I ricordi, soprattutto i ricordi d'infanzia, sono fatti di immagini, colori e sensazioni. Un parco, una spiaggia, un nonno seduto su una poltrona, un sorriso, un giocattolo, frammenti di memorie che non riusciamo a riprodurre per intero e che si fanno via via più completi e corposi man mano che si va avanti nel riprodurre il nastro della memoria, man mano che ci si allontana dai primi anni della nostra esistenza. Ma tra tutti i fotogrammi dei nostri personali film dei ricordi, ce ne sono alcuni che attingono alla tessitura del contesto culturale in cui siamo tutti cresciuti e ci accomunano.
Siamo pronti a scommettere che c'è un ricordo che ci lega tutti, che da qualche parte nella memoria di ognuno di noi c'è l'immagine di un genitore che ci tiene per mano e ci conduce in un cinema che proietta uno qualunque dei classici Disney. Che sia con la mela di Biancaneve, con le lacrime versate guardando Bambi o Dumbo, con i buffi ippopotami di Fantasia o con un altro qualunque momento tratto da uno dei lungometraggi animati del creatore di Topolino, gran parte degli spettatori è stata svezzata alla sala cinematografica grazie ad uno dei lungometraggi prodotti da Walt Disney, una serie di titoli che tutti noi conosciamo e amiamo, che ha preso il via 70 anni fa con l'arrivo di Biancaneve e i sette nani.
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La pazzia di Disney
All'inizio degli anni '30, Disney era già da un po' in attività, aveva anche vinto un primo Oscar nel 1932 come miglior cortometraggio animato per Flower and Trees oltre ad uno ad honorem come creatore di Topolino... ma non gli bastava. Serie come Topolino e Sinfonie allegre erano successi, ma l'animazione richiedeva continui investimenti per nuove tecniche e sperimentazioni che consentivano a Walt di mantenersi a galla senza però far crescere il suo studio. Da qui l'idea, o forse la necessità, di guardare oltre e fare qualcosa di azzardato, ovvero un lungometraggio animato. Un'idea nata nel 1934 ma compiuta solo a fine '37, anni durante i quali i suoi animatori hanno lavorato alle Sinfonie allegre soprattutto per sperimentare quello che andava fatto per Biancaneve, dall'animazione realistica degli esseri umani agli effetti speciali, senza trascurare l'aspetto più puramente tecnologico con l'invenzione della cinepresa a piani multipli.
Segnali di quello che oggi conosciamo bene, di quella capacità di guardare sempre avanti senza mai accontentarsi, affrontando e superando difficoltà economiche ed in barba allo scetticismo che lo circondava, che portò i suoi concorrenti dell'epoca a definire la produzione di Biancaneve e i sette nani come "la pazzia di Walt Disney". Una pazzia, ma una sfida vinta sin dalla premiere tenuta il 21 dicembre 1937 ad Hollywood, accolta con un'entusiastica standing ovation, e fino ad un incasso di otto milioni di dollari dell'epoca (che visti nell'ottica di oggi si avvicinano ai cento milioni).
La via delle favole
Se la scelta di Biancaneve può esser stata più casuale, legata al ricordo di un film muto con Marguerite Clark visto da bambino, non facciamo fatica a comprendere le motivazioni dietro la scelta di adattare ulteriori fiabe nella forma del cartone animato. A Biancaneve seguì quindi Pinocchio (costato il doppio ed ostacolato, negli incassi oltreoceano, dalla guerra) e negli anni a venire altre storie per l'infanzia molto popolari hanno visto la via dell'adattamento disneyiano, da Cenerentola ad Alice nel paese delle meraviglie, Le avventure di Peter Pan, La bella addormentata nel bosco, La spada nella roccia e Il libro della giungla, tracciando l'inizio di un cammino che si protrae fino ai successi che il suo studio ottiene ancora oggi, da Rapunzel - L'intreccio della torre a Frozen - Il regno di ghiaccio.
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Fantasia e sperimentazione
Un approccio comprensibile e intelligente che gli ha permesso di rendere il termine disneyano indicativo di uno stile, quasi sinonimo di film per famiglie, ma che non deve renderci miopi e incapaci di analizzare la realtà dei fatti: l'approccio all'animazione di Walt Disney è sempre stato coraggioso e rivoluzionario. Lo dimostra la stessa Biancaneve e tutto il lavoro a lei dedicato, a partire dai mesi di lavorazione solo per definirne l'aspetto, proseguendo con l'attenzione dedicata all'animazione di ogni singolo personaggio, che rende i sette nani tutti diversi tra loro e perfettamente caratterizzati, senza trascurare la creatività con cui ha superato i limiti della tecnica che usava, muovendo la macchina da presa, letteralmente, dentro i disegni per dar profondità alla scena bidimensionale. Una sperimentazione che si concretizza nel suo terzo progetto, quel Fantasia che rappresenta un'operazione unica per l'epoca e ancora oggi sbalorditiva, e che ci sentiamo di ritrovare in tante opere anche successive, da alcune trovate narrative de La spada nella roccia all'approccio surreale che pervade Alice nel paese delle meraviglie.
80 anni e non sentirli
Ora, nel 2018 e proprio nel mese di febbraio in cui scriviamo queste righe, Biancaneve compie 80 anni, Pinocchio arriva a 78, ma anche Bambi diventa una nonnina di 70 e Peter Pan ne compie 65. Eppure fanno parte di quella serie di titoli che sono restati attuali fino ad oggi, arrivando a rappresentare l'ossatura dell'educazione cinematografica di almeno tre generazioni, e che si sono meritati l'appellativo di classici Disney. Una schiera di film che cresce anno dopo anno, d'importanza tale da rendere anche ogni nuova aggiunta classico ad honorem, di diritto tra i titoli base da guardare e riguardare, da tramandare ai propri figli come fatto con i precedenti dalle generazioni passate. Classici di ieri, oggi e domani nati dall'ambizione di un uomo che sapeva vedere oltre i confini della realtà che lo circondava.