Bertolucci su The Dreamers - I sognatori

Il Mestro incontra la stampa per la presentazione del discusso lavoro; con lui lo sceneggiatore - nonché autore del romanzo da cui il film è tratto - e due dei giovani interpreti.

In occasione della conferenza stampa, oltre a Bernardo Bertolucci ed allo scrittore del romanzo da cui è tratto il film nonché sceneggiatore Gilbert Adair, sono presenti due dei tre attori protagonisti arrivati direttamente da Parigi, Eva Green e Louis Garrel. Quest'ultimo in una 'veste' è il caso di dire, piuttosto inappropriata, si è presentato assonnato ed in una tenuta a dir poco trasandata mantenendo per tutta la durata della conferenza un atteggiamento svogliato e sfrontatamente insofferente, fumando in collaborazione con la sua collega più di un pacchetto di sigarette, tanto che gli organizzatori hanno dovuto ricorrere agli areatori della lussuosa sala in modo da purificare l'aria e renderla respirabile alla stampa presente. Una performance per richiamare il proprio personaggio nella pellicola?
Veniamo alle parole del maestro Bertolucci, che con la sua saggezza e simpatia ha rallegrato l'ambiente con le sue battute di sarcasmo a sfondo politico.

E' soddisfatto dell'impatto che ha suscitato il suo film a Venezia?

Bernardo Bertolucci: Sì, sono comunque contento di come il film è stato accolto anche se qualcuno ha rivendicato il diritto di giudicare il film senza neanche averlo visto per partito preso contro il '68. Vorrei ricordare a queste persone che quel che hanno fatto è un paradosso tipico del '68 (!!).

Quanto è contento, ad un mese di distanza, di non essere passato al Festival 'in concorso' e di non aver inanellato poi una serie di polemiche come quelle che ha scatenato il film di Bellocchio Buongiorno, notte?

Bernardo Bertolucci: Quando ho saputo che Marco Bellocchio era rimasto molto male di non aver vinto gli ho parlato e ho risposto che ero molto solidale con lui e che il film mi era piaciuto molto, l'ho trovato molto forte e straordinariamente catartico, il finale poi è liberatorio per la mia generazione, che in qualche modo si è sempre sentita in colpa anche ingiustamente forse della morte di Aldo Moro. Ho detto a Marco che ormai le gare di sprint non sono più fatte per vecchi elefanti feriti come siamo noi. Andare in concorso a Venezia per me sarebbe stato troppo gravoso, mi avrebbe messo talmente tanta ansia addosso che sarebbe stata difficile da sopportare. Più si va avanti più è difficile per me e più diventa insopportabile l'idea di passare un esame perché essere in concorso ad un festival cinematografico è come passare l'esame più competitivo. No grazie.

Tra i giovani si è registrato un enorme interesse e molta voglia di capire i meccanismi che hanno portato alla rivoluzione. Lei ha avvertito o no una certa difficoltà nel comunicare e nel descrivere l'enorme complessità di quel periodo?

Bernardo Bertolucci: Trovo anche io sorprendente il fatto che molti di quelli che hanno vissuto il '68 e che hanno dei figli non abbiano sentito bisogno di trasmettere la loro avventura, di aiutarli ad aprire gli occhi su qualcosa su cui oggi è quasi vietato loro sognare: il futuro. Io ripeterò sempre a proposito di questo film che all'epoca si andava a letto la sera sapendo che ti saresti svegliato 'nel futuro' e non semplicemente 'domani'. Mi chiedo se la nuova generazione di giovani di oggi avrà mai la possibilità di avere questo grande potenziale davanti. Se riuscirà mai a sognare.

Mancano proprio le parole per spiegare cose di questo genere ai giovani, al di là della volontà o meno. Come si può riuscire a comunicare a chi il '68 non lo ha vissuto ad esempio il legame cinema-immaginario-vita privata che era fortissimo ed ora è completamente scomparso? Chi non è capace di fare i film come può fare?

Bernardo Bertolucci: Tra i giovani oggi è scomparsa la parola "trasgressione". Io ho fatto quel che potevo con il mio film, che però non voleva essere un docu-drama; vuole soprattutto trasmettere ai giovani i sentimenti di quel periodo ed in questa occasione mi piacerebbe usare la parola 'contagio'. Con questo film voglio dire loro "cari ragazzi se era giusto alla vostra età ribellarsi negli anni '60, allora a maggior ragione è giusto anche oggi". Se ci riuscirò a trasmettere tutto questo non lo so perché da molti anni ho perso la fiducia nel potere del cinema, forse quando feci Novecento avevo ancora l'illusione che un film potesse in qualche modo cambiare la realtà ma ora non ci credo più. Credo che il cinema sia solo un movimento nel grande fiume della cultura.

