Bassifondi, la recensione: raccontare lo sporco ignorato

La nostra recensione di Bassifondi, saggio umano - ma scevro di retorica - composto da Trash Secco con la potenza della forza impattante della cinepresa, e con l'inchiostro della realtà. Presentato alla 17.esima edizione della Festa del cinema di Roma e in sala dal 15 giugno.

Bassifondi, la recensione: raccontare lo sporco ignorato

C'è un sottosuolo umano che vive all'ombra della città eterna. Un microcosmo sconosciuto agli occhi della gente, di corpi troppo impegnati a correre, muoversi velocemente nello spazio urbano di una città che non ascolta, non si ferma, non conosce. È un novero di personaggi a tratti respingenti, maschere di una povertà che lotta contro una ricchezza d'animo incrinata dal peso di un destino beffardo. Un destino che li porta a essere tessere umane di un manto stradale di cui si fanno parte imprescindibile; la strada è per loro casa e lavoro, il cielo il loro tetto domestico. Sono fantasmi corporei che si muovono tra i confini di una città illuminata, pronta a spegnere in loro la luce. Una piccola comunità vissuta nello spazio dei bassifondi cittadini che ora ritorna a elevarsi materiale privilegiato di racconto cinematografico; dopo gli anti-eroi quotidiani di De Sica, con il film di Trash Secco i senzatetto mendicanti si prestano al ruolo di oggetti immortalati dall'obiettivo di una cinepresa, trasformandosi - nello spazio di una proiezione - in esseri umani da conoscere, storie da condividere, emozioni da assimilare.

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Bassifondi: una sequenza del film

Come sottolineeremo in questa recensione di Bassifondi, sebbene riflesso speculare e insignito di una natura finzionale, l'opera di Trash Secco vive di una sincerità di racconto fortemente ancorata a un corollario umano che (sopra)vive negli spazi nascosti di una città che si fa quadro a cielo aperto. Un dipinto dove anche gli ignorati diventano stelle brillanti nella cornice di una geografia urbana fattasi sfondo di un'opera a tratti caravaggesca. E proprio come Caravaggio il regista sfrutta la propria arte visuale per narrare l'umiltà degli ultimi, la singolarità di anime vaganti, flâneur urbani animati da mani protese alla ricerca di uno spicciolo, e da sguardi negati, respingenti e ripugnanti.

Bassifondi: la trama

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Bassifondi: un momento del film

Romeo e Callisto (Gabriele Silli e Romano Talevi) sono due senzatetto, uno perfetto opposto fisico e caratteriale dell'altro. Spiccetto dopo spiccetto, cercano di sopravvivere allo scorrere del tempo, riempendosi la pancia e macinando chilometri lungo le arterie urbane di Roma. Attorno a loro ci sono altri senzatetto, con cui ballare, bere, scontrarsi. Un gioco alla sopravvivenza che si ripete sempre uguale, mentre la morte è lì, silenziosa, pronta ad agire.

Tessere del suolo cittadino

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Bassifondi: una scena del film

Ci sono due anime in combutta e in perfetta collisione all'interno di Bassifondi; due forme di sguardo dalla natura dicotomica sprigionate dal passato cinefilo di Trash Secco, e dal suo stile artistico. Il neorealismo di Rossellini e di De Sica incontra il mondo della videoarte; i corpi immortalati nel loro agire, in maniera naturale, quasi priva di un richiamo diegetico e drammatico, danzano al ritmo dei retaggi personali dell'artista romano. Direttore artistico per nomi come Achille Lauro o Noyz Narcos, Secco costruisce la propria pellicola nei termini di uno sprazzo di vita vissuta, vestendola di un abito fresco, d'impatto, dinamico. I jump cut e i grandangoli giocano a darsi il cambio con riprese più canoniche; i primi piani che deformano visi già ridotti a maschere luciferine, vanno a braccetto con campi lunghi e inquadrature tanto ampie da inserire perfettamente i due protagonisti all'interno di una mappa cittadina che li ingoia, facendoli suoi. Callisto e Romeo perdono così la propria essenza diventando della stessa sostanza di cui è fatta l'aria di Roma. Nei loro corpi sporchi e trasandati, vive di riflesso la schiera di monumenti della città eterna, vittime dello smog, e dell'incuria del tempo che passa. I due protagonisti si fanno pertanto colonne di un tempio privato, statue in movimento e testimoni diretti di una città che non dorme, trovando il proprio fulcro centrale nel buio della notte, ai piedi di un fuoco, mentre le gambe danzano e le mani possono colpire, tra pugni e schiaffi.

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Corpi sfuggenti in sguardi ignorati

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Bassifondi: una scena

È una Roma caotica, ma allo stesso tempo vuota quella di Bassifondi; un nucleo cittadino che si ferma al passaggio dei due protagonisti, quasi per evitarne lo sguardo, scappare dal loro incontro. Romeo e Callisto dormono all'angolo dell'Isola Tiberina; il loro è un arco narrativo circolare, sempre uguale a se stesso e dettato da azioni compiute come rituali di una messa quotidiana. Si svegliano, chiedono l'elemosina vagando per via della Scala, San Cosimato, Ponte Sisto, ma a ogni strada presa, a ogni vicolo attraversato, nessuno pare fermarsi in quei luoghi. Spicciolo negato, dopo spicciolo negato, è giunto il momento di cercare alcol, o medicinali, ma anche in questo caso la risposta della città è un nullo di fatto; tutti sono impegnati, senza lavorare davvero. Roma è piena nel corpo, ma vuota nell'anima. I due si muovono tra le sue arterie come parassiti, perennemente inseguiti dalla cinepresa di Trash Secco che ora li bracca stretti, per poi immortalarli a distanza. Quelli di Callisto e Romeo sono gli unici volti che l'obiettivo del regista riesce e vuole cogliere. Il resto è un accumulo di passanti, ombre di corpi sfuggenti, di scie umane colte nell'attimo di un passaggio.

Ma a Trash Secco la componente umana di uomini e donne in carriera, di lavoratori in ritardo, o studenti all'uscita da scuola non interessa; la sua attenzione è rivolta a quel materiale primordiale di bocche che urlano, corpi che si muovono per inerzia, parole gettate al vento dal carattere dialettale: sono sintomi di un'aderenza a quel sottosuolo umano, a quei bassifondi che modellano anime perdute come Romeo e Callisto e da cui trae linfa vitale lo sguardo di una cinepresa che tutto coglie e riprende da inquadrature fortemente inclinate, e spesso dal basso. Sono sguardi di un osservatore attento, e mai distratto, che schiaccia i due protagonisti verso un cielo a cui ambiscono, trattenendoli stretti a quella terra da cui nascono. 

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Gioco di coppia

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Bassifondi: una foto del film

È un film umano, Bassifondi; un saggio antropologico sull'arte della sopravvivenza, redatto con cura intingendo la propria penna nell'inchiostro di sensazioni profonde, rese estremamente vere e dolorosamente reali dai propri interpreti. Puzzle di condizioni estreme, ma in un qualche modo accettate da chi è chiamato a viverle, Bassifondi nasce dalle parole dei Fratelli D'Innocenzo, ma vive dei movimenti, degli sguardi, e dei contrasti dicotomici di una coppia agli antipodi come Romeo e Callisto. Il cinema e la tv vivono da sempre di doppi fattisi umani: da Gianni e Pinotto, a Stanlio e Ollio, passando per Don Camillo e Peppone, l'antitesi di corpi divergenti, e caratteri opposti permettono di tracciare ogni sfumatura di noi stessi, ricercando nelle pause dei conflitti tracce di vizi e virtù, fragilità e punti di forza di un campione antropologico elevato a rappresentazione universale dell'essere umano. Con Bassifondi il regista accetta implicitamente il proprio ruolo singolare e indipendente di chi non intende collocarsi in un filone popolare facile, ma cerca nel proposito di uno sguardo umanista e autoriale la propria essenza iconoclasta.

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Bassifondi: un'immagine del film

Composto dramma interiore e allo stesso tempo sinfonia urbana fatta di non detti e tensioni sopite - ma costantemente sul punto di esplodere - con Bassifondi il dolore si concretizza attraverso impercettibili, progressivi, passi verso l'abisso della mai esternata disperazione. Senza retorica, ma affondando a piene mani nella potenza dell'immagine restituita con grezza onestà, Secco si immerge nelle ossessioni, e nell'alterità del reale dei suoi personaggi, scavando sotto la pelle per raggiungere uno stato epidermico di una nuova normalità. Una normalità ignorata, volutamente omessa dagli occhi degli altri, di chi quei bassifondi li conosce, ma non li scruta, restando all'ombra della città eterna.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Bassifondi sottolineando come il film diretto da Trash Secco si elevi a perfetto saggio antropologico di una sempre più folta comunità che vive e si espande all'ombra della luce cittadino. Un novero di sguardi ignorati, respingenti, che il regista si limita a immortalare senza slanci di falsa retorica, ma ancorandosi a nuclei esistenziali di matrice reale. Come un videoclip della vita, Bassifondi respinge e attira, commuove e fa arrabbiare. Un'opera da non perdere.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • La regia di Trash Secco.
  • Le performance dei due protagonisti.
  • Lo scarto visivo di una Roma che sfugge, e di due protagonisti che vagano come parassiti.
  • Le riprese tra Neorealismo e videoarte.

Cosa non va

  • Il finale un po' troppo surrealista.