Asia, la recensione: emozioni sincere nel dramma tra madre e figlia

La recensione di Asia, opera prima della regista Ruthy Pribar, vincitrice di 8 Israeli Academy Awards e disponibile in esclusiva su MioCinema.

Asia 5
Asia: una scena del film

Non possiamo che dirlo all'inizio della nostra recensione di Asia: se siete in cerca di emozioni forti, il film è perfetto per voi, anche se non nel senso comune del termine. La regista Ruthy Pribar, qui alla sua opera prima, opta per una scelta molto raffinata, evitando il patetismo e la rappresentazione su schermo dei sentimenti urlati e lasciando che la storia non si trasformi in quella che viene definita la pornografia del dolore. Eppure ci sarebbero tutti gli elementi per scivolare facilmente nel dramma più tremendo: nel trattare la storia tragica di una malattia degenerativa che colpisce e contamina il rapporto, non proprio affettivo, almeno all'inizio, tra madre e figlia, il film sembrerebbe ideale per far parte di quel cinema sofferente che spesso risulta un po' troppo retorico. Non è il caso di Asia, titolo che si concentra sul nome della madre, e di conseguenza cambia il focus del nostro sguardo, e che dimostra di saper raccontare il dramma attraverso un punto di vista allo stesso tempo semplice, distaccato eppure partecipe. Questo film israeliano, scelto come candidato per l'Oscar al miglior film internazionale, vanta numerosi premi, tra cui quello per la migliore attrice al Tribeca Film Festival oltre a ben 8 Israeli Academy Awards. È disponibile dal 12 febbraio sulla piattaforma MioCinema.

Madre e figlia

Asia 3
Asia: un'immagine

Asia e Vika, madre e figlia, entrambe giovani, entrambe due anime solitarie. Asia è un'infermiera single, persa nel suo lavoro, a tratti duro, e che spesso passa le serate in discoteca e alla ricerca di qualche avventura lunga una notte. Vika è una ragazza adolescente che è in quella fase della vita in cui scopre le prime pulsioni sessuali, inizia a bere alcolici con gli amici di nascosto e cerca di farsi notare. Si ritrovano brevemente a casa durante il giorno e il loro non è un rapporto così affettivo: pieno di cose non dette, di segreti di vario genere e composto da un'incomunicabilità che nasconde una difficoltà nell'affrontare la maternità da parte di Asia. Tutto è destinato a cambiare quando la malattia degenerativa di cui soffre Vika si aggrava velocemente e improvvisamente. Per madre e figlia sarà una tragica occasione per provare a comprendersi di più e ristabilire un rapporto che forse era andato perduto. A riassumere la trama del film, quello di Ruthy Pribar potrebbe sembrare una storia già raccontata (e per certi versi lo è), ma ciò che la rende diversa è un approccio leggermente diverso. Come le inquadrature che non sono mai perfettamente frontali e geometriche, ma nascondono un angolo di prospettiva inusuale, Asia non cerca di accogliere lo spettatore nelle vicende, ma spera che sia lo spettatore ad abbracciare la storia. Nella sua breve durata (85 minuti, inclusi i titoli di coda), Asia racconta l'essenziale, fermandosi sempre in anticipo prima del dolore, lasciando che quei vuoti vengano riempiti dalla partecipazione del pubblico invece che mostrare esplicitamente la sofferenza delle protagoniste.

I 20 film più attesi del 2021

Due attrici che fanno il film

Asia 1
Asia: un momento del film

E non potrebbe essere altrimenti, visto che le due attrici protagoniste reggono davvero tutto il cuore del film e lo stesso peso. È attraverso la loro storia che il film procede ed è attraverso le loro emozioni e il linguaggio del corpo che sanno parlare non solo tra di loro, ma anche a noi al di là dello schermo. Alena Yiv, nel ruolo di Asia, riesce a essere misurata e controllata anche nei momenti peggiori della storia, a donare al personaggio una fragilità che tenta di racchiudere dentro di sé per amore della figlia. Shira Haas, la figlia Vika, è semplicemente pazzesca. Già conosciuta per essere il volto della serie televisiva di Netflix Unorthodox, la Haas evita di raccontare la sofferenza attraverso espressioni esplicite, la incapsula usando il linguaggio del corpo, attraverso gli occhi e il modo in cui pronuncia le battute. Entrambe le attrici riescono a far sentire come il loro rapporto matura ed evolve nel corso della storia fino ad arrivare a una scena finale che colpisce duramente, tra lacrime, respiri e filastrocche cantate a bassa voce.

Come fantasmi immersi nella grazia

Asia 4
Asia: una scena

Asia è in ospedale durante il suo turno di lavoro notturno. Telefona alla figlia, la solita telefonata di routine per sapere se sta bene. Vorrebbe poter dire qualcosa di importante, ma non le vengono le parole. Mentre si sente a disagio nel suo ruolo di madre guarda fuori dalla finestra: la città è illuminata dalle luci notturne. Il riflesso di Asia sul vetro la trasforma in un fantasma, una presenza impalpabile, una madre che esiste eppure è assente. In una semplice immagine (ma tutto il film è girato con questa semplicità visiva che è pure ricchissima, grazie alla fotografia Daniella Nowitz) si riassume tutto il punto di vista di Asia, che forse nel corso del film cambierà (e vi invitiamo a scoprire in che modo, anche attraverso le immagini). La semplicità delle immagini corrisponde anche alla semplicità nella maniera di affrontare la storia, fantasma anch'essa. Un dramma che sappiamo inevitabile, ma che viene illuminato da questi colori di bellezza e di grazia quotidiani. C'è un senso di leggiadria nell'affrontare questa terribile tragedia, non sottovalutandola ma anzi esaltando piccoli elementi ordinari nella speranza che lo spettatore possa intuire come il rapporto d'amore indissolubile, per quanto difficile, tra madre e figlia possa cambiare. A questo proposito un po' dispiace che, nella breve durata del film, non ci sia stato più spazio per approfondire la difficoltà iniziale tra le due. Soprattutto all'inizio viene a mancare la comprensione di questa ferita così profonda nel legame e, di conseguenza, si sacrifica quell'emozione aggiunta che una redenzione dovrebbe portare.

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione di Asia apprezzando la regia e lo stile narrativo scelto dalla regista Ruthy Pribar nell’affrontare una storia drammatica che potrebbe, a prima vista, sembrare poco originale. È proprio nella scelta di puntare sul rapporto tra madre e figlia, allontanando lo spettro della pietà e della retorica, e sacrificando la potenza delle emozioni per puntare sulla sincerità. Manca un approfondimento, soprattutto all’inizio, che possa far intuire al meglio la difficoltà del rapporto, ma Asia, complice due prove attoriali talentuose, rimane un film che arriva dritto al cuore.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il film è girato con stile e raffinatezza, allontanando la retorica e il patetismo.
  • Le due attrici protagoniste riescono a dare un’interpretazione sincera e potente.
  • La scena finale sa colpire le corde giuste.

Cosa non va

  • Manca, nelle fasi iniziali, un approfondimento per capire al meglio il punto di partenza nel rapporto tra le due protagoniste.
  • Allontanando le emozioni più potenti e lasciando che sia lo spettatore a riempire i vuoti sentimentali, il film potrebbe risultare poco appassionante.