Beetlejuice
Beetlejuice
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No, meglio fermarsi qui, per quanto innamorati del cult assoluto di Tim Burton, non vorremmo correre il rischio di evocare lo spiritello porcello (come è stato ignobilmente descritto dal sottotitolo italiano) interpretato da Michael Keaton, quel Betelgeuse a cui chiedono aiuto i deceduti coniugi Matiland per scacciare dalla propria abitazione la bizzarra famiglia che ne ha preso possesso dopo la loro morte.
Era il 1988, trenta anni fa, e Burton aveva un passato da disegnatore in Disney e un unico film all'attivo, un passo prima di dedicarsi a Batman, Edward mani di forbice, Ed Wood e gli altri titoli che gli hanno garantito il successo e il maniacale affetto di una determinata fetta di pubblico capace di entrare in sintonia con la sua particolarissima sensibilità. Un quasi esordio dall'effetto dirompente, in grado di definire sin da subito la cupa e surreale poetica del regista americano, in tutto il suo macabro immaginario.
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Dal ciclone Keaton a Wynona Ryder
Se Tim Burton era un semiesordiente al tempo, Michael Keaton non era di certo famoso. Aveva all'attivo un paio di film di Ron Howard e poco altro, sarebbe stato Bruce Wayne/Batman solo l'anno successivo, e non era certo una star in grado di lanciare e sostenere un autore ai primi progetti. E invece Michael Keaton si è trasformato nel Beetlejuice perfetto: adorabilmente volgare, scorretto, travolgente, Keaton catalizza l'attenzione senza mai uscire dai margini del disegno immaginato per lui da Burton. Grazie al meraviglioso trucco premiato con l'Oscar, ma non solo per quello, Keaton diventa letteralmente il demone Beetlejuice chiamato a spaventare i fastidiosi Maitland.
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Il regista ha anche un'altra fortuna, quella di trovare in Wynona Ryder la figura perfetta in cui canalizzare le proprie idiosincrasie da freak, da autore che si è trovato spesso a sentirsi fuori posto nel mondo che lo aveva circondato. La Ryder è Lydia, la cupa figlia adolescente con tendenze dark dei Deetz, ed è perfetta nel ruolo sin dalla prima inquadratura. È in qualche modo l'alter ego dell'autore nella storia di Beetlejuice, un ruolo che incarna con intensità tale da poter dare il via alla proficua collaborazione tra lei e il regista che negli anni successivi avremmo portato anche al capolavoro Edward Mani di Forbice.
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Una cena cult
La forza di Beetlejuice - Spiritello porcello non si limita alle indovinate scelte di cast, perché attorno al tornado Keaton e alle depressioni goth della Ryder ci sono alcune sequenze memorabili, almeno una delle quali entra di diritto nella storia del cinema: la cena a ritmo di Day-O di Harry Belafonte, il meraviglioso quanto fallito tentativo di spaventare i Deetz da parte dei fantasmi improvvisati Maitland, che finisce per ottenere l'effetto opposto. Una sequenza che Burton gira con inventiva e brio, muovendo i suoi attori in una bizzarra e irresistibile coreografia macabra. Non l'unico momento divertente del film, ma sicuramente il più iconico e memorabile, di quelli da conservare con riguardo nella propria videoteca.
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L'aldilà di Tim Burton
Il film di Tim Burton ha anche un ulteriore, non trascurabile, merito: quello di proporre la dirompente visione dell'aldilà dell'autore californiano. Dal manuale per i novelli deceduti all'Altro Mondo così simile a un ufficio statale denso di burocrazia, fino all'Assistente Tombale Juno, l'oltretomba di Burton è un insieme di trovate geniali, messe in scena con quel gusto per il macabro che avremmo imparato ad amare e infarcite di tanti piccoli tocchi di classe e personaggi indimenticabili. Se c'è un aspetto su tutti che ha dato ai sorpresi spettatori dell'epoca la sensazione di trovarsi al cospetto di un autore del quale si sarebbe continuato a parlare a lungo, è proprio in questa ricca, folle e geniale rappresentazione del mondo dei morti, che ci ha permesso un primo sguardo nella mente e nella singolare poetica di Tim Burton, facendocene innamorare.