E' sicuramente un'esperienza atipica, quella di chi dall'Italia, per la prima volta, si approccia ad una manifestazione come il Bruxelles International Fantastic Film Festival. Intanto, un po' di storia. Il BIFFF è uno dei più longevi festival europei dedicati al cinema fantastico (la prima edizione risale al 1983) che nel corso della sua storia ha ospitato personalità importanti del cinema di genere (e non) quali Sam Raimi, Alex de la Iglesia, Takashi Shimizu e i nostri Dario Argento e Lucio Fulci. Una manifestazione con un background importante, quindi, per certi versi simile ad analoghi eventi italiani (il quasi coevo Fantafestival, e il più recente Ravenna Nightmare Film Festival) ma che gode, tuttavia, di una salute infinitamente maggiore: ciò, almeno, stando alle migliaia di spettatori che stanno affollando, in questi giorni, il piano inferiore del Centre for Fine Arts di Bruxelles, posto nel centro della capitale belga. La prima cosa che colpisce il visitatore straniero è proprio la divisione netta tra le due aree del luogo ospitante (utilizzato quest'anno per la prima volta: la sede storica della manifestazione è infatti quella dell'Auditorium 44, presso l'Orto Botanico) che quasi stridono per il contrasto, anche solo cromatico, che creano: al piano di sopra, appena entrati nella struttura, domina infatti il bianco e l'atmosfera seriosa, colta e borghese, di un luogo pensato per l'arte "alta"; ma, appena scese le scale che portano al seminterrato, pare di entrare in un'altra dimensione, quasi una discesa (letterale) agli inferi. Qui, sono le tonalità di nero e di rosso a farla da padrone, mentre il dedalo di corridoi che si snodano davanti al nostro sguardo rivelano un gran numero di spettatori, giornalisti, curiosi, che si aggirano tra le tre sale e i tanti stand della manifestazione. Tra questi, a titolo esemplificativo: uno spazio che ospita un concorso di body painting, una sala per il trucco, in cui esperti di make-up trasformano i temerari spettatori in zombi e creature sovrannaturali, uno stand dedicato ai fumetti e uno per l'home video. E poi, il Village, dov'è possibile mangiare, bere, e gustarsi su uno schermo, in proiezione, trailer e spezzoni dei film presentati al festival.
Uno spazio che si integra, ritagliandosi una sua specifica area, in un contesto apparentemente lontanissimo dalla sua natura, un luogo "altro" che invita, già dalla sua estetica (allegra, kitsch e creativamente disordinata) a una fruizione appassionata e viva, a una partecipazione all'evento che vada oltre la semplice, passiva ricezione dei testi filmici. L'impressione è confermata, diremmo persino rafforzata, dalla visione delle pellicole in sala. Prima di soffermarci sulla proposta cinematografica del festival, comunque variegata e spaziante sui molti filoni (dal mainstream al trash) del genere fantastico, è opportuno parlare del pubblico: vero protagonista del BIFFF e autore di quello che si può definire, senza esagerazioni, uno spettacolo nello spettacolo. Se il concetto di partecipazione popolare è da sempre parte integrante del cinema di genere, e dei meccanismi della sua fruizione, questo concetto, nel festival belga, viene portato all'ennesima potenza. Il contagioso entusiasmo degli spettatori, già allo scorrere sullo schermo del trailer della manifestazione, può lasciare interdetto il cinefilo abituato a una visione più classica: il pubblico di Bruxelles urla, applaude con entusiasmo, smonta le assurdità di trama con battute caustiche, acclama i suoi idoli e ironizza (affettuosamente) sui luoghi comuni del genere. Tormentoni (gli ululati all'apparire della luna piena, le intimazioni a sedersi agli incauti spettatori che lasciassero il loro posto) rimandi ad altre pellicole, persino effetti sonori extradiegetici fantasiosamente (ri)prodotti dagli spettatori: un simile repertorio, in Italia, lo abbiamo visto solo nel romano Fantafestival, il cui pubblico, negli anni d'oro, ha in effetti mostrato analoghe irriverenza e vitalità. Caratteristiche che privilegiano un approccio "di pancia" e meno ragionato ai film (in linea, in fondo, con la natura stessa del cinema popolare) ma che tuttavia non impediscono, in genere, la fruizione delle pellicole di maggiore spessore. Venendo all'aspetto strettamente cinematografico del festival belga, la nostra visione è per forza di cose parziale, in quanto limitata ai quattro giorni (dal 4 al 7 aprile) in cui siamo stati presenti a Bruxelles. Ciò che si può sottolineare, tuttavia, è l'estrema varietà di filoni a cui già si accennava: se il "cuore" della manifestazione è ovviamente l'horror, che ha avuto il suo apice nella lunga maratona notturna del 6 aprile (aperta dallo spagnolo La madre e proseguita col già cult John Dies at The End di Don Coscarelli, e con i divertenti Fresh Meat e Grabbers) si può rilevare comunque la presenza di una varietà di altre atmosfere: dalla commedia noir del giapponese Key of Life alla rilettura "colta" di un classico della favola con lo spagnolo Blancanieves, dalla versione filosofica del genere fanta-apocalittico di Fin, a una interessante variante del filone Saw (e derivati) col filippino Modus Anomali. Certo, in una manifestazione che, nei suoi 12 giorni di durata, sceglie di abbracciare il fantastico in tutte le sue declinazioni, non possono mancare i titoli trascurabili o poco riusciti: il nipponico Cult, ad esempio, è una stanca variante del filone demoniaco con spruzzate di Paranormal Activity, lo statunitense The Between è un pasticcio horror/new age di ben scarsa comprensibilità, l'anime The Life of Gusukou Budori (dedicato agli spettatori più giovani) una brutta copia dei titoli dello Studio Ghibli. Se, nei prossimi giorni, verranno proiettati tanti dei titoli già passati o attesi nelle nostre sale (l'imminente Oblivion, il recente Non aprite quella porta 3D, la love story fantascientifica Upside Down e i nostrani Paura e Dracula 3D) è un peccato aver mancato i titoli di apertura e chiusura, ovvero l'atteso ritorno di Neil Jordan al genere vampiresco con Byzantium, e soprattutto lo Stoker di Park Chan-wook. Nell'impossibilità di una valutazione più esaustiva di questa trentunesima edizione della manifestazione, ci sentiamo di accogliere comunque questa "fetta" di BIFFF con giudizio più che positivo: per il clima accogliente del luogo e per l'autentica passione che vi si respira, capace di unire organizzatori, ospiti e spettatori, come veri e propri co-autori (nonché responsabili della riuscita) dell'evento.BIFFF 2013: l''inferno' sotto Bruxelles
I quattro giorni trascorsi nella capitale belga ci hanno fatto scoprire un festival singolare e dalla lunga storia, in cui i concetti di partecipazione popolare e di passione cinefila sono più che mai vivi.