Bridget Jones è tornata. Fa impressione anche solo pensarlo, ma sono passati quasi 25 anni dal primo film, diventato un cult generazionale. Tratto dall'omonimo libro di Helen Fielding, a sua volta ispirato alla rubrica che la giornalista e scrittrice aveva prima su The Indipendent e poi su The Daily Telegraph, si tratta ormai di un vero e proprio franchise, sia letterario che cinematografico. Siamo infatti arrivati al quarto capitolo della saga, Bridget Jones - Un amore di ragazzo, in anteprima il 14 febbraio e poi nelle sale italiane dal 27 febbraio.
Bridget si affaccia ai 50 anni, ha due figli e - si vede già dal trailer - deve affrontare un'enorme perdita: la morte del marito, Mark Darcy (Colin Firth). Si potrebbe pensare che questo sia quindi un film pesante e deprimente, ma non è così: come sempre, la protagonista è piena di senso dell'umorismo ed energia vitale. Anche se all'inizio la troviamo comprensibilmente provata. Ad aiutarla ci sono gli amici storici e due new entry: il professore di scienza del figlio maggiore, il sig. Wallaker (Chiwetel Ejiofor), e Roxster (Leo Woodall), ventenne che piomba nella sua vita in modo inaspettato.
Senza dimenticare il mitico pigiama di flanella e i mutandoni della nonna, in questo capitolo della maturità Bridget Jones riflette sull'esistenza, sulla caducità della vita umana, sull'importanza dei ricordi e dei legami. Il tutto senza censurare il proprio linguaggio, spesso irresistibilmente sboccato, e la propria goffaggine, che l'ha resa vicina a tanti spettatori, perché non è una donna perfetta, ma una persona vera, con tanti difetti e mancanze.
Bridget Jones - Un amore di ragazzo: senza Mr. Darcy
Bissare il successo di un film assurto a cult è un'impresa difficilissima. Il diario di Bridget Jones, poi, è uscito al momento giusto: nel 2001, stanche degli anni '90, in cui il modello di bellezza da seguire era quello delle donne "heroin chic", capitanate da Kate Moss (ovvero magrissime al punto da sembrare quasi sofferenti), le spettatrici hanno abbracciato una donna normale come Bridget, con qualche chilo in più (per l'idea di allora), un talento unico per le figuracce e un amore orgogliosamente non mascherato per alcol e fumo. In 25 anni però il mondo è cambiato e di conseguenza anche il personaggio: oggi alla Gen Z forse l'ossessione per il peso e le relazioni amorose sembra datato, ma chi è cresciuto con la protagonista sa che il contesto in cui si è formata era diverso.
Come fare quindi a ritrovare l'autenticità dopo tanti anni e altrettanti cambiamenti sociali? Se il primo film poteva contare sulla scrittura brillante di un maestro della commedia come Richard Curtis, i capitoli successivi, e in particolare il terzo, Bridget Jones's Baby (2016), non hanno potuto godere di un punto di forza altrettanto efficace in sceneggiatura. Ed è qui che è entrata in gioco la vita reale: Bridget Jones - Un amore di ragazzo nasce dalla vera esperienza dell'autrice. Helen Fielding ha infatti perso prematuramente il marito, Kevin Curran, nel 2016, rimanendo sola a crescere i loro figli. Ha esorcizzato questo trauma attraverso il film e, durante la visione, si percepisce che c'è un sentimento vero alla base della storia raccontata. Tutti i fan di Mr. Darcy possono quindi consolarsi: la sua morte è celebrata come il personaggio merita e dona un senso profondo al capitolo più maturo e commovente delle avventure di Bridget Jones.
Renée Zellweger è straordinaria
La sceneggiatura stavolta è di Abi Morgan, già autrice di film come Shame e The Invisible Woman e serie quali Eric, con Benedict Cumberbatch. Il suo contributo è stato sicuramente fondamentale per quanto riguarda la parte più drammatica della storia. Il genio di Renée Zellweger sta però nel non cedere alla lacrima facile. Quasi come un'equilibrista, riesce a rimanere perfettamente a metà tra l'ironia più dissacrante e il dolore. La due volte premio Oscar ormai è davvero un tutt'uno con il personaggio e, oltre a recuperare, da americana, un perfetto accento inglese, ne conosce ogni singolo movimento, reazione ed espressione impercettibile. È bellissimo vederla mettersi ancora una volta in gioco, rinunciando a capelli perfetti e aspetto impeccabile, scatenandosi in balletti buffi e cadute rovinose. Non è scontato: tante colleghe (con meno riconoscimenti di lei) probabilmente non avrebbero accettato.
Se questo Bridget Jones 4 funziona benissimo è quindi non soltanto per una sceneggiatura più forte, ma soprattutto grazie a lei. Un amore, questo tra il personaggio e l'attrice, che non sembra destinato a finire qui: in diverse interviste Zellweger sta infatti dichiarando che spera non sia l'ultimo giro di giostra. Chissà. Intanto i presupposti per un altro sequel ci sono, anche grazie ai personaggi che circondano la protagonista: ritroviamo infatti uno Hugh Grant in gran spolvero, sempre ferocemente inopportuno nel ruolo di Daniel Cleaver, ma questa volta più pensieroso. Ci sono poi una straripante Emma Thompson nel ruolo della ginecologa di Bridget (ha poche scene, ma ogni volta che appare sullo schermo, come si dice, lo buca), e, come dicevamo, il professor Wallaker, l'unico che sembra capire davvero la sofferenza che la donna si porta sempre dietro nonostante i sorrisi di facciata. E poi, ovviamente, gli amici di sempre. Uno di loro dice: "Non so come avrei fatto a sopravvivere in questi 30 anni senza di voi". E, in fondo, Bridget è stata proprio questo per tutti noi: l'amica su cui poter sempre contare e in cui rispecchiarsi, riuscendo così ad accettarsi meglio. Film dopo film. E a cui perdoniamo tutto. Sì, anche i "mutandoni della nonna".
Conclusioni
Questo è il capitolo della maturità per Bridget Jones: non perde il senso dell'umorismo e la sua proverbiale goffaggine, ma stavolta affronta anche temi più drammatici, come la perdita e il passare inesorabile del tempo. Forte di una sceneggiatura più solida, il quarto capitolo brilla soprattutto grazie al cast, su cui spicca la protagonista: Renée Zellweger è straordinaria sia nelle gag fisiche che nelle scene più serie. Se amate la saga Bridget Jones 4, il migliore dopo il primo film, vi stupirà.
Perché ci piace
- La bravura di Renée Zellweger: fantastica sia nelle gag fisiche che nei momenti più drammatici.
- La sceneggiatura: più solida rispetto al film precedente.
- Il resto del cast: da Hugh Grant a Emma Thompson, bucano tutti lo schermo.
- L'aspetto più sorprendentemente profondo del film.
Cosa non va
- Se avete sempre detestato il personaggio di Bridget Jones questo film non fa per voi.
- L'assenza di Mark Darcy potrebbe spiazzarvi all'inizio: il personaggio però viene adeguatamente celebrato.