità della Sunnydale High School che si trova la Bocca dell'inferno, il portale che fa convergere ogni sorta di potenza malefica, di origine più o meno soprannaturale, nella ridente cittadina californiana in cui vivono la nostra Cacciatrice, il suo Osservatore e la sua "Scooby gang".
Sin dal primo episodio, trasmesso il 10 marzo del 1997, Buffy - L'ammazzavampiri rappresentò come vampiri, mostri e altri agenti soprannaturali, ma in molti casì rappresentò e basta, le ansie, le scoperte, le magie e gli orrori del crescere, e ce li fece rivivere attraverso la performance della deliziosa Sarah Michelle Gellar, nei panni, appunto, di una ragazza qualunque chiamata dal destino a gestire eventualità e responsabilità inconcepibili per proteggere i suoi compagni di scuola. Un po' come quelle che, crescendo, terrorizzano ognuno di noi: dopotutto, "The hardest thing in this world is to live in it".
Tra lezioni, chiacchiere con gli amici, violenti corpo a corpo e Apocalissi varie sventate per un pelo, Buffy andò avanti per sette stagioni con rarissimi momenti di crisi creativa, grazie alla dedizione degli sceneggiatori della Mutant Enemy di Whedon; sette stagioni durante le quali la Cacciatrice ha, tra le altre cose, patito l'abbandono del padre, ucciso l'amore della sua vita (un vampiro), adottato una sorella di origine mistica, affrontato la malattia e la morte della madre, avuto una relazione autodistruttiva e decadente con un uomo molto pericoloso (un altro vampiro), flirtato con la morte e passato il confine un paio di volte, per essere riportata indietro dall'amore dei suoi cari. Il tutto passando agevolmente dalle atmosfere horror a quelle dei martial arts, dal registro comico a quello epico, dai topoi del teen a scelte rivoluzionarie, come quella di mostrare apertamente la relazione omosessuale che coinvolge uno dei personaggi principali, quello interpretato da Alyson Hannigan.
Ma Buffy non si fermò all'esplorazione di temi complessi e articolati e al ritratto di stati emotivi di notevole portata; lo fa anche attraverso linguaggi eterogenei e sperimentali, dal "banter" dei personaggi principali, infarcito di modi di dire e di strutture verbali in seguito entrate nell'uso comune, fino ad azzardi che hanno fatto la storia della televisione, e che testimoniano la vulcanica creatività di Whedon ma anche l'audacia di un canale televisivo quale il fu Warner Bros Network. A cominciare dal momento in qui, nella seconda metà della seconda stagione, Buffy fece il "grande salto" qualitativo, con due episodi, Surprise (Sorpresa) e Innocence (Un attimo di felicità), in cui le premesse narrative e di genere dello show vennero ribaltate con risultati deflagranti, grazie principalmente allla efficacissima trasformazione del "banale" love interest dell'eroina David Boreanaz in un villain mefistofelico e spietato. Da qui in poi lo show divenne sempre più tendente allo sviluppo orizzontale delle storyline, oltre che più audace nelle tematiche, creando precedenti che sono stati spesso ripresi e omaggiati negli anni successivi; e proponendo episodi in cui le ardite e vitalissime sperimentazioni narrative, registiche e linguistiche sono giustificate dalla natura soprannaturale della storia.
Nell'episodio The Wish (Il desiderio) della terza stagione, ad esempio, visitiamo una sorta di realtà parallela in cui molti personaggi - tra cui la tenera secchiona Willow e il buffo e inoffensivo Xander - hanno la possibilità di esplorare un registro completamente diverso. In Something Blue (Qualcosa di blu), nella quarta stagione, è una "magica" amnesia che sovverte i ruoli dei protagonisti fornendo il destro ad alcuni momenti di puro genio comico. In Hush (L'urlo che uccide) i dialoghi scompaiono per una tesissima incursione nei canoni del muto; e in Restless (Sonni agitati), episodio finale di questo quarto ciclo, Joss Whedon si cimenta nella regia di sequenze oniriche, misteriose, in cui si esplorano pulsioni profonde e desideri inconsci, e si introducono soprendenti elementi di foreshadowing sui futuri sviluppi dello show.
Forse meno rappresentativo dei mood del serial, ma autentico capolavoro di regia televisiva è il sedicesimo episodio della quinta stagione, The Body (Un corpo freddo): sommesso, lucido e lirico, esplora il dolore, l'incredulità e l'incomprensione di fronte alla morte, non la morte cinematica, spettacolare e mistica di cui sono responsabili vampiri e altri orrori che Buffy può affrontare e ridurre in poltiglia, ma la morte "normale", inaccettabile e inevitabile. Nel finale della quinta stagione (The Gift, Il dono), poi, Buffy rompe davvero ogni convenzione con l'epico, commovente e sconvolgente sacrificio/ suicidio della protagonista, a sigillare degnamente il centesimo episodio ma anche l'era WB.
Con la chiusura del network Warner e il passaggio, per la sesta e la settima stagione, a UPN, il lavoro di Whedon e dei suoi resta ardimentoso e conclude un arco narrativo forte e appagante: la ragazzina iperdotata e depressa si trasforma infine in una donna equilibrata ed eccezionale che scopre l'autentica voglia di vivere e il vero significato della sua missione.
Uno dei momenti emotivamente più potenti della tormentata vicenda della Cacciatrice in cerca di una ragione di vita nella sesta stagione è anche una delle creazioni televisive più popolari e chiacchierate di tutti i tempi: quel Once More, with Feeling (La vita è un musical) completamente realizzato in forma di musical che è anche l'episodio tecnicamente più complesso dell'intero show. Ma, per chi si è lasciato conquistare dalle sue melodie, dalle sue evoluzioni e dalle confessioni che i personaggi, con la scusa di un demone "off Broadway", affidano alla musica, è anche il momento più toccante e trascinante della serie..
A dieci anni dalla chiusura, il successo di Buffy non si è esaurito; i fan continuano a organizzare convention (ne è in programma una in Italia ad agosto) come se fosse passata una settimana, e anche tra gli addetti ai lavori si continua a parlare di versioni cinematografiche e spin-off televisivi: dopo la fine traumatica di Angel dopo cinque stagioni, e l'aborto, per varie ragioni, dei progetti relativi a Faith, Spike e Ripper, le vicende di Buffy sono proseguite a fumetti grazie alla Dark Horse, sui cui albi tante firme dello show, in primis il buon Joss, sono andate ad ampliare in diverse direzioni il Buffyverse whedoniano.
La prospettiva di un film in cui Whedon potesse concludere la vicenda di Buffy Summers non si mai concretizzata, e sembra ormai improbabile mai si realizzi. Al momento, resta l'ombra di un reboot messo in produzione da Warner e assolutamente indipendente da Joss Whedon; ma a noi, oggi, piace immaginare la Cacciatrice lontana da Sunnydale e in giro per il mondo, sempre impegnata a difenderci dalle potenze maligne ma, magari, anche, perché no, donna innamorata e madre devota, come d'altronde Sarah Michelle Geller. Cresciuta come noi, insieme a noi. Forse non la ritroveremo mai in una società che non ha bisogno di cacciatrici di mezza età e che l'eroismo delle donne - lavoratrici, manager, homemaker, educatrici e dotate magari del superpotere dell'imperitura bellezza, oltre che della capacità di apprezzare i loro pigri partner - lo dà per scontato, ma Buffy rimarrà per sempre, ricchezza unica e inimitabile, nella storia del piccolo schermo.