C'è un cuore che batte nel cuore di Roma. Ma no, non è quello cantato da Antonello Venditti. Bensì è un cuore ammaccato, sporco, zoppicante. Un cuore formato da centinaia di cuori. Centinaia di migliaia. Sparsi ovunque, persi tra i marciapiedi e i luridi sottopassaggi, all'ombra di San Pietro o più giù, lungo il Tevere, dove i platani sembrano delle enormi teste che sbucano dietro gli alti muretti. Cuori su cuori, ammassati uno sopra all'altro. Perché di cuori distrutti parla Bassifondi, esordio alla regia di Trash Secco, artista romano e direttore artistico per nomi dal calibro importante (Noyz Narco e Achille Lauro, per citarne due), che ha scritto il film insieme a due autori che conoscono marcatamente bene le increspature romane: Fabio e Damiano D'Innocenzo.
I cuori in questione, secondo lo sguardo acido del regista, sono quelli di Romeo e Callisto (nomi non casuali), due clochard - ma loro non hanno paura nel definirsi barboni - che abitano nelle capanne di cartone e di immondizia sotto Ponte Cestio, che collega l'Isola Tiberina con il Lungotevere Alberteschi. Interpretati da Gabriele Silli e Romano Talevi, i due tornano "in superficie" solo per rimediare qualche "spiccetto", racimolando qua e là scarti di cibo e vino in scatola. Almeno fin quando Romeo inizia a perdere la vista. All'interno di Bassifondi, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, c'è ovviamente un'evoluzione (drammatica), intanto che Trash Secco pone l'accento sulla ricerca di una certa umanità e una certa pietà, nonostante si guardi bene dal compatire i respingenti personaggi.
I colori di Roma
Perché ciò che più conta in Bassifondi è il contesto, la cornice. È un film di opposti, quello girato da Trash Secco in appena quattro settimane (ma lo spunto è vecchio di 15 anni, e aveva per fulcro l'amore fraterno), volutamente spaccato in due: il mondo di sopra, e il mondo di sotto. In mezzo, la camera schizofrenica non perde mai di vista Romeo e Callisto, tenendo però a fuoco l'immortalità di una Roma spezzata, asciugata della sua bellezza. "Abbiamo scelto di girare sulle rive del Tevere perché è li che vive la maggior parte degli homeless. C'era una ragazza che viveva in una tenda, alla quale portavo spesso i cestini in avanzo e, fatalità, aveva avuto da poco una cecità improvvisa come Romeo", ha spiegato il regista.
A supportare la messa in scena, ermetica e definita, l'idea che lo spazio aperto di Roma possa essere inteso come una sorta di teatro di posa, chiuso e comprensibile solo all'intimità stravagante che compone la relazione tra Romeo e Callisto, più dilatata e meno caotica rispetto all'ordinarietà del mondo sovrastante. In fondo, Bassifondi mette in scena l'aspetto più tragico della Città Eterna. E lo fa anche grazie alla simbolica fotografia di Valentina Belli, alternando i colori primari della Capitale: il giallo diventa verde, il magenta si stropiccia fino a impallidirsi, mentre il Tevere riflette il grigio stantio di un cielo senza vita. L'estremizzazione drammatica di una Roma cinematografica che torna ad insaporirsi di Neorealismo, senza la paura di risultare sconveniente, quasi orrida. Anzi: la romanità di Bassifondi, oltre che enfatizzare la miserie e la tragedia, diventa un espediente horror, pigiando sul disgusto, la paura, l'inquietudine. Il solito cinismo romano, bonario ed eclettico, cede il passo ad una certa miseria d'animo, salvo poi "santificarsi" in un dirompente finale.
Bassifondi, Trash Secco e i Fratelli D'Innocenzo: "Il nostro film per parlare di compassione"
Una Roma capovolta
Insomma, quella di Bassifondi è una Roma mostruosa e gretta, lontanissima dalla sua primordiale e accecante bellezza. Del resto, il territorio e l'identità geografica, sono ciò che potrebbe differenziare maggiormente le contraddizioni di Bassifondi. Per Trash Secco, il percorso di Callisto e Romeo è inverso a ciò che li circonda. Loro sono rozzi, volgari, ripugnanti, mentre sul livello più alto c'è il movimento perpetuo di una città incredibile: il traffico che circonda Trastevere, i turisti, gli occhi indiscreti di chi osserva da lontano, provando pena e ribrezzo.
Tuttavia, il palcoscenico cinematografico immaginato da Trash Secco si fonde con la mitologia romana, sottolineata dalle allegorie visive che comprendono gli animali (un topo, un cane, un asino) e da una bussola che ha perso il suo Nord, sostituendo l'aria con il fango marcio del Tevere in secca. Attenzione, però: l'intento del regista non è quello di denunciare il degrado, ma di raccontare la ricerca (e la presenza) dell'amore anche nelle piaghe puzzolenti di una metropoli incoerente e meravigliosa. Come i suoi spazi alternati, e come la sua prospettiva inversa, Bassifondi rovescia l'archetipo di Roma, capovolgendola come si capovolge il negativo di una fotografia analogica. Ciò che resta impresso sono i profili, indefiniti, oscuri e sconnessi, e una città strizzata dalla sua inequivocabile aurea. Un po' santa e un po' profana. Proprio come Romeo e Callisto.