Come mai, secondo Lei si ha la sensazione che il film sia più facilmente accettato ed amato da coloro che il '68 non lo hanno vissuto e più criticato e in qualche modo ripudiato da chi invece lo ha visto e vissuto non è molto d'accordo con Lei e non ci si riconosce. Che idea ha in questo senso?

Bernardo Bertolucci: Il film è stato visto da tantissimi adolescenti anche di 17-18 anni e pare che ci sia stato effettivamente un problema con quelli che hanno vissuto il '68. In effetti però il film si rivolge di più ai giovani, ai ragazzi di oggi che ai miei coetanei, forse a questi ultimi dovrebbero avere una macchina da presa ciascuno per poterci raccontare il loro '68. Forse per chi ha vissuto quei giorni in prima persona subentra l'imbarazzo della nostalgia guardando il mio film, non lo so. Era prevedibile comunque questa cosa, è un effetto che non mi ha assolutamente sorpreso; sono curioso di sapere ad esempio cosa ne diranno a Parigi quelli che hanno 'fatto' il '68 visto che il film si svolge proprio lì.

Per gli attori, cosa sapevate del '68 prima di fare questo film?

Eva Green: Io personalmente non sapevo molto del '68, i miei genitori non me ne avevano mai parlato e per questo forse avevo l'idea che si fosse trattato di un fallimento. Poi Bernardo mi ha mostrato degli spezzoni di filmati che riguardavano le sommosse, le barricate e quindi ho scoperto cosa fosse successo in quel periodo. L'idea che mi sono fatta è che c'era una grandissima speranza all'epoca. Louis Garrel ne sa molto più di me a questo proposito visto che proviene da un ambiente diverso dal mio ed il padre ha partecipato attivamente al '68.

Louis Garrel: Per me il '68 non era affatto un mistero perché mio padre mi ha sempre parlato di quel periodo storico. Aveva 20 anni all'epoca ed era sempre in strada, mi ha sempre cullato con le sue storie sul '68 ma voglio tornare a quel che ha detto Bernardo sulla mia generazione, sul fatto che pensa che la nostra sia una generazione 'bloccata' e senza trasgressioni. Io non sono d'accordo, è come se noi oggi volessimo farne uno migliore di '68, uno nuovo che però finisse meglio del precedente. Bernardo ha detto prima che non riesce a volte a trovare le parole per descrivere il '68, quasi come fosse una lezione da insegnare. Io la vedo diversamente, come se il '68 fosse uno stadio in cui si è dovuti passare per essere oggi un pò più liberi, non deve essere una lezione e non bisogna per forza trovare le parole per spiegarlo ma bisogna solo essere il più precisi possibile nel raccontare quel che ognuno ha vissuto. Molti di coloro che hanno fatto il '68 sono oggi disillusi in parte, ed hanno uno sguardo quasi di disprezzo verso la nostra generazione perché la considerano molle rispetto alla loro; ci considerano incapaci di trasgredire e quasi ci rimproverano di non riuscire neanche a pronunciare la parola. Quel che però loro non capiscono è che forse per noi non c'è più molto da trasgredire ma ci sono ancora dei temi per cui lottare, per lo meno in Francia è così. E credo anche in Italia visto chi c'è al Governo (!!!). Se pensate che questi non siano temi per cui combattere allora mancate di immaginazione.

Una piccola curiosità, Lei quando va al cinema si mette davanti? ( C'è una parte molto bella del film in cui viene sottolineato come i cinefili amino stare nelle prime file).

Bernardo Bertolucci: Sì, anche io mi sedevo molto davanti, forse in seconda o in terza fila sempre un pochino dalla parte 'sinistra' (ovviamente la parola sinistra è stata politicamente sottolineata da Bertolucci, che da qui in avanti ha destato molta ilarità con le sue battute sarcastiche a sfondo politico). C'era il desiderio di essere completamente fagocitati dal film di entrarci dentro e di esserne schiacciati. Quella che sto per dire è una cosa che con il mio film vorrei comunicare ai ragazzi: il '68 era un momento in cui si poteva mescolava insieme e creare un cocktail molto speciale di Cinema-Politica-Rock-'n-Roll-Sesso-Spinelli e tutto riusciva ad armonizzarsi alla perfezione. Tutto era straordinariamente necessario all'estro. Quando è arrivato il '68 tutti hanno vissuto cose che io avevo personalmente già superato avendo all'epoca già 27 anni; ero comunque affascinantissimo da questi ragazzi che tutti i giorni si buttavano nella mischia; c'era proprio questo 'il gusto di mettersi in scena'; anche questo vorrei che venisse trasmesso ai giovani di oggi, vorrei che potessero provarlo anche loro quel piacere. Si mettevano in scena come testimonianze fisiologiche della cinefilie: quando ad esempio nel film i tre ragazzi corrono per il Louvre ripetendo la corsa di Bande à part in quel momento assistiamo alla cinefilia vissuta fisicamente. Questo mi piace molto.

Tornando a parlare di 'sinistra' volevo chiederle a proposito delle provocazione fatte di recente sul fatto che 'gli intellettuali di sinistra lavorano con Berlusconi'. Dall'alto della sua saggezza cosa si sente di rispondere?

Bernardo Bertolucci: Una volta per tutte voglio rispondere, e spero che leggano tutti gli interessati, io avevo con la Medusa un contratto dal 1997 per un film. In tempi non sospetti dunque; se io avessi fatto The Dreamers - I sognatori con un altro distributore sicuramente sarei andato incontro a guai legali che non avevo voglia di affrontare. Poi il fatto che la Medusa appartenga a Berlusconi non è di certo un problema, il problema è che Berlusconi è - oltre che proprietario della Medusa - anche Presidente del Consiglio.

Noi sappiamo che le trasposizioni dei romanzi non sono mai facili e non sempre riescono. Qual'era l'elemento che prima ancora di iniziare a lavorare desiderava non andasse perduto, signor Adair?

Gilbert Adair: Ero disposto a perdere tutto, sin dall'inizio, qualora fosse stato necessario. Ogni lavoro di adattamento come quello che ho fatto io nei confronti del mio romanzo è un lavoro di 'tradimento creativo' allora ero davanti ad una scelta: o tradivo il mio romanzo o tradivo il cinema. Io sono stato critico cinematografico per molti anni e sono romanziere; ho sempre pensato che andasse tradito il romanzo per rispetto del cinema. La prova è venuta e ho adottato questa via. Tutti i produttori sanno e temono quando ad adattare il romanzo al film è lo stesso scrittore del libro perché tenterà in ogni modo di aggrapparsi ad ogni particolare del libro che ha scritto. Credo che nel mio caso non sia stato così credo di essere stato onesto e di aver sostenuto e superato questa prova con successo. "

Come mai l'uscita a americana del film è stata posticipata? Forse ci sono stati dei problemi?

Bernardo Bertolucci: Noi abbiamo un contratto di distribuzione con la Fox Searchlight, per capirci è l'affiliata della 20th Century Fox che distribuisce film d'autore. A maggio abbiamo consegnato il film terminato da passare alla censura USA. Erano molto entusiasti quelli della Fox ma la commissione del rating ha giudicato il film vietato ai minori di 17 anni. L'ultimo gradino della censura. Nessuna major company negli ultimi anni ha distribuito film V.M. 17 per una specie di accordo tacito e quindi alla fine neanche la Fox decise di non uscire con un film con quel rating. Dovremmo uscire con una R, se così non sarà non potremo distribuirlo in America. Quindi ora dovremo tagliare qui e là cercando di riuscire anche con i tagli a mantenere l'impatto emotivo del film; mi sembra francamente che quello che avete visto tutti non ha assolutamente nessun tipo di pesantezza morale e sia pieno di innocenza. E' probabile che con questi tagli rischi di diventare un pochino osceno chi lo sa; d'altronde quando si mette la foglia di fico davanti al nudo esso diventa in qualche modo più malizioso, più osceno. Proprio per quanto è successo negli ultimi mesi, in attesa di saper se riusciamo ad avere la R tagliando il film abbiamo prorogato l'uscita negli States a data da destinarsi.

Le sembra che in definitiva qualche maniera il pubblico e la critica siano entrati nello spirito giusto del film o che ci sia qualcosa che non ha funzionato?

Bernardo Bertolucci: Mi sembra che sia stata una buona idea quella di andare a Venezia, lo spazio dedicato al film è stato molto generoso sui media in generale. Naturalmente c'è stato parecchio dibattito, io me ne sono accorto soprattutto dopo, rileggendo i ritagli stampa. Mi sembra però che in generale il film sia stato preso per quello che è. Le controversie vengono tutte dal giudizio che si da oggi al '68. Come ho avuto modo di dire già a Venezia, c'è in atto un tentativo di archiviare il '68 come qualcosa di profondamente negativo. Se si pensa a quelli che sono i nostri rapporti interpersonali, alla struttura della società odierna, ai rapporti uomo-donna, alla condizione, alla situazione ed alle conquiste fatte dalla donna dopo il '68 ci si rende conto che noi viviamo in una società che è stata prefigurata e soprattutto che è stata ridisegnata proprio nel '68. Come si faccia a dire che è stato un fallimento io personalmente proprio non riesco a capirlo. Non solo è un errore storico ovvio, ma anche un'evidente ingiustizia.