Coco Chanel, la miniserie in due puntate, che sarà trasmessa da RaiUno domenica 5 e lunedì 6 ottobre 2008, ha nel proprio nome, oltre all'ovvio richiamo alla protagonista indiscussa della vicenda, anche quella forza internazionale di un marchio che appartiene a tutto il mondo. Un aspetto che si riflette perfino nelle fasi di produzione dell'opera, girata tra Francia e Italia, da un regista canadese, e già esportata con successo negli Stati Uniti dove ha ottenuto 24 milioni di spettatori alla prima messa in onda: sarà perché Gabrielle "Coco" Chanel è e rimarrà l'emblema di una rivoluzione senza pari nel mondo della moda. Una rivoluzione che scardina il concetto di donna come oggetto del desiderio, bella da ammirare e nulla più, relegata in un ruolo passivo a cui perfettamente si adattavano pizzi, crinoline e corsetti ben poco idonei alle attività lavorative, e che catapulta il genere femminile nella modernità, nella quotidianità del lavoro grazie a un modo di vestire semplice ma che non rinuncia al glamour. Tutto questo grazie ad un cambiamento dei materiali, tra i quali capitolano la seta, il raso, il cachemire per lasciare spazio al più economico e pratico jersey, all'accorciarsi delle gonne che, se in un primo momento produce lo scandalo generale, conquista poi il gusto delle donne di tutto il mondo.
E questo drastico cambiamento Coco Chanel lo sperimenterà in primis su se stessa, come ci svela questa vicenda che è racconto di una doppia rinascita: nel 1954 infatti, dopo essere stata lontana per quindici anni dalle scene, mademoiselle Chanel presenterà una collezione pochissimo apprezzata dalla critica, ma che la farà ripensare agli anni delle sue prime battaglie e le ridarà l'energia per riaffermarsi, ritornando a quella che era stata la sua idea degli esordi, ovvero puntare all'essenzialità e all'eleganza. Frutto di queste scelte saranno anche le dure esperienze di gioventù, come l'abbandono del padre, che susciterà in lei un prepotente desiderio di affermazione da una parte, e un disperato bisogno d'amore dall'altra. Amore che troverà prima nella figura di Etienne, per il quale sarà quasi una sorta di Cenerentola, sebbene infine abbandonata e disillusa nelle proprie speranze di felicità, e poi in Boy Capel, in una storia in cui entrambi commetteranno grossi errori.
Barbora, come è entrata in questo ruolo di una persona un po' arrogante, aggressiva?
Barbora Bobulova: In realtà Coco è diventata scorbutica col tempo, mentre la parte della sua vita che interpreto io era sconosciuta a tutti, e in quel periodo non era così dura. Certo Shirley si sarà divertita di più, perché interpretare i cattivi è sempre più divertente, ma anch'io mi sono divertita molto e ringrazio il regista di avermi dato l'opportunità di rimettermi al lavoro dopo la mia gravidanza.
Il regista, in un breve discorso di ringraziamento tenuto in un volenteroso italiano, coglie l'occasione di ringraziare la LuxVide e la Rai, che gli ha permesso di accogliere quella che per lui è stata davvero una sfida, considerata la sua propensione a girare miniserie storiche (tra le quali ricordiamo quelle sulle figure di Giovanna d'Arco e Hitler). Il fatto che in questa occasione ci fossero parecchi snodi narrativi ha reso possibile entrare nella complessità del personaggio, e particolarmente importante in questo è stata la storia d'amore, anche per via della difficoltà di dover bilanciare i gusti del mercato americano (dove la miniserie è andata in onda con svariati tagli) e di quello europeo, dalla sensibilità più accentuata. In particolare la capacità recitativa di Barbora Bobulova ha reso possibile la trasposizione su schermo del complesso mondo interiore di Coco, mentre il dinamismo della vicenda è stato reso grazie all'uso del flashback. Duguay ribadisce inoltre che il nocciolo del film sono i sentimenti, e che se questo suo esperimento ha avuto una conclusione così felice è anche merito dello staff italiano che, con la sua professionalità, l'ha messo completamente a suo agio.
Enrico, come ha costruito questa donna così indomita?Enrico Medioli: In questi casi è molto importante la documentazione, per rendere al meglio la personalità di questa rivoluzionaria, dalla tempra pari a quella di Robespierre. Le francesi sono sempre delle grandi donne, che siano scrittrici, poetesse, o sarte, anche se questa parola ormai non si usa più.
Andrea Guerra, che ha composto la colonna sonora della serie, sottolinea anche come questa occasione sia stata l'ideale per un compositore, poiché in quegli anni ancora si lavorava con la melodia, cosa che adesso è purtroppo passata di moda. Anche i rapporti con il regista si sono rivelati ottimi: se all'inizio Duguay si mostrava ipercritico, ha poi dato spazio alla fantasia e all'estro.
Quali licenze di fantasia sono state prese nell'opera, e quali sono i rapporti con la maison?
Enrico Medioli: Di licenze ce ne siamo concesse qualcuna, ma d'altra parte anche Coco stessa era una grande bugiarda. Dalla sua dura infanzia aveva infatti tratto particolari romanzeschi, come delle zie inesistenti severe con lei e le sorelle. Noi l'abbiamo seguita in questo percorso, e sicuramente lei ci perdonerebbe.
Bernabei: Chanel finora non ha mai consentito che si facesse un film sulla vita di Coco, mentre noi abbiamo ottenuto questa possibilità, ma di più non si può dire.
Ma hanno approvato la sceneggiatura?
Matilde Bernabei: Chanel è un marchio con alti livelli di commerciabilità, in questo caso ci tengono a far sapere che hanno permesso al film di essere realizzato, e nient'altro.
Barbora Bobulova: Di lei non conoscevo niente, ed è stata una grande scoperta. Ha avuto una vita molto intensa, e sicuramente ho avuto delle difficoltà nell'interpretare questo personaggio, persino un po' di paura, anche per via della fisionomia, visto che io non le assomiglio tantissimo. Per quanto riguarda il carattere invece mi ritrovo: anch'io ho un rapporto non facile con gli uomini, sono orgogliosa come lei, per la sfortuna del mio compagno.
Medioli, lei ha conosciuto Coco Chanel?
Enrico Medioli: Purtroppo no, anche se essendo morta nel '71 avrei potuto farlo, essendo io già maturo in quegli anni. Conosceva anche due miei cari amici, Fulco Vedura e Luchino Visconti, e sicuramente so che non era una donna facile, ma che era un'autoritaria, una "comandona".
Il film verrà distribuito nei grandi circuiti cinematografici?
Matilde Bernabei: No, abbiamo stretto accordi solo con le televisioni, ma in diversi paesi (Giappone, Germania, Polonia) ci chiedono la versione cinematografica.
Questa scelta da cosa è dipesa?
Matilde Bernabei: Tra il cinema e la televisione il montaggio è sempre diverso, ma con la Rai c'è un accordo secondo il quale possiamo intervenire su di esso.
Barbora Bobulova: Il progetto comunque è nato per la Rai, ci si lamenta sempre che la televisione non offra una qualità sufficiente, ma questo lavoro dimostra il contrario.
E per quanto riguarda il budget?
Matilde Bernabei: Il budget è alto, ammonta a 14 milioni di euro, ma sono tutti soldi che si vedono sullo schermo. Per il cinema la stessa cosa sarebbe costata 50 milioni di euro. Anche per questo motivo il film è un grande orgoglio italiano, che dimostra come si possa lavorare a livello europeo e persino negli Stati Uniti realizzando qui il prodotto.
Chi ha scelto Barbora Bobulova per il ruolo?
Matilde Bernabei: L'ha scelta la Rai, insieme al regista in accordo con gli altri paesi partecipanti. Duguay è inoltre rimasto incantato dal suo provino.
Barbora, come si è trovata con Shirley MacLaine?
Barbora Bobulova: ci siamo incontrate a pranzo, perché io mi svegliavo alle cinque mentre lei aveva il privilegio di girare nel pomeriggio. Siamo entrambe due persone riservate, ma c'è stato molto rispetto reciproco. Con me non è stata scorbutica.
Matilde Bernabei: Stiamo pensando a come riutilizzarli, sono sicuramente lo scorcio di un periodo eccezionale, che ha comportato una ricerca e un lavoro molto grandi. Shirley MacLaine ha avuto in regalo alcuni costumi.
Barbora Bobulova: Mentre a me niente!
Dove è stata girata la pellicola?
Matilde Bernabei: Tra Italia e Francia, in collaborazione con il produttore francese France 2. Molte scene sono anche girate a Cinecittà, dove la Lux gira per la prima volta, e presso il castello di Bracciano.
Christian Duguay: Una delle sfide più difficili è stata ricreare la cittadina di Deauville a Ostia, con la sua atmosfera nuvolosa che niente ha a che fare con quella italiana, ma per fortuna quel giorno a Ostia non c'era il sole. Un'altra sfida è di carattere tecnico, ovvero quella di ricreare l'atmosfera Chanel grazie ad un gioco di specchi [all'interno dell'atelier parigino di Coco è infatti presente una scalinata rivestita di specchi, n.d.r.], che sono anche metafora della riflessione su se stessi.
Dirigere Shirley MacLaine l'ha intimidita?
Christian Duguay: Ho già avuto occasione di lavorare con dei mostri sacri del cinema, come Peter O'Toole o Donald Sutherland: in effetti hanno un ego sviluppato, ma sta al regista creare il dialogo e la sceneggiatura che li ispiri. I capricci vengono messi da parte, se il clima è quello giusto.
Matilde Bernabei: Chanel di solito non vuole che sia riportato il proprio nome quando viene utilizzato il suo marchio, ma in questo caso non potevamo fare altrimenti. Chanel non ha ufficializzato nessun accordo, ma ci ha comunque permesso di usare il marchio.
L'abito fa il monaco?
Barbora Bobulova: Io ho uno stile molto semplice e comodo, quindi nel mio caso direi di si. Ma vedo che le donne non sono libere, si lasciano influenzare troppo dalle ingerenze dei media